Dehoniane – Commento al Vangelo del 6 Novembre 2018

Il commento alle letture del 6 Novembre 2018 a cura del sito Dehoniane.

 XXXI settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

Esci!

La parabola che Gesù racconta ci induce a fissare lo sguardo e ammirare il comportamento del protagonista, che non si dà pace finché la sua casa non si riempia di invitati. Il rifiuto dei primi     lo delude, ma non lo scoraggia; anzi, amplia lo spazio della sua festa. Abbiamo iniziato a intuirlo ieri, ascoltando l’invito di Gesù a convocare ai nostri banchetti non coloro dai quali possiamo attendere un contraccambio, ma poveri, storpi, zoppi, ciechi. Sono le stesse categorie di persone che il padrone della parabola chiede al suo servo di chiamare alla festa: «Conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (Lc 14,21). È chiaro: Gesù ci chiede di condividere il modo stesso di agire del Padre. I suoi criteri devono diventare i nostri criteri. Coloro che hanno un posto privilegiato nel suo cuore, devono essere gli ospiti d’onore nella nostra vita. In questa luce si delinea in tutta la sua bellezza un’altra figura presente nel racconto di Gesù: il servo, che condivide a tal punto l’atteggiamento del suo padrone da non darsi lui stesso pace. Rimane inquieto, tanto da informare il suo signore: «È stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto» (14,22). Ha eseguito gli ordini, ha conseguito risultati significativi, gli invitati attesi sono finalmente giunti; potrebbe finalmente acquietarsi e riposare, con la coscienza a posto. Invece no: intuisce quale sia il desiderio del padrone e lo fa diventare il suo stesso desiderio.

C’è ancora posto: non esita a comunicarlo al suo signore, anche se sa che questo comporterà per lui, con ogni probabilità, altro lavoro e altra fatica. Tuttavia, il fatto che ci sia ancora posto, che altri possano essere invitati e accolti, lo interpella sollecitandolo  ad agire. Come direbbe san Paolo, in lui abitano gli stessi sentimenti che sono nel cuore del padrone di casa, dietro la cui figura si nasconde e si rivela Dio stesso. Questo servo è una bella immagine del credente; in modo più ampio potremmo riconoscere   in lui una bella icona della Chiesa, che sa condividere il desiderio di Dio e si pone, con tutta se stessa, al servizio della sua realizzazione. Per due volte il servo della parabola ascolta il medesimo imperativo che il suo padrone gli rivolge: «Esci» (cf. 14,21.23). Una Chiesa in uscita, come la vuole papa Francesco, non può che assomigliare a questo servo. «Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missio    ne evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del vangelo» (Evangelii gaudium 20). Una Chiesa in uscita verso  le  periferie  diventa inevitabilmente un ospedale da campo, altra immagine cara al vescovo di Roma: devono essere i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi ad affollare   le stanze della sua festa pasquale.

Come il servo della parabola condivide il sentire del suo signore, così la comunità cristiana e, al suo interno, ogni discepolo, devono condividere lo stesso sentire di Cristo, che san Paolo ci invita   a contemplare con l’inno che inserisce nella sua lettera. Gesù       è il primo a uscire dal seno del Padre per entrare nella nostra condizione umana facendosi servo obbediente fino alla morte di croce. Ogni nostro uscire deve conformarsi al suo stile, all’amore che lo plasma. Sappiamo bene come l’uscire della Chiesa sia  stato in passato caratterizzato da atteggiamenti del tutto diversi,   e conosciamo bene quanti danni abbia provocato il travisamento dell’affermazione di Gesù: «Costringili ad entrare» (14,23). A partire da essa si sono giustificate ad esempio le conversioni forzate. Altro deve essere lo stile del discepolo del Regno, da vivere nell’umiltà e nella debolezza, condividendo in tal modo il sentire tipico di coloro che sono in Cristo.

Padre, ammiriamo la larghezza del tuo cuore, che nessuno esclude dalla sua gioia, e al tempo stesso rimaniamo stupiti dal comportamento di tutti i tuoi servi che imparano a desiderare ciò che tu desideri. Rendici obbedienti come Gesù, figlio obbediente fino alla morte; ma rendici anche intraprendenti come il servo della parabola, che non si stanca di uscire perché a tutti giunga la bella notizia del Regno e l’invito a partecipare alla sua festa.

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 14, 15-24
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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