don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 9 Giugno 2020

SALATI SULLA CROCE E ILLUMINATI DALLA RISURREZIONE NELLA CHIESA RISPLENDIAMO COME FIGLI DI DIO DINANZI AL MONDO 

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Sulla collina che si erge dolce dalle sponde del Mare di Galilea, dopo averci annunciato di essere “beati” perché “ci ha resuscitati con Lui” e ci ha introdotti, già da ora, “nei Cieli” Gesù ci dice oggi che, proprio per questo siamo “il sale della terra” e “la luce del mondo”. Non parla al futuro, annunciandoci quello che saremo o dovremmo diventare. Ci dice ciò che siamo oggi, perché la sua Parola quando ci raggiunge crea quello che annuncia. E per prima cosa ci costituisce in comunità: “voi”. E in questo “voi” comincia ad apparire il “sale”: nella Chiesa, infatti, l’ “io” è accompagnato dall’ascolto della Parola e dai sacramenti a sciogliersi nel “noi”. E proprio mentre ciò avviene, mentre cioè Cristo risorto abbatte le barriere del peccato e dona alla comunità la comunione nel suo Spirito, la “luce” comincia a risplendere nel “voi”. Ce lo dice anche la scienza, secondo le cui ipotesi (vi sono ancora molti aspetti sconosciuti) la luce si comporta come delle particelle, “i fotoni”, ma si espande come delle “onde elettromagnetiche”.

La distanza fra le due creste definite dal procedere dell’onda elettromagnetica si chiama “lunghezza d’onda”. Dunque, un universo senza il “voi” dei “fotoni” e la “comunione” delle diverse “lunghezze d’onda” sarebbe buio e incolore. E’ la luce, infatti, che rende visibili gli oggetti e ne determina il colore che possiamo vedere. Così, ogni persona, per esprimere la propria autentica bellezza ha bisogno del “voi” della Chiesa, di ogni suo “fotone” e di ciascuna sua “onda elettromagnetica” che faccia risplendere la “luce” della Pasqua. Essa illumina l’immagine e la somiglianza del Padre in ciascuno ha la forza creatrice di Dio, perché lo Spirito Santo di Cristo risorto brucia i peccati e fa emergere le sembianze del figlio di Dio che questi avevano deturpato. 
 
Senza lo Spirito Santo che dimora nei cristiani, infatti, la “terra” di cui è fatto ogni uomo è arida e per questo preda del serpente; mentre il “mondo”, senza la “luce” della loro testimonianza è schiavo della menzogna del suo principe, superbo ed egoista fin dal principio. La terra senza il Cielo è nera, come il mondo senza amore, perché il nero è il colore dell’egoismo; non a caso è il colore dominante nei vestiti, perfino nello smalto per le unghie, di molti giovani ingannati. Per questo il mondo ha bisogno del candore della risurrezione, del bianco di cui risplendono le tuniche dei battezzati, immagine della loro vita che, attraverso i sacramenti, è immersa nel sangue purificatore dell’Agnello che la trasfigura. Fratelli, camminiamo allora fedelmente nella Chiesa, dove la predicazione e l’annuncio della Parola, con la guida dei pastori e la correzione fraterna, ci aiutano a “non perdere il sapore” e a non “mettere la lucerna sotto il moggio”, a fuggire cioè l’egoismo spirituale che si appropria avidamente della Grazia. In Palestina, ancora oggi, i fornai mettono nei forni delle piastre di sale atte ad innescare la combustione. Con il passare del tempo, queste piastre diventano inservibili, e vengono gettate per strada. E’ un’immagine per ammonirci sul il pericolo che il tempo e la routine, o le sofferenze, “consumino” in noi la chiamata, spingendoci a trascurare la Grazia.

Allora, “perduto il sapore, “non serviremo ad altro che ad essere gettati per strada e calpestati dagli uomini”, irrilevanti per la moglie e il marito, per i figli, per tutti. Invece fratelli, proprio le difficoltà e le sofferenze sono per noi il “sale” che impedisce la corruzione dei rapporti e dell’amore. Ancora oggi nella Città santa di Gerusalemme, non a caso posta su un monte, il sindaco è solito ricevere un capo di stato offrendogli pane e sale: “è un’usanza che ha radici bibliche. Mangiare il sale di qualcuno significa far parte della sua casa. Anzi, mangiare il sale con qualcuno, significa fare un patto con lui. Il patto del sale è un patto indissolubile” (F. Manns). Sulla Croce Cristo ci offre ogni giorno il sale che Lui stesso ha mangiato, il suo sale, accogliendoci così nella sua stessa casa, che è immagine del Cielo, della Chiesa che ne è l’anticipo, e quindi anche della sua vita che, per mezzo dello Spirito Santo, scorre nei cristiani, e che per questo possono entrare nella storia anche quando si presenta difficile. Ogni evento e ogni persona costituiscono, infatti, “il lucerniere” sul quale il Signore ci pone perché attraverso di noi il mondo sia illuminato dalla “luce” della Pasqua che viviamo con Lui; e così “tutti” possano “rendano gloria a Dio”, quella gloria che la morte e il peccato strappano dal loro cuore. “Vedendo” in noi le “nostre opere” di figli di Dio strappati al peccato che vivono già come cittadini celesti capaci di entrare nella sofferenza, contempleranno “nostro Padre che è nei Cieli”; “vedranno” cioè con una “Luce” diversa i fatti di morte che li hanno indotti a contestare l’esistenza e l’amore di Dio, e cominceranno a “rendergli gloria” e a credere in Lui, sperando che anche in loro compia le stesse “opere”. Infatti, “Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor. 4,6).

E’ un’immagine del battesimo, per ll quale non a caso la liturgia cristiana usa il sale: “Ci ha creati sale, affinché non tocchiamo più la morte. Voi siete il sale della terra. A causa di ciò l’uomo non è più terra ma sale. Il serpente non ha il potere di mangiare il sale, perché la morte non ha più potere su di noi. Avendo rivestito il battesimo, la morte non regna più su di noi” (Discorso di Bersabeo). Mangiamo allora anche oggi il “sale” che ci offre il Signore, restiamo crocifissi con Lui perché il demonio non abbia potere su di noi, e possiamo scioglierci nell’amore per donarci completamente al fratello, e così la “luce” della Pasqua lo raggiunga perché abbia la vita. 


AUTORE: don Antonello Iapicca
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