Commento alle letture del 9 Febbraio 2019 – Mons. Costantino Di Bruno

Il commento alle letture del 9 Febbraio 2019 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Ebbe compassione di loro

Eb 13,15-17.20-21; Sal 22; Mc 6, 30-34

La compassione di Gesù è oltre ogni possibile compassione umana. La sua è compassione per assunzione di tutti i peccati e di tutte le colpe dell’umanità per la loro espiazione, redenzione. Gesù ha avuto compassione perché ha soddisfatto ogni nostro debito presso il Padre. La sua compassione è così annunziata dal profeta Isaia.

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.

Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 52,13-53,12).

È compassione che ha chiesto a Gesù Signore il supremo martirio della croce. Oggi Gesù assume della folla smarrimento, sbandamento, solitudine spirituale, abbandono a se stessa, mancanza di ogni guida, privazione di ogni vero nutrimento spirituale. Lascia che i discepoli riposino e lui si pone a servizio di quanti sono alla ricerca della loro spirituale verità. È questa la povertà più grande anche dell’uomo dei nostri tempi. Manca della sua verità di origine e di fine. Non sa da dove viene e dove è diretto. È nutrito dal veleno della infinite false profezie. È succube dell’errore e della menzogna.

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Il vero pastore è mandato da Dio, a Lui il Signore affida il suo gregge, perché lo guida in questo mondo di idolatria, falsità, menzogna, immoralità, vizio, conservandolo sempre nella sua verità, nella sua Legge, nei suoi decreti, nei suoi statuti, nella sua Alleanza, nella sua vita. Il pastore potrà fare questo se lui stesso si conserva in Dio e nella sua volontà. Se il pastore stesso si abbandona all’idolatria e all’immoralità, necessariamente il gregge a lui affidato sarà nutrito del veleno di cui lui si nutre. Se il pastore vuole nutrire il gregge di Dio, lui stesso si deve nutrire di Dio. Se lui si nutre di favole, anche il gregge nutrirà di favole. Oggi di che cosa è nutrito il gregge di Cristo?

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni pastore di nutra di Cristo per nutrire di Cristo.

Fonte | @MonsDiBruno

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