Commento al Vangelo del 2 Ottobre 2018 – Monastero di Bose

Anche noi, come i discepoli, siamo smarriti dietro a questo maestro che, con azioni e parole autorevoli e consapevoli, si dirige verso Gerusalemme.

Chi è quest’uomo, questo rabbi? La domanda emerge più volte nei passi precedenti. Gli stessi discepoli e noi oggi siamo posti di fronte alla domanda cruciale della sequela: “Voi chi dite che io sia?”. Pietro osa una dichiarazione di fede: “ Tu sei il Cristo di Dio”, ma è subito messo di fronte allo scandalo, il Signore e Messia deve soffrire, morire e risuscitare il terzo giorno, e la sequela è un cammino della croce da assumere ogni giorno nel rinnegamento di sé.

I discepoli, e noi con loro, sono incapaci di comprendere, ammutoliti; stupore e timore occupano il nostro cuore. La paura ci paralizza nell’assenza di una via sicura da intraprendere, non comprendiamo il mistero della croce e non possiamo fare nostro il cammino di Gesù. Emerge in noi la tentazione di affermare noi stessi, le nostre certezze. Preoccupati di stabilire delle gerarchie per decidere chi sia il più grande, finiamo per escludere chi non sia come noi, fino a voler eliminare chi ci ostacoli, come nemico che ci minaccia. Anche l’autorità che il Signore ci dà (cf. Lc 9,1) come discepoli può essere trasformata in forza mortifera che non porta vita, ma distruzione nelle vite, nelle vicende umane e comunitarie.

Gesù, quasi incurante dell’incapacità dei discepoli di comprendere e di seguirlo, con risolutezza, si dirige verso Gerusalemme. Letteralmente si legge: “Rese duro il suo volto per andare a Gerusalemme”. Possiamo immaginare la determinazione di quest’uomo mentre cammina e i discepoli smarriti che lo seguono. Marco dirà che in prossimità di Gerusalemme essi erano impauriti (cf. Mc 10,32).

Ma non è la durezza umana di chi, forte delle sua convinzioni, non esita a eliminare gli ostacoli che si frappongono al conseguimento dei propri obiettivi. Questa sarà la comprensione che avranno Giacomo e Giovanni (cf. Lc 9,54), e Gesù si volta e li rimprovera: “Voi non sapete di che spirito siete. Il Figlio dell’uomo non è venuto per far perire le anime, ma per salvarle”. Ecco la rivelazione ultima e più autentica del cammino della croce, non cammino di morte, ma di vita per ogni essere umano.

“Rese duro il suo volto”, un’espressione simile è in Isaia 50,7, dove il servo sofferente, di fronte agli insulti e agli sputi di chi lo perseguita, rende la sua faccia come pietra, non per la propria determinazione, ma per l’aiuto e la difesa che vengono da Dio che lo assiste. La sua forza viene da Dio che gli ha dato una lingua da discepolo perché possa dare una parola allo sfiduciato, che ha fatto attento il suo orecchio. Solo l’ascolto della parola del Signore può dare forza e determinazione al nostro cammino dietro a Gesù. Se rimaniamo nella sua Parola conosceremo la verità, e la verità ci farà liberi (cf. Gv 8,31-32).

La sequela è possibile solo nella piena libertà da noi stessi, dalle pretese di verità, dalle paure. Nella libertà possiamo camminare dietro a Gesù sapendo che in questo cammino saremo minacciati dalle tentazioni, dal male dentro e fuori di noi, ma, come discepoli, camminiamo dietro a lui, fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso Risorto. Immergendoci nel mistero d’amore della croce-resurrezione possiamo sperare di avere una risposta al male, al mistero d’iniquità che abita i nostri cuori, le nostre relazioni, i cammini comunitari umani e cristiani. Attraverso la croce sapremo forse scorgere al di là del nemico, di chi ci ostacola, un fratello, una sorella per i quali Cristo è morto. Questa fede non viene da noi, ma solo dal Signore, ne siamo certi perché nell’ora più buia delle tenebre che ci avvolgono, nei recessi nascosti del cuore sempre splende la luce del Tabor, della croce, del mattino di Pasqua. Continuiamo allora a camminare dietro a Gesù, forti delle parole del servo: “Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, confidi nel nome del Signore, si affidi al suo Dio” (Is 50,10).

fratel Nimal della comunità monastica di Bose

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Lc 9, 51-56
Dal Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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