don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 23 Settembre 2019

ASCOLTARE UMILMENTE PER ACCOGLIERE LA GRAZIA CHE RIVELA LA VITA DI CRISTO IN NOI

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“Come ascoltiamo”? Non è una domanda da poco conto. C’è una misura nell’ascoltare, una capacità di ascolto che, nelle parole di Gesù, appare decisiva. Perché ciascuno “ha” secondo come ascolta: si potrebbe coniugare le parole di Gesù dicendo che “a chi ha” ascoltato “sarà dato”, ma “a chi non ha” ascoltato “sarà tolto anche ciò che crede di avere”. Quindi, non tutti modi in cui si presta orecchio  hanno lo stesso valore. Parole, musica, rumori, ci sfiorano senza lasciare tracce. E poi le parole di chi ci è accanto, non parliamone neanche… refoli di vento a sfiorare le orecchie, spesso fastidiosi, mai che giungano al cuore. A meno che non si tratti di lodi e riconoscimenti… Nulla riesce a penetrare la barriera che erigiamo per paura della morte, ovvero della verità che venga a scuotere il nostro torpore borghese. Anche la Parola di Dio resta confinata sulla soglia, sia essa la strada, la pietra o le spine. Il seme non scende, non ci feconda, e restiamo senza frutto, come il fico pieno solo di foglie, come una lampada coperta da un vaso e posta sotto un letto, come il talento nascosto nel fazzoletto o sotto terra. Così è buona parte della nostra vita, ed è ridicola oltre che stolta… “Nessuno” accende una lampada e la nasconde, eppure vi è qualcuno che fa esattamente così con la propria vita. Riceve da Dio doni immensi, neanche se ne accorge, e li mette nel cassetto. La vita stessa, un dono meraviglioso, “full optional”, pronta a partire sui cammini della storia per amare e donarsi, e invece, preferiamo una bicicletta scassata, e lasciamo la vita vera chiusa in garage. Spesso ce ne vergogniamo, la riteniamo sfortunata, piena di aspetti da nascondere, impresentabile. Meglio un po’ di ipocrisia, flash di parole e inganni per non farci coinvolgere davvero nei problemi, e così non dover perdere nulla di noi stessi.

 Tutto questo accade perché ascoltiamo male, superficialmente e con arroganza, con la sicumera di chi la sa lunga su tutto. Chi può parlarti? Pensi che vi sia qualcuno che abbia qualcosa da dirti? Forse un medico di fronte a dei sintomi che non sai di dove vengano. Ma così, repentinamente, nel bel mezzo del lavoro, o in famiglia o a scuola, qualcuno può parlarti? Chi c’è oggi nella tua vita che pensi abbia qualche parola da aggiungere alle tue, una profezia, una correzione, un annuncio…. Ne hai bisogno? Perché per ascoltare ci vuole tantissima umiltà, e riconoscere di avere molto da imparare e quindi molto da ascoltare. E accettare che sino ad ora abbiamo vissuto nell’illusione di “avere qualcosa” e invece, immancabilmente, facciamo ogni giorno la triste esperienza di vederci portar via quello che “crediamo di avere”. La ragione nelle questioni e nelle discussioni innanzi tutto e poi i criteri, i valori, sino alle persone e agli affetti più cari. Ma guarda un po’, tutto è legato all’ascolto… Perché la fede, il fondamento dell’esistenza, viene dall’ascolto del Kerygma, dell’annuncio. Allora, una cosa sola è necessaria e buona e bella, ascoltare bene come Maria, ai piedi di Gesù istante dopo istante, per ricevere la fede che nessuno potrà toglierci; ciò significa riconoscere nelle parole che ci arrivano l’annuncio della Buona Notizia. Anche in quelle irritate della moglie, o ribelli del figlio, o ingannevoli dei colleghi. Ogni parola contiene l’annuncio più importante, quello che dona e fa maturare la fede. Se non lo intercettiamo saremo condannati a vivere follemente: pur avendo ricevuto in dono la vita colma di amore, la strangoleremo nell’egoismo, regalo del demonio che non ci lascia mai in pace. Ascolta male, infatti, chi ascolta il padre della menzogna e, come Adamo ed Eva, riempie i giorni di ipocrisie, falsità e fughe, schiavo del proprio io. Chi ascolta male si nasconde, e che fatica….

Allora, chiederci “come ascoltiamo” significa interrogarci su “chi ascoltiamo”. Perché per riconoscere una buona notizia in un responso medico che ti annuncia un cancro, beh, bisogna aver visto il Signore risorto e avere la certezza che sia Lui a parlarci, e metterci in ascolto di Lui; altrimenti ascolteremo il demonio, e lui di certo non ci presenterà la Croce come la salvezza e l’amore di Dio. Dunque, chi stiamo ascoltando? È facile rispondere: ascoltare in ebraico significa anche obbedire. Si tratta dell’obbedienza a ciò che fonda e dirige l’esistenza, alla parola che ci ha creati e che ci dona ogni istante la vita, anche ora. La Parola del demonio rende schiavi, quella di Gesù libera per amare. Chi è stato liberato vive liberamente. Chi è stato illuminato vive nella Luce. Chi è stato amato gratuitamente ama gratuitamente, perché in tutto ascolta la voce di Cristo. Per questo tutto diviene suo, e ogni giorno riceve qualcosa in più. La Croce, infatti, si rinnova sempre: “abbiamo” oggi la Croce? l’abbiamo ricevuta come un dono attraverso l’ascolto della parola del Signore? Allora “ce ne sarà data” ancora, e con essa più amore, più pace… Un insulto, un incomprensione, una difficoltà e un’umiliazione… Chi ha Cristo e la fede che lo riconosce in ogni circostanza e persona, vede moltiplicarsi l’intimità con Lui che solo si sperimenta sulla Croce, e in essa le consolazioni autentiche e non sentimentali, l’esperienza del suo amore. Chi scappa dalla Croce e difende la sua vita spegnendosi e occultando le grazie “sotto il letto”, invece – rispondendo al male con il male ad esempio – perderà tutto, giorno dopo giorno.

Chi si chiuderà all’ascolto di Dio che parla attraverso la sofferenza di un figlio, il suo disagio che ci urta e scomoda, perderà suo figlio!!! E così, se non ascolteranno, accadrà a un prete con i suoi parrocchiani, a un professore con i suoi alunni, a un fidanzato con la sua fidanzata. Come è allora oggi oggi la nostra vita? Non possiamo dimenticare che nulla di quanto ci è stato dato, nessuna parola di vita che ci è stata predicata resterà nascosta: la predicazione che ci salva, ascoltata con “cuore buono e perfetto” e obbedita giorno dopo giorno, ci arricchisce ogni giorno di più, e fa della nostra vita qualcosa di bello, ma bello davvero; tanto bello da essere messo in vetrina, come il frutto più squisito e prezioso dell’amore di Cristo. L’ascolto umile e accogliente ci depone sul “lampadario”, perché la nostra vita sia un riverbero della luce della Verità. Tutto quello che siamo chiamati a vivere ci issa sul lampadario che è la Croce, da dove filtra, misteriosamente, la luce della Pasqua e della vita tra le piaghe della morte. Ecco a cosa oggi ci chiama il Signore: ad ascoltare e a lasciarci attirare sulla Croce con Lui: “l’anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve essere ripulita a colpi di martello e di scalpello, di cui l’Artista divino si serve per preparare le pietre, cioè le anime elette. Ma quali sono questi colpi di martello e di scalpello? Sorella mia, sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito e i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione e anche il malessere fisico” (San Pio da Pietralcina). Alla Croce dunque, può accedere solo chi “ha” molto e molto e molto di più, l’amore infinito di Dio, perché esso non ha misura e si dona senza misura. Sulla Croce, che è la verità della storia e della nostra esistenza, può salire solo chi ascolta senza misura, nella completa disponibilità, libero per accogliere i “colpi di di martello e di scalpello” che purificano l’dito. Sì, l’ascolto è l’ascensore che, attraverso la Croce, ci conduce al Cielo, insieme a tutti quelli che “entrando” – nella famiglia, la comunità, la Chiesa, o la nostra vita ovunque essa giunga – possono contemplarvi la luce che annuncia e illumina il destino eterno di amore e misericordia preparato per ogni uomo. Una vita stupenda dunque è quella di ciascuno, tanto più bella quanto più orientata all’ascolto; tanto bella da essere, ogni giorno, esposta davanti al mondo, come uno spettacolo, identico a quello di Cristo sul Calvario: ogni giorno siamo infatti, con Lui, come condannati a morte, come pecore condotte al macello. Questa è la Chiesa, legata a Cristo crocifisso come i rami al tronco dell’albero. E così offriamo noi stessi perché innestati a Cristo grazie all’ascolto, fondati nella certezza che questo è l’amore autentico e primizia inconfondibile di un Cielo che la terra non conosce. Aspetta, infatti, il candelabro su cui vedere risplendere la nostra vita, perché nulla di essa, bagnata dalla Grazia e dalla misericordia, potrà restare nascosta, neanche un istante, nemmeno quello che agli occhi della carne, appare insignificante. Tutto di noi, anche oggi, sarà rivelato; come una buona notizia se avremo accolto il Signore, come uno scandalo se lo avremo rifiutato. E, stiamone certi, lo capiremo subito, cominciando dalla nostra famiglia. 

Fonte e approfondimenti

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La lampada si pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 8, 16-18


In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».

Parola del Signore

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