Commento al Vangelo di mercoledì 1 novembre 2017 – Comunità Monastica Ss. Trinità

È con felice intuizione che la Chiesa ha voluto celebrare in un’unica festa il ricordo di tutti i santi, quelli conosciuti e quelli sconosciuti, quelli ufficialmente canonizzati e quelli che forse non lo saranno mai, quelli che hanno lasciato un segno visibile nella storia e quelli che sono passati quasi inosservati. Quella che contempliamo oggi è infatti «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare,  di  ogni  nazione,  tribù,  popolo  e  lingua»  (Ap  7,9).  In  questa  grande  comunione  (la communio sanctorum) ci siamo anche noi, c’è tutta la Chiesa che nel Credo viene chiamata appunto «una e santa». I primi cristiani erano consapevoli di partecipare a quest’unica santità: negli scritti del Nuovo Testamento – e soprattutto nelle lettere paoline – troviamo infatti sovente l’espressione: «Ai  santi  che  sono  in  Gerusalemme…  Ai  santi  che  sono  in  Roma…  Ai  santi  che  sono  in Corinto…». Per la Bibbia solo Dio è santo, la santità appartiene anzitutto ed esclusivamente a lui («Tu solo il Santo» cantiamo nel Gloria). Ma questa santità – che è il suo attributo più forte e segreto – Dio l’ha voluta condividere, l’ha voluta comunicare a tutti gli uomini, a tutti i suoi figli. «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv 3,1), esclama con stupore l’apostolo Giovanni. Se santo è il Padre, in qualche misura lo saranno anche i figli – o, perlomeno, la santità non sarà loro del tutto estranea («quando egli si sarà manifestato noi saremo simili a lui», prosegue Giovanni: v. 2).

Ciò che rende ‘santi’ è in primo luogo il dono di Dio, è il suo amore, la sua grazia, la sua luce che ci raggiunge e fa di noi delle ‘nuove creature’. Tutto quello che possiamo fare di fronte a questo dono è accoglierlo, aprire il cuore per farlo entrare sempre più nella nostra vita. La santità, la vita santa, non è opera nostra; o meglio: la nostra opera consiste unicamente nel lasciare che l’opera di Dio si dispieghi in noi in tutta la sua forza. In uno dei prefazi utilizzati per le feste e le memorie dei santi, si dice: «Nei tuoi santi, che per il regno dei cieli hanno consacrato la vita a Cristo tuo Figlio,  noi  celebriamo,  o  Padre,  l’iniziativa  mirabile  del  tuo  amore…».  Ed  è  proprio  questa «iniziativa mirabile» che le letture proposte per questa festa mettono in rilievo. Soprattutto la pagina evangelica che, ancora una volta, ci fa ascoltare l’annuncio delle beatitudini dalla bocca di Gesù.

Chi  sono  i  ‘beati’  che  il  vangelo  proclama?  Poveri,  afflitti,  miti,  affamati  e  assetati, perseguitati… Certamente tutti coloro che mai noi avremmo proclamati tali! Ma la felicità che viene a portare Gesù non si identifica tout court con la povertà, con le lacrime, con la fame, con la persecuzione di cui purtroppo molti uomini e donne fanno esperienza su questa terra. La felicità evangelica sta appunto nell’iniziativa di Dio che viene ad arricchire i poveri con il dono del suo regno, che viene a consolare quelli che piangono, che viene a saziare quelli che hanno fame e sete di giustizia, ecc. Ciò che rende triste e infelice la vita diventa inaspettatamente motivo di gioia per l’irrompere improvviso di una felicità che viene da altrove. Dio si fa vicino, viene ad abitare le situazioni   più   disperate,   si   fa   carico   della   sofferenza,   dell’emarginazione,   del   disprezzo, dell’ingiustizia subita da tante vittime della storia, per trasformare dal di dentro l’esistenza di tutti coloro che lasciano le porte aperte al suo amore. La vera gioia che il Signore offre è anzitutto il dono della sua comunione, della sua presenza che mai verrà meno – per quanto dipende da lui –. Le situazioni di povertà, di sofferenza, di ingiustizia, potranno anche non cambiare; ciò che cambia è la nuova relazione con Dio che ci è dato di pregustare. Dio viene a liberarci dalla nostra tristezza – ma anche dal nostro desiderio di una felicità superficiale, perseguibile a poco prezzo – facendoci dono della sua santità che, in fin dei conti, non è altro che una vita buona, bella e felice, una vita ‘riuscita’ secondo la logica del vangelo. I santi conoscono la gioia, quella vera, perché fanno dell’amore di Dio il fondamento e il cuore della loro vita. «Soltanto quelli che sono veramente buoni, i santi, sono felici» (Paolo VI).

«Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?» (Sal 23,3), si chiede il salmista. E subito risponde: «Chi ha mani innocenti e cuore puro» (v. 4a). Se le mani rappresentano l’azione e tutta la dimensione esteriore dell’uomo, il cuore rappresenta l’intenzione profonda, l’interiorità. È tutto l’uomo, nell’interezza del suo essere, che deve rivestirsi di innocenza e di purezza, cioè non deve lasciare che il male possa sporcare le sue mani e prendere possesso del suo cuore. Ma anche del bene che compie non deve sentirsi proprietario, perché – come diceva Bonhoeffer – anche il bene può sporcare il cuore. San Benedetto, nella sua Regola, ha una massima significativa al riguardo: «A Dio, non a sé, attribuire il bene di cui ci si riconosce capaci» (RB 4,42). Innocenza e purezza sono dunque i requisiti essenziali per salire la ‘santa montagna’, per ricevere quella santità che solo Dio può donare. Il «monte del Signore» – che nel vangelo diventa il monte delle beatitudini, della felicità vera – si può salire solo lasciando cadere la zavorra del proprio ‘io’, solo aggrappandosi in ogni cosa a Lui e distogliendo gli occhi da tutti quegli idoli (cfr. Sal 23,4b) che rendono pesante e impervio il cammino.

La festa di oggi ci dice che la santità è una realtà alla portata di tutti, perché a nessuno Dio rifiuta il suo dono, la sua vicinanza, il suo amore che purifica e santifica. Nel vangelo troviamo un elenco di condizioni o situazioni di vita attraverso cui è possibile varcare la soglia della santità. Ognuno è chiamato a rispecchiarsi almeno in una di esse: non è necessario cercare di viverle tutte e nessuno pretende da noi l’impossibile (l’unico che le ha vissute tutte nella loro pienezza è stato Gesù Cristo). Unica e irripetibile è ogni persona e unica e irripetibile è la forma di santità che è chiamata a realizzare. Questo ci deve rendere aperti e accoglienti nei riguardi della santità che scopriamo  nel  nostro  prossimo,  in quanti  ci  vivono  accanto,  in  quanti  incontriamo  nel  nostro cammino. Riconoscere nel nostro prossimo un raggio originale e insostituibile di quella santità che lo Spirito suscita in ciascuno può aiutarci a crescere nella comunione e nella condivisione, per l’edificazione di quell’unico corpo che è la Chiesa, fatto di una moltitudine di «pietre vive» (1Pt 2,5) che solo nel loro insieme riescono a esprimere tutta la bellezza e lo splendore dell’edificio che formano.

Di fronte al grandioso ‘spettacolo’ della santità, che la liturgia ci pone dinanzi agli occhi, che dire? Forse la risposta più bella che possiamo dare è presentarci a Dio con le nostre mani vuote per ricevere tutto da lui e mettere la nostra vita, così com’è, nelle sue mani perché sia lui a purificarla e a santificarla. Del resto, nel nostro cammino di santità, non abbiamo bisogno di altro se non chiedere a Dio di donarci «l’abbondanza della sua misericordia», come ci invita a pregare la colletta del giorno.

Fonte: Monastero Dumenza

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Mt 5, 1-12
Dal Vangelo secondo  Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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