Dehoniane – Commento al Vangelo del 5 Novembre 2018

Il commento alle letture del 5 Novembre 2018 a cura del sito Dehoniane.

 XXXI settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

Il banchetto del Regno

Lo abbiamo già evidenziato sabato scorso: san Paolo avverte il bisogno di correggere alcuni comportamenti presenti a Filippi, di cui è venuto a conoscenza e che lo preoccupano, perché rischiano di compromettere la bellezza della comunione fraterna. È illuminante osservare come procede la sua correzione, lo stile peculiare con la quale la attua. Non si basa infatti sul negativo, su ciò che non va, ma sul positivo, su ciò che c’è già, per la grazia del Signore, e che può e deve essere portato a pienezza. Scrive infatti:

«Se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione» (Fil 2,1), se tutto questo c’è già – come di fatto c’è – allora portatelo a pienezza, rendendo così «piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi» (2,2). È un bel modo, evangelico, di correggere: Paolo fa leva sul positivo ed esorta a portarlo a pienezza, in modo da eliminare le ombre e i limiti presenti nella vita della comunità. Ricordando la parabola di Matteo 13, non si tratta di estirpare la zizzania, ma di sostenere il grano buono, perché possa dare un raccolto abbondante, nonostante la gramigna che lo minaccia (cf. Mt 13,24-30). Notiamo anche che il punto centrale dell’esortazione di Paolo, ciò che più gli sta a cuore, è l’unità della comunità, che deve superare rivalità e divisioni; la condizione per ottenerla è l’umiltà, che consiste nel divenire partecipi dello stesso sentire di Cristo, che subito dopo viene descritto attraverso l’inno cristologico che mediteremo domani. L’umiltà, nella visione dell’apostolo, assume i contorni di un atteggiamento relazionale, anziché rimanere una solitaria virtù personale. Umile, ai suoi occhi, è chi non si lascia guidare dalla «rivalità o vanagloria», ma considera «gli altri superiori a se stesso» (2,3). È però indispensabile che questo atteggiamento interiore fruttifichi in comportamenti concreti, o meglio in criteri di discernimento capaci di orientare e sostenere l’agire effettivo: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (2,4).

Sia pure in un linguaggio diverso, ritornano nella visione di san Paolo i medesimi criteri che Gesù suggerisce al capo dei farisei che lo aveva invitato nella sua casa: quando si offre un banchetto, non bisogna cercare il proprio vantaggio, invitando soltanto coloro dai quali possiamo attendere un contraccambio. Occorre tendere non verso il proprio interesse, ma verso quello degli altri, in particolare di coloro che sono maggiormente nel bisogno e che nessuno inviterebbe: poveri, storpi, zoppi, ciechi. La ricompensa che bisogna sperare di ricevere viene da Dio, «alla risurrezione dei giusti» (Lc 14,14). Di quale ricompensa si tratta? Possiamo rispondere che consiste proprio nel diventare «giusti». Agire nell’interesse degli altri non significa soltanto compiere gesti di carità disinteressata. Prima ancora è un agire nella giustizia, anche se non dobbiamo attribuire a questo termine un significato sociale, giuridico o economico, ma teologico: implica infatti di agire verso di loro così come agirebbe Dio, come Gesù ci ha rivelato con i gesti concreti della sua vita. Peraltro, tale ricompensa Gesù la promette nel giorno della risurrezione, ma dobbiamo anche riconoscere che vivere in questa gratuità disinteressata, poiché ci rende giusti come Dio   è giusto, ci comunica già una vita nuova, sin da ora. Il dinamismo della risurrezione, che giungerà a compimento oltre la nostra morte, opera già nella nostra vita attuale, trasformandola e facendola risorgere a una novità insperata. Il suo frutto più evidente è quella concordia unanime che Paolo desidera per i filippesi, fondata sulla disponibilità a rinunciare al proprio utile per farsi servi del bisogno degli altri. Un banchetto nel quale sono i poveri e i malati gli invitati d’onore è già prefigurazione del banchetto del Regno.

Padre, donaci l’atteggiamento raccomandato da san Paolo: rendici capaci di considerare gli altri superiori a noi stessi. Trasfigura il nostro sguardo, crea in noi occhi spirituali per riconoscere che, proprio coloro che saremmo tentati di scartare o di escludere, ci precedono invece nel tuo regno. Saranno loro ad accoglierci se noi sapremo fare loro spazio nella nostra vita.

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 14, 12-14
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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