Commento al Vangelo del 23 dicembre 2016 – don Antonello Iapicca

LA SINFONIA D’AMORE CHE SCIOGLIE LA LINGUA PER RICONCILIARCI CON DIO E CON I FRATELLI

Oggi è il giorno dell’esame di coscienza, perché altrimenti anche questo Natale passerà invano.

Riconosciamolo, abbiamo perduto “il primo amore” e ci siamo ammalati di “alzheimer spirituale, che è la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore”, per cui cominciamo a “dipendere completamente dal nostro presente, dalle passioni, capricci e manie” e “costruiamo intorno a noi dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che abbiamo scolpito con le nostre stesse mani” (Papa Francesco).

Ma risuona oggi, alle soglie di questo Natale, un nome nuovo, Giovanni, che significa Dio fa grazia ora. Giovanni, come il nostro cuore assetato d’amore. Giovanni, l’intimo di noi che anela a Cristo. Giovanni, la Parola di Dio che ci accoglie e introduce nel Natale: è finita la nostra schiavitù al peccato, matrice d’ogni dolore. La sua nascita dal seno sterile di Elisabetta ne è il segno. Attraverso Giovanni oggi possiamo guardare la nostra vita con occhi diversi: Dio “ha esaltato in noi”, come in Elisabetta, “la sua misericordia”.

Oggi “si compiono anche per noi i giorni del parto”: comincia una vita nuova! Coraggio, proprio quel tessuto sterile, ammalato e incapace di accogliere la vita che è il tuo cuore è pronto per il miracolo. I peccati preparavano il posto al perdono come la malattia l’intervento del medico. La nostra storia di cadute e umiliazioni ci ha condotto a quest’oggi di Grazia e di gioia. Da soli non ce l’abbiamo fatta ad uscire dai peccati. E quanto dolore, in noi e intorno a noi. Quanta “vergogna”, e quanto disprezzo verso noi stessi e gli altri.

Ma oggi “nulla è impossibile a Dio” significa che l’amore di Dio ha il potere di trasformare la morte in vita, il nostro cuore duro come pietra in un cuore di carne capace di amare e generare vita nuova in noi e attorno a noi. Accostiamoci allora al sacramento della riconciliazione, confessiamo i nostri peccati e riceviamo il perdono e lo Spirito Santo per camminare in una vita nuova. Andiamo a chiedere perdono e a perdonare chi ci è accanto.

Magari quel parente che sono anni che non ci parli, forse tua moglie, tuo padre. Come Giovanni, “cresciamo e rafforziamoci nello Spirito” pregando e meditando la Parola di Dio. “Serbiamola nel cuore” per imparare a credere all’impossibile che Dio può compiere, fonte di “meraviglia” e “timore”.

La misericordia di Dio, infatti, non solo ci perdona, ma fa di noi creature nuove, un Nome nuovo che il mondo, i nostri parenti, nessuno conosce. Davvero, “che sarà mai questo bambino?”, che sarà mai la nostra vita? Sarà senza dubbio una stupenda e perfetta sinfonia d’amore.

L’origine dei nomi delle sette note musicali infatti ha relazione proprio con Giovanni Battista. Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, ciascuno di questi termini è tratto dalla prima sillaba dei sette versi della prima strofa dell’inno liturgico “Ut queant laxis”, che fu composto in onore del Battista. Guido d’Arezzo, colui al quale dobbiamo il rigo musicale e il nome delle note in Occidente, si servì di questo inno a scopo didattico.

Applicando al testo dell’Inno una nuova melodia, mise in risalto al principio di ciascun verso, la successione delle attuali note musicali, UT, RE, MI, FA, SOL, LA. La prima sillaba di ogni verso inizia salendo di tono rispetto a quella precedente, costituendo così la moderna scala ascendente.

Don Antonello Iapicca
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Dal Vangelo secondo Luca 1,57-66.

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.
Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».
Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.
In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.

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