Commento alle letture del 22 Marzo 2019 – Mons. Costantino Di Bruno

Il commento alle letture del 21 Marzo 2019 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!

Gn 37,3-4.12-1 3a.17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46

Tutto il Nuovo Testamento rivela che la morte in croce di Gesù non fu un errore di valutazione o di errato discernimento. I segni di Gesù, così inequivocabili, portentosi, grandi, perfetti, necessariamente avrebbero dovuto condurre all’affermazione della verità di Cristo Signore, almeno nella dichiarazione della sua origine dal Padre. C’è una chiara ed evidente colpa, essa potrà essere perdonata, a condizione che dopo l’ultimo portentoso segno, che dona il sigillo di verità ad ogni altro, avvenga il pentimento, la conversione, l’adesione alla Parola, la fede in Cristo e nel Vangelo di Cristo. Dagli Atti degli Apostoli sappiamo che l’opposizione contro Cristo si trasforma in opposizione contro i discepoli. Stefano è il primo martire di questa assurda chiusura del cuore.

Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì (At 7,51-60).

Anche in questa parabola, Gesù, oltre a dichiararsi il Figlio del Padrone della vigna, si rivela come la pietra scartata dai costruttori che diviene pietra d’angolo, pietra che dona stabilità a tutta la casa e che mirabilmente unisce i due testamenti facendo di essi un solo mistero di salvezza e di redenzione. Una terza verità va tuttavia messa in luce. Non è Dio che toglie il regno al suo popolo. è il suo popolo che si rifiuta di entrare nel regno. Sappiamo che dopo la sua gloriosa risurrezione, Gesù manda i suoi Apostoli a predicare la conversione e il perdono ad ogni uomo, iniziando da Gerusalemme.

Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Il popolo del Signore è senza il regno, perché non ha voluto osservare le condizioni poste da Dio per entrare in esso. Le condizioni sono l’accoglienza di Cristo Gesù come Messia, Signore, Dio, Giudice dei vivi e dei morti, Parola di verità e vita eterna per ogni uomo. Tutti coloro che non confessano questa fede, anche se battezzati, sono senza il regno, sono fuori di esso. Chi vuole essere regno di Dio deve vivere in Cristo, per Cristo, con Cristo, facendo del suo Vangelo la sola Legge della sua vita. Dio mai toglie. Lui sempre dona. È l’uomo che si dichiara non degno di accogliere il suo regno.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci essere vero regno di Dio in mezzo agli uomini.

Fonte@MonsDiBruno

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