Commento al Vangelo del 16 Marzo 2020 – Servizio Pastorale Giovanile di Pompei

«In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria»

Gesù torna a Nàzaret, la sua città, il luogo in cui era cresciuto, ma non viene riconosciuto come profeta, non viene ascoltato. Da un lato c’è il pregiudizio di chi lo ritiene il semplice figlio di un falegname, non in grado di parlare in una sinagoga. Dall’altro è scomodo quello che dice: il profeta Eliseo – afferma Gesù citando l’Antico Testamento – non guarisce i lebbrosi del suo paese, ma uno straniero: Naamàn, il Siro.

Gesù dà così tanto sdegno con le sue parole che viene addirittura cacciato dalla sinagoga e portato sul ciglio del monte della città per buttarlo giù. Anche nel mondo di oggi, quando si afferma la verità evangelica, si corre il rischio di essere irrisi, presi per matti o comunque per “antichi”, vecchi. E dire che il Vangelo è bellezza e novità perenne! Un esempio? Vi è mai capitato di dire a qualcuno di andare a messa la domenica ed essere guardati come extraterrestri?

Però Gesù, con il suo esempio, ci dice anche altro. Non dobbiamo curarci troppo dell’accoglienza delle nostre parole da parte degli altri. In fondo a noi spetta il compito di conoscere e annunciare il Vangelo senza pretendere premi o corone d’alloro. E poi, in tanti casi, quella parola pronunciata e magari non subito accolta, andrà a finire in qualche buon terreno, solo un po’ lento a dare frutti.


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