Dehoniane – Commento al Vangelo del 18 Febbraio 2019

Il commento alle letture del 18 febbraio 2019 a cura del sito Dehoniane.


VI settimana del tempo ordinario – VI settimana del salterio

Il vero segno

Gesù ha già operato molti segni. Ne abbiamo ascoltati alcuni   in questi giorni, come la seconda moltiplicazione dei pani o la guarigione del sordomuto. Le sue opere sono segni, non semplicemente delle guarigioni o dei miracoli, come intuirà in modo più consapevole l’evangelista Giovanni. Infatti, sono gesti con i quali Gesù si prende cura delle nostre infermità o bisogni, ma per rivelarci altro: la prossimità del regno dei cieli, la visione che Dio ha sul mondo e sulla storia, la conversione che dobbiamo vivere per imparare a camminare secondo i suoi desideri di vita. Eppure, gli occhi di molti rimangono chiusi, incapaci di riconoscere i segni del Regno già presente in mezzo a noi. Anziché lasciarsi mettere alla prova e convertire dai segni che Gesù offre, scribi e farisei chiedono altri segni per metterlo alla prova. La relazione viene capovolta: anziché lasciarsi trasformare dal pensiero di Dio, pretendono di piegarlo alle loro logiche. In questo atteggiamento si nasconde un’insidia più pericolosa. Nella nostra relazione con Dio, ma anche nelle relazioni che viviamo tra di noi, facciamo sempre esperienza di uno scarto, di un’alterità. L’altro, che sia Dio o mio fratello o mia sorella, non è mai identico a noi, né come vorremmo che fosse. C’è una differenza che ci interroga, ma soprattutto ci inquieta o addirittura ci spaventa. Da qui il tentativo di assimilarlo a noi, di renderlo simile, se non uguale, alla rappresentazione che ci facciamo di lui o di lei, così da poterlo  non solo conoscere, ma controllare, eliminando quelle differenze che ci disorientano e ci intimoriscono. Facciamo fatica a vivere all’altezza del volto dell’altro; lo vorremmo del tutto simile al nostro. Anche per questo motivo, anziché riconoscere i segni che Gesù ci dà, cerchiamo i segni che noi pretendiamo, che provino che egli è proprio come noi vorremmo che fosse.

L’incapacità di custodire l’alterità si manifesta anche in Caino e   nel suo peccato. Molte sono le differenze che dividono Caino da Abele. Uno è lavoratore del suolo, l’altro è pastore. Sono fratelli, ma uno è nato prima, l’altro è nato dopo. Anche i sacrifici che offrono a Dio sono diversi e sembrano ricevere una differente accoglienza. Non per qualche ragione particolare (sulla quale peraltro il racconto biblico tace) o a motivo di un arbitrario capriccio divino; più semplicemente perché le differenze appartengono alla vita e ci dobbiamo misurare ogni giorno con esse, e accoglierle, anche quando appaiono ai nostri occhi immotivate o ingiuste. Comunque sia, le differenze segnano tutte le nostre relazioni. Il problema vero è come viverle. L’alternativa più netta è sostanzialmente una: le possiamo vivere come spazio dell’incontro e della comunione, ovvero come spazio dell’invidia e della gelosia. Soltanto là dove la differenza si manifesta, è possibile vivere la dinamica del reciproco dono. Se ho già tutto quello che l’altro     ha, non potrò dargli nulla che egli non abbia, né ricevere da lui alcunché. Il termine stesso «comunione» deriva probabilmente dal latino cum-munus, un dono condiviso.

Caino vive la differenza da Abele con gelosia. Non sa accoglierla come dono, la sperimenta piuttosto come sospetto e concorrenza. La dinamica che, sul piano verticale, per Adamo ed Eva si   era manifestata nel rapporto con Dio, ora si manifesta, a livello orizzontale, nel rapporto con il fratello. Caino lo vorrebbe uguale   a se stesso, ma questo significa ucciderlo. Dio invece gli chiede  di custodire il fratello (cf. Gen 3,9), il che significa custodire l’alterità. E custodirla anzitutto nel nostro cuore, dove i sentimenti negativi si accovacciano, e dove dobbiamo imparare a dominarli. Sarebbe fatica vana impedire che vi entrino, occorre però dominarli affinché non siano loro a dominare noi.

Vorremmo dei segni dal cielo. Il problema vero è imparare a riconoscere e a custodire i segni della terra, nei quali Dio si manifesta. Il segno è il fratello che mi vive accanto, rivelandomi quale sia il vero desiderio di Dio.

Padre, chiamando ogni cosa all’esistenza tu hai voluto che ogni realtà creata non fosse identica all’altra. Nel gioco molteplice   delle differenze tu riveli la ricchezza inesauribile del tuo cuore e   la profondità del tuo amore, che desidera che l’alterità sia spazio  di incontro e di comunione. Insegnaci a custodire la differenza e a lasciarci da essa convertire alle logiche del tuo dono.

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Mc 8, 11-13
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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