Contemplare il Vangelo di oggi, lunedì 28 novembre 2016

Contemplare il Vangelo di oggi

Giorno liturgico: Lunedì
Prima settimana del Tempo di Avvento

(Mt 8,5-11): In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va’! », ed egli va; e a un altro: «Vieni! », ed egli viene; e al mio servo: «Fa’ questo! », ed egli lo fa».

Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

Commento: Rev. D. Joaquim MESEGUER García (Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)

«In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!»

Oggi, Cafàrnao è la nostra città ed il nostro popolo, dove ci sono persone ammalate, conosciute alcune, anonime altre, frequentemente dimenticate a causa del ritmo frenetico che caratterizza la vita attuale: colmi di lavoro, corriamo senza fermarci e senza pensare a quelli che, per malattia o altre circostanze, restano marginati e non possono seguirne il ritmo. Tuttavia, Gesù ci dirà un giorno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Il grande pensatore Blaise Pascal raccoglie questa idea all’affermare che:«Gesù Cristo, nei suoi fedeli si trova dall’agonia del Getsemani fino alla fine dei tempi».

Il centurione di Cafàrnao no dimentica il suo servo prostrato nel letto, perché lo ama. Nonostante fosse più facoltoso ed avesse maggiore autorità del suo servo, il centurione gli è riconoscente per i suoi anni di servizio ed ha verso di lui un grande apprezzo. Perciò, mosso dall’amore, si rivolge a Gesù e, davanti al Salvatore, fa una straordinaria confessione di fede, accolta nella liturgia Eucaristica: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (cf Mt 8,8). Questa confessione si basa sulla speranza; sorge dalla fiducia posta in Gesù Cristo e, allo stesso tempo, pure dalla coscienza della propria indegnità personale, che l’aiuta a riconoscere la propria povertà.

Solo possiamo avvicinarci a Gesù Cristo con un atteggiamento umile, come quella del centurione. Così possiamo vivere la speranza dell’Avvento: speranza di salvezza e di vita, di riconciliazione e di pace. Solamente può sperare colui che riconosce la propria povertà ed è capace di accorgersi che il senso della sua vita non ha radici in sé stesso, ma in Dio, mettendosi nelle mani del Signore. Avviciniamoci dunque fiduciosi a Cristo, mentre facciamo nostra la preghiera del centurione.

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