Commento alle letture del 1 Aprile 2019 – Mons. Costantino Di Bruno

Il commento alle letture del 1 Aprile 2019 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Credette lui con tutta la sua famiglia

Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54

Il brano offerto oggi alla nostra meditazione ci rivela due essenziali verità. La prima ci dice che la fede in Cristo Gesù non nasce subito, appena la parola viene annunziata. Sappiamo cosa è avvenuto a Nazaret il giorno in cui Gesù nella sinagoga aveva solennemente proclamato il compimento della profezia di Isaia nella sua persona. Lo avevano condotto fin sul ciglio del monte per buttarlo giù, senza però riuscire nel loro intento. Gesù lascia Nazaret, si dirige altrove, inizia a compiere segni e prodigi. Anche a Gerusalemme Gesù si reca per la festa. Molti suoi concittadini sono presenti. Vedono i segni operati da Lui e si aprono alla fede. Questa apertura del cuore deve suggerirci, anzi convincerci, che non vi è corrispondenza immediata tra annuncio della Parola e fede. Il tempo non può essere estromesso dal processo della nascita della fede in un cuore, nel quale è stata seminata la Parola. Chi annunzia la Parola, oltre ad essere perseverante e fedele nella sua missione, sempre deve dare i segni necessari perché la vera fede possa sorgere nei cuori. Gesù compiva segni portentosi per attestare che Lui era dal Padre. A noi non sono chiesti segni portentosi, ma di operare sempre con la conoscenza, la scienza, la sapienza, la fortezza, il consiglio, la pietà, il timore del Signore che sono in noi frutto dello Spirito Santo, se la Parola dimora nel nostro cuore e ad essa prestiamo ogni obbedienza. Quando il seminatore cammina nella Parola, obbedendo ad essa, secondo la mozione dello Spirito Santo, sempre per la sua Parola molti cuori giungeranno alla fede. Se non è oggi, sarà domani. La fede sorgerà.

Trascorsi due giorni, partì di là per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Un funzionario del re chiede a Gesù che gli guarisca il figlio. Quest’uomo non segue Gesù. Non crede nella sua Parola. Vede Gesù come grande operatore di prodigi e bussa al suo cuore. Se Gesù fosse stato nelle condizioni del funzionario del re, non sarebbe andato a bussare per avere la guarigione del figlio? Prima però Gesù ricorda che la fede va fondata sulla Parola e la Parola porta in sé i segni della sua credibilità. Basta prendere una sola Parola del Vangelo e si può constatare che i segni della sua verità sono in essa stessa. Posto il principio della verità della Parola, Gesù dice al padre: “Va’, tuo figlio vive”. Non c’è bisogno che io venga. È sufficiente un mio comando. Qui si invertono i ruoli. Il centurione dice a Gesù che non c’è alcun bisogno che Lui si rechi nella sua casa. È sufficiente che Lui dica una sola parola e il suo servo sarà guarito. Ora invece Gesù mette alla prova la fede del funzionario. Questi crede, si avvia verso casa. Gli vengono incontro per dirgli che il figlio era perfettamente guarito. Chiese l’ora della guarigione e vi era piena corrispondenza con l’ora nella quale Gesù gli aveva detto. “Va’, tuo figlio vive”. Ora il funzionario e tutta la sua famiglia credono in Gesù, non come operatori di prodigi e di segni, ma come vero mandato da Dio per portare sulla terra la sua vera Parola assieme a tutti gli altri doni di grazia, verità, vita eterna. La vera fede è nella Persona di Cristo, secondo la verità eterna stabilita da Lui dal Padre. Mai si dovrà separare la verità della Persona dalla retta fede.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a ritrovare la vera fede in Cristo Gesù.

Fonte@MonsDiBruno

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