Contemplare il Vangelo di oggi 1 Aprile 2020 – Gv 8, 31-42

Vangelo di oggi

Mercoledì della V settimana di Quaresima

«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste»

Pe. Givanildo dos SANTOS Ferreira
(Brasilia, Brasile)

Oggi, il Signore dirige dure parole ai giudei. Non a qualsiasi giudeo, ma, precisamente, a quelli che abbracciarono la fede: Gesù disse « Ai giudei che avevano creduto in Lui» (Gv 8,31). Senza dubbio, questo dialogo di Gesù riflette l’inizio di quelle difficoltà causate dai primi cristiani giudaizzanti della Chiesa, nei suoi inizi.

Come erano discendenti di Abramo, per consanguineità, questi discepoli di Gesù si consideravano superiori, non solo alle moltitudini che vivevano lontani dalla fede, ma si consideravano superiori a qualunque discepolo non giudeo, anche se partecipasse della stessa fede. Essi dicevano: «Noi siamo discendenti di Abramo» (Gv 8,33); «Il padre nostro è Abramo» (v. 39); «Solo abbiamo un padre, Dio» (v. 41). Nonostante fossero discepoli di Gesù, abbiamo l’impressione che Gesù non rappresentava nulla per loro, che non acrresceva nulla a ciò che già possedevano. Ma è precisamente lì dove si trova il grande errore di tutti loro. I veri figli non sono i discendenti per consanguineità, ma gli eredi della promessa, cioè quelli che credono (cf. Rom 9,6-8). Senza la fede in Gesù, non è possibile che qualcuno raggiunga la promessa di Abramo. Perciò, tra i discepoli, “non ci sono giudei o greci; non ci sono schiavi o liberi; non ci sono uomini o donne”, perché tutti siamo fratelli per il battesimo (cf. Gal 3,27-28).

Non lasciamoci sedurre dall’orgoglio spirituale. I giudeizzanti si consideravano superiori agli altri cristiani. Non è necessario parlare qui dei fratelli separati. Pensiamo, però, a noi stessi. Quante volte alcuni cattolici si considerano migliori di altri cattolici, solo perché seguono questo o quel movimento o perché osservano questa o quella disciplina, o perché ubbidiscono a questo o quell’uso litúrgico. Alcuni, perché sono ricchi, altri, perché studiarono di più, alcuni perché occupano cariche importanti, altri perché provengono da famiglie nobili. «Vorrei che ognuno di voi sentisse la gioia di essere cristiano… Dio guida la Sua Chiesa, è sempre il suo sostegno, anche e specialmente nei momento difficili» (Benedetto XVI)

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»

Rev. D. Iñaki BALLBÉ i Turu
(Terrassa, Barcelona, Spagna)

Oggi, quando mancano pochi giorni alla Settimana Santa, il Signore ci chiede di lottare per vivere cose molto concrete, piccole, ma, a volte non facili. Nel corso della riflessione lo spiegheremo: fondamentalmente si tratta di perseverare nella Sua parola. Come è importante riferire la nostra vita sempre al Vangelo! Chiediamoci: che cosa farebbe Gesù in questa situazione che devo affrontare? Come trattare questa persona difficile per me? Quale sarebbe la Sua reazione in questa circostanza? Il cristiano -secondo San Paolo- deve essere un “altro Cristo”: «non sono io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Il riflesso del Signore nella nostra vita di ogni giorno, com’è? Sono un Suo specchio?

Il Signore ci assicura che, se perseveriamo nella Sua parola, conosceremo la verità e la verità ci renderà liberi (cf. Gv 8,32). Dire la verità non sempre è facile. Quante volte ci sfuggono piccole bugie, dissimuliamo, ”facciamo orecchie da mercante”? Non possiamo ingannare Iddio. Lui ci vede, ci contempla, ci ama e ci segue giorno per giorno. L’ottavo comandamento ci insegna che non possiamo testimoniare il falso, dire bugie, per piccole che siano, neanche se ci sembrano insignificanti. Neppure sono accettabili le cosiddette bugie “pietose”. «Sia invece il vostro parlare: «sì, sì», «no, no» (Mt 5,37), ci dice Gesù Cristo in un altro momento. La libertà, questa tendenza al bene, è molto collegata con la verità. A volte non siamo sufficentemente liberi, perché nella nostra vita, c’è una specie di doppio fondo, non siamo chiari. Dobbiamo essere contundenti. Il peccato della bugia ci rende schiavi.

«Se Dio fosse vostro padre, mi amereste» (Gv 8,42), dice il Signore. Come concretizziamo la nostra inquietudine giornaliera per conoscere il Maestro? Con quale devozione leggiamo il Vangelo anche se è poco il tempo che abbiamo a disposizione? Quale impronta lascia questa lettura nella mia vita, nella mia giornata? Si può dire vedendomi, che sto leggendo la vita di Cristo?

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