don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

CHIAMATI A CONTEMPLARE IN NOI IL COMPIMENTO DELLA PROMESSA CHE CONTIENE, COME IL SEME E IL LIEVITO, IL POTERE DIVINO DI FARCI SUOI FIGLI

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Per illuminare quanto ci accade sulla terra, con le parabole il Signore ci parla del Cielo. Non ci danno però risposte come fa il mondo: esse catturano il passato e il presente, lasciando aperto il futuro in una promessa destinata a compiersi, al netto della libertà di ciascuno. Il seme più piccolo e il lievito recano in sé il potere più grande che, nel tempo, si rivela nei suoi frutti e nella massa che diventerà pane capace di sfamare. Così la promessa di Dio fatta ai Patriarchi, rinnovata al Popolo Santo, il più piccolo tra i popoli della terra, e compiuta nel Nuovo Israele che è la Chiesa: essa non era semplicemente la Terra di Canaan, ma il Cielo, conquistato da Gesù con la sua carne risuscitata dalla morte e offerta ad ogni uomo per mezzo del piccolissimo resto nel quale ci siamo tu ed io, piccoli e deboli, un nulla per il mondo.

La promessa cioè, Come il granello di senapa e il lievito profetizzano nelle parabole, anche la promessa rivela il suo compimento, perché essa è Cristo. Egli infatti è il Servo nel quale Dio stesso si è incarnato per farsi il più piccolo della terra, scendere nella terra e nel pugno di farina che è la storia del mondo, unirsi ai più piccoli e insignificanti, e trasformarli in un Popolo robusto nella fede come un albero. Questa promessa, che reca con sé l’elezione, la chiamata e la primogenitura, ci raggiunge attraverso la predicazione della Chiesa; attraverso le parabole del Signore con cui raccoglie e illumina la nostra storia, essa ci chiama ogni giorno a fare memoria, celebrare e accogliere di nuovo il potere divino celato nella promessa perché si rinnovi in noi il suo compimento come una primizia del Cielo da annunciare e testimoniare a ogni uomo.

“Avviene con il Regno di Dio come con un granello di senape e con un po’ di lievito” (J. Jeremias): avviene cioè con il Regno di Dio come con il Mistero Pasquale di Gesù, e per questo possiamo dire anche che accade con il Regno dei Cieli come quello che è successo e succede in noi quando incontriamo e accogliamo il Signore. E’ Lui infatti il Regno dei Cieli che “è dentro di noi”, perché nei sacramenti è morto e risorto per e con noi. Parlandoci del Regno dei Cieli Gesù parla, dunque, di se stesso unito a ciascuno di noi, per condividerne la missione scendendo con Lui all’ultimo posto, dove si trova il Regno dei Cieli, l’opposto dei regni della terra. E lì in fondo, scopriremo che nel seme di senapa che è la nostra vita, vi sono scritti i nomi di tutti i pagani che Dio ha legato a noi fin dall’eternità. Con noi sono stati deposti nel seno di nostra madre un’infinità di persone. Nell’acqua del battesimo poi, è stata sigillata la nostra missione: con noi sono profeticamente scesi nel fonte tantissimi peccatori, anche il collega che non sopporti, anche il verduraro, anche il vicino che non ti saluta mai. Hai mai pensato a questo mentre ti guardi allo specchio e magari ti disprezzi? Hai mai pensato a questo quando guardi tua figlia, e la giudichi perché é così diversa da te che ti dà ai nervi, disordinata, sbadata, ancora tanto irresponsabile…

Quale madre ha pensato a questo appena ha scoperto d’essere incinta? O le è venuta in mente la missione per la quale aveva appena dato alla luce suo figlio? Quale mamma ha sentito un fremito per la grandezza dell’opera che Dio aveva cominciato nel suo bambino piccolo come un granello di senapa, mentre lo allattava, lo imboccava e lo vedeva crescere come un albero e distendere i suoi rami? Forse ha sognato per lui un futuro di medico, di marito e padre, forse anche di prete, magari ha sperato che diventasse santo… Ma che in quel bozzolo d’uomo ci fossero impressi il destino e la salvezza di innumerevoli giapponesi, o australiani o kenyoti, con ogni loro nome scritto nel nome di suo figlio, e il giorno dell’appuntamento con lui già fissato dall’eternità, credo che poche madri ci abbiano pensato. Che l’identità di quel bambino era ed è di essere lievito che “una donna”, proprio lei, la madre, avrebbe dovuto iniziare a “impastare con tre misure di farina perché tutta si fermenti”…

E noi, abbiamo mai pensato che siamo “lievito”, e che non c’è altra missione che compia la nostra vita, se non quella di essere “impastati” nel mondo dalla Chiesa nostra Madre? C’è un cammino che ci attende anche oggi, ed è quello che ci nasconde nel mondo pur non essendo del mondo. Ogni giorno Cristo ci condurrà uniti a Lui nelle umiliazioni, nell’irrilevanza, nell’anonimato, nei fallimenti, nelle frustrazioni, nella debolezza, nella solitudine, nell’incomprensione, nelle angosce, nelle sofferenze, nelle contraddizioni e nell’aridità, ovvero nella terra che accoglierà il seme destinato a salvare il pezzo di mondo che ti è affidato, e la farina dove sarà impastato il lievito per fermentare il lavoro, la scuola, le relazioni, il mondo intero. La parola tradotta con “annidarsi è un termine tecnico escatologico per indicare l’incorporazione dei pagani nel Popolo di Dio” (J. Jeremias). La missione della Chiesa, la nostra coincide con quella del granello di senapa: non a caso tutte le varietà di senapa appartengono alle “crocifere”, che hanno fiori con quattro sepali e quattro petali disposti a croce!

Salvati da Cristo e seduti alla destra del Padre con Lui, siamo chiamati a vivere ogni istante su questa terra regnando sulla Croce con Lui, per offrire a tutti gli uomini uno spicchio del Cielo che illumina ogni storia, perché tra le braccia di Cristo distese nelle nostre possano essere accolti nella misericordia.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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