don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Febbraio 2020

SULLA CATTEDRA DELLA CROCE PIETRO CI CONFERMA NELLA FEDE CHE VINCE IL MONDO

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“Dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa; dove c’è la Chiesa, lì non c’è affatto morte ma vita eterna” (S. Ambrogio). Pietro e la Chiesa sono sulla soglia del desiderio più profondo di ogni uomo che freme insopprimibile in ogni parola, pensiero, o gesto: la vita e mai più nessuna morte. Quante volte ci troviamo delusi e frustrati, proprio come cantava Leopardi: “Questo è quel mondo? questi i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi onde cotanto ragionammo insieme? questa la sorte dell’umane genti? All’apparir del vero tu, misera, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano” (A Silvia).

La vita infatti è come il cammino dei due discepoli di Emmaus, che avevano sperato la liberazione da Gesù di Nazaret, profeta potente in parole ed opere, e che invece era anche Lui chiuso in una “tomba ignuda”; anche Lui “all’apparir del vero” era caduto “misero” e solo. Ed erano passati tre giorni ormai. Come sperimentiamo di fronte a certi eventi, alcuni molto dolorosi, di delusioni e sconfitte come “ignude tombe” dove abbiamo visto scendere il Signore portandosi via la speranza. Mentre Pietro, scelto per essere pietra su cui Gesù avrebbe dovuto edificare la sua Chiesa, si stava sbriciolando come le lacrime di pentimento e tristezza che gli ferivano la carne. Tre giorni là dentro, un’eternità di silenzio. Ma all’imbrunire di un altro giorno di paura, la sera del primo giorno dopo il sabato, mentre i chiavistelli della vita erano ben serrati, all’improvviso nel Cenacolo della comunità cristiana è apparso un volto incandescente di luce, mentre una voce inconfondibile augurava la Pace che trapassava i muri e i cuori.

La sua voce, il suo volto, le sue piaghe: era Lui, il Signore! La prova inconfutabile risplendeva nei segni del suo amore inchiodato al Legno: Gesù era morto, lo avevano visto, e ora era lì vivo, tornato dall’ignuda tomba, e lo stavano contemplando mentre mangiava con loro. In quel Cenacolo era esplosa la vita sperata da ogni uomo, di ogni tempo, e luogo, e cultura. La discesa dello Spirito Santo nei cuori degli Apostoli avrebbe poi sigillato la certezza che la morte non faceva più paura, il suo pungiglione, il peccato non c’era più, era rimasto inchiodato sulla Croce. In mezzo a quel manipolo che era scappato terrorizzato, che aveva tradito, era disceso come rugiada il perdono. E tra tutti Pietro, il primo ad essere perdonato. Il primato del perdono lo rendeva finalmente pietra nella fede granitica che Pietro aveva ricevuto come un dono rivelato dal Padre che è nei cieli, maturata poi sino alla statura adulta in un cammino di conversione dove ha conosciuto l’abisso del suo cuore e l’amore di Dio che vi si è gettato dentro nella carne del Figlio.

Gesù lo aveva scelto sapendo quello che avrebbe fatto – glielo aveva profetizzato – perché la chiamata conteneva già il perdono con cui lo avrebbe tirato fuori dalla morte conseguente al suo tradimento. Per confermare nella fede la Chiesa attraverso i secoli, Pietro, il primo Papa, ha sperimentato cioè il perdono che né carne e né sangue possono rivelare perché gratuito e immeritato farsi però carne e sangue in lui nell’abbraccio con cui Cristo lo ha unito a sé trasformandolo così in un maestro della fede per il Popolo di Dio. Perdonato e ricolmo di Spirito Santo, Pietro aveva aperto gli occhi della fede in quelli di ogni Papa, per riconoscere Dio onnipotente in un povero Rabbì di Nazaret appeso a una croce, e, con il martirio, testimoniarlo risorto dalla morte come il Signore. Così Pietro può confermare nella fede i suoi fratelli, insegnando loro a discernere nella precarietà della carne la presenza amorevole di Cristo accompagnandoli a sperimentare nella Chiesa il perdono più forte del peccato e della morte. Questa è la fede della Chiesa, la risposta ad ogni desiderio e speranza, sulla strada di Emmaus e su quelle d’ogni uomo, all’apparire d’ogni “vero” e in tutte le “ignude tombe”. Per questo la Cattedra di Pietro è la cattedra crocifissa del Signore dalla quale si insegna la misericordia che, come un grembo, genera nei cristiani l’amore autentico che giunge sino all’offerta della propria vita per i nemici.

Commento a cura di don Antonello Iapicca

Qui l’intervista Rai a don Antonello
Busshozan shi ko 31-1
Takamatsu, Kagawa 761-8078
Japan


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Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 16, 13-19

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Parola del Signore.

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