don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 10 Giugno 2022

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PURIFICARE LO SGUARDO SPORCATO DALLA MENZOGNA NEGLI OCCHI DI FEDE DELLA CHIESA

Scelti per mostrare il Cielo aperto e Cristo vivo in noi non possiamo fare compromessi con il demonio e il peccato. Abbiamo bisogno che Cristo ci stringa a sé sulla Croce per tagliare ogni impedimento alla testimonianza. E della Chiesa dove purificare lo sguardo della fede su ogni evento con cui Dio taglia il peccato e dona la vita.

Lo sguardo sorge dal cuore, perché l”uomo non è una zuppa nella quale gli ingredienti sono gettati alla rinfusa, ma è stato creato nell’armonia: “il corpo non sta accanto allo spirito come qualcosa di esteriore, ma è l’autoespressione dello spirito, la sua «immagine». Ciò che costituisce la vita biologica, nell’uomo è costitutivo anche della persona. La persona si realizza nel corpo, e pertanto il corpo ne è l’espressione; in esso si può vedere la realtà invisibile dello spirito. Dal momento che il corpo è l’aspetto visibile della persona, e la persona è immagine di Dio, il corpo è al tempo stesso, in tutto il suo contesto relazionale, lo spazio nel quale il divino si raffigura, diventa esprimibile e visibile” (J. Ratzinger).

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Così è l’uomo “al principio”, nella volontà creatrice di Dio. Ma satana si si è ribellato ad essa, inducendo nello stessa superbia Adamo ed Eva. Sulla soglia del peccato originale troviamo la “concupiscenza”, trdotta nel vangelo con “desiderio”. Il termine deriva dal greco “epithymia”, che letteralmente significa “desiderio, brama, bramosia”, e contiene, nell’etimologia, anche una connotazione di violenza, ira, scoppio della passione: “La teologia cristiana ha dato a questa parola il significato specifico di moto dell’appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana.

L’Apostolo san Paolo la identifica con l’opposizione della «carne» allo «spirito». È conseguenza della disobbedienza del primo peccato. Ingenera disordine nelle facoltà morali dell’uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l’uomo a commettere il peccato” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2515). La superbia, madre di ogni concupiscenza, è un cancro che aggredisce le cellule buone e sane del cuore, lo svuota e ci lascia affamati. Come Lucifero, chi sperimenta nel suo cuore l’inganno suadente che insuperbisce, si ritroverà precipitato a terra, con i rantoli della fame per saziare la quale, con ira, bramosia e passione, vorrà appropriarsi dell’altro, sino a desiderare di possederlo sessualmente. La lussuria, infatti, è sempre il segno visibile della superbia nascosta.

Quando Gesù dice “chi guarda una donna con concupiscenza (per desiderarla) ha già commesso adulterio nel suo cuore”, sta togliendo il velo d’ipocrisia che ci riveste tutti. L’adulterio è “già” consumato in un cuore malato, che, prima di ogni donna o uomo, ha “guardato” Dio con “bramosia”, invidia e gelosia, desiderandone il posto e il prestigio. Gesù non sta parlando di ormoni, ma del cuore ferito dal peccato, dove ormai alberga la superbia nei confronti di Dio. Nella Chiesa, i fratelli di Gesù, rinati nelle acque del battesimo, vivono ogni giorno un combattimento spirituale contro le insidie della superbia e del demonio che vorrebbe chiudere gli occhi sulla Verità e su Dio per dischiuderli sulla menzogna. Per questo, quando c’è da tagliare si “taglia”, per amore.

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Quando in uno Stato o un’impresa o una famiglia si spende senza discernimento, occorre intervenire drasticamente, per non morire di fame e non frustrare lo sviluppo. Ebbene, lo sguardo posato dal desiderio concupiscente su una donna è una spesa irragionevole che procura inevitabilmente un debito inestinguibile. La concupiscenza, infatti, è come una carta di credito senza garanzie di copertura, una pura menzogna. Muove gli ormoni, arriccia la pelle, getta lo scompiglio nella carne sino ad annebbiare testa e cuore. Ma, anche se sembra coinvolgere completamente l’uomo quasi innalzandolo oltre il grigio che scolora le giornate, in effetti è solo vanità, come tutti i suoi effetti, effervescenti quanto si vuole, elevati a diritto da questa stolta società, ma non per questo meno evanescenti del fumo di cui sono costituiti. La concupiscenza è la corruzione che si appropria dei territori incorrotti dell’uomo, fiaccandoli e polverizzandoli poco a poco: “Si può portare il fuoco sul petto senza bruciarsi le vesti, o camminare sulla brace senza scottarsi i piedi? (Pr. 6,27-28). Uno sguardo impuro, lussurioso su una donna, o pieno di giudizio su un figlio, o di rancore su un collega, macchia una giornata. E poi ripudi, adulteri consumati o solo pensati, ovvero infedeltà all’amore, che è ripudio della croce. Piccoli atti di ripudio di chi ci è accanto, del suo carattere, del suo pensare, del suo agire.

E’ necessaria allora la purificazione dello sguardo che si compie nel cammino di conversione che schiude a poco a poco gli occhi sulla verità e la bellezza. Ciò accade quando “guardiamo” la persona che ci è di fronte: in essa vi è Cristo, ma dobbiamo riconoscerlo per accoglierlo nell’amore e nella fede. Se ci fermiamo al primo sguardo con cui “guardiamo”, la passione ha buon gioco e si impossessa degli occhi, della mente e della carne, facendo dell’altro l’oggetto del nostro desiderio. Invece siamo chiamati a convertire il nostro sguardo in contemplazione, perché Cristo ci guarda sempre così: nei suoi occhi possiamo anche noi “guardare” ogni persona, immagine della bellezza che ci è data per contemplare e conoscere Cristo attraverso di essa, come il Paradiso dove vivere la comunione con il Padre.

Chi la guarda con concupiscenza “ha già commesso adulterio nel suo cuore”, cioè tradendo la sua dignità e l’amore per donarle il quale essa ci è di fronte. Non si può desiderare con concupiscenza e nello stesso tempo offrirsi con amore nella gratuità, pena la schizofrenia. L’adulterio, infatti, è il peccato che nasce dalla schizofrenia spirituale, che scioglie dall’unità “occhi e mani” facendone strumenti irresponsabili e schiavi della passione, a servizio dell’iniquità. Per questo occorre purificare potando, tagliando i rami secchi e “gettandoli via da noi”, come ogni idolo e persona incontrata dagli Israeliti nelle Città che dovevano conquistare. Non si possono fare compromessi, ci attende la Terra Promessa, il ritorno al Paradiso, e siamo chiamati a mostrarne il cammino a questa generazione.

L’unica medicina sono allora i chiodi inzuppati d’amore del Signore crocifisso, le sue piaghe gloriose: abbiamo bisogno che ogni giorno ci venga a prendere Cristo, nuovo Adamo, negli inferi della nostra concupiscenza, per liberarci e donarci la sua natura, per vivere, nelle tentazioni, con il suo potere sulla menzogna. Camminiamo allora nella Chiesa, dove purificare il nostro sguardo per imparare a guardare con lo gli occhi puri della Vergine Maria dinanzi all’Angelo che le annunziava la grande Notizia. Imparare cioè lo sguardo immacolato della fede che solo nella comunità cristiana ci viene donato.