don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 3 Ottobre 2020

La preghiera con cui ci siamo introdotti in questa celebrazione ci ha dato subito il tono e il senso della festa degli Angeli Custodi.

“O Dio, che nella tua misteriosa provvidenza mandi dal cielo i tuoi Angeli a nostra custodia e protezione”, così abbiamo pregato. Chi sono gli Angeli? Sono coloro che nella sua Provvidenza d’amore Dio manda a nostra custodia e protezione.

Il libro dell’Esodo ha precisato che Dio invia un suo messaggero per guidare Israele alla terra promessa così da indicargli la via. Questo messaggero parla in nome di Dio, per questo è necessario ascoltarne le indicazioni senza recalcitrare riguardo a ciò che viene richiesto.

Gli Angeli non sono altro che il segno di ciò che Dio stesso vuole esprimere e cioè la sua vicinanza alla sorte del suo popolo. La custodia che essi esercitano consiste nel preservare dal male chi segue le loro orme, nell’indicare la meta verso cui incamminarsi, nel difendere da eventuali attacchi di chi volesse ostacolare un tale cammino.

Se nel decidere cosa fare l’ultima parola spetta a noi, la presenza degli angeli ci ricorda che il nostro non è mai un discernimento fatto a tentoni e in modo solitario. Forse viene spontaneo legare la presenza degli angeli accanto ai più piccoli, a chi, in modo evidente è più esposto. Tuttavia, per quanto ci riteniamo padroni indiscussi delle nostre giornate come dei nostri progetti, ci accorgiamo di quante cose sfuggano alla nostra presa. In cosa consiste l’invito a farsi piccoli se non a imparare l’arte di affidarsi e di non spadroneggiare, la capacità di riconoscere le proprie fragilità e l’indispensabilità dell’aiuto altrui?

Proprio la presenza degli angeli ci ricorda che la riuscita di un percorso è tutta nell’arte dell’affidamento umile e docile alla Provvidenza di Dio. Il Dio che conta i capelli del nostro capo e ricorda anche i passi del nostro vagare così come raccoglie le nostre lacrime nel suo otre, ha cura di ognuno di noi e questa cura la manifesta nei modi più diversi.

Perché abbiamo bisogno di sentire vivo il legame con gli angeli? Perché se ci sono dati come accompagnatori nel cammino che conduce a Dio, non possiamo relegare ad alcune circostanze un tale rapporto se è vero che la presenza del Signore deve permeare ogni istante della nostra vita.

Per raggiungere lui, il Signore non ci fa dono solo della custodia degli Angeli o della intercessione della Madre di Dio e dei Santi: è dono anche ogni persona che in qualche modo si fa nostro compagno di viaggio. In tal senso siamo tutti angeli custodi gli uni degli altri perché è desiderio del Signore che ogni nostro rapporto sia primizia e caparra della comunione che tutti vivremo in pienezza quando vedremo lui faccia a faccia.

Se la pienezza della vita è poter contemplare Dio così come egli è, vedere finalmente il suo volto, nell’attenzione al più piccolo c’è già un anticipo della vita trinitaria.

Gli angeli sono memoria permanente della necessità di vivere la comunione con Dio, l’importanza di custodire in noi la memoria della nostra figliolanza, l’abbandono fiducioso nelle mani del Padre, la disponibilità a compiere la sua volontà, la capacità di non avere paura, di riconoscere il bene e di aprire il cuore alla lode. Se questo è quello che il Figlio ha vissuto nei confronti del Padre, questo è quello che i figli sono chiamati a compiere sotto la custodia degli spiriti celesti.

Contemplando la custodia degli angeli penso allo stupore che vivremo tutti alla fine della vita quando potremo toccare con mano le innumerevoli volte in cui gli angeli ci hanno risparmiato un momento di fatica: chissà quante cosa ci sono risparmiate mediante quei contrattempi che a volte sembrano mandare all’aria i nostri piani! Sarà stato provvidenziale aver trovato quell’ostacolo lungo il cammino, aver perso quell’indirizzo, aver avuto quel ritardo. Gli angeli sono il sacramento della Grazia preveniente, la Grazia che anticipa e prepara la strada e orienta già al bene la nostra vita ancor prima che la nostra volontà dia il suo assenso.


AUTORE: don Antonio Savone
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