Rocco Buttiglione su “la correctio”

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«Giudicano e condannano». E per di più usano «un metodo scorretto». Il filosofo Rocco Buttiglione, profondo conoscitore del pensiero di Giovanni Paolo II, in questa lunga intervista con Vatican Insider entra nel merito – discutendole – di tutte le accuse di eresia che i firmatari della recente “correctio filialisˮ hanno rivolto all’attuale Pontefice. 

Che cosa pensa della “correctio filialis” inviata al Papa e del fatto che un gruppo di studiosi faccia affermazioni così pesanti sul successore di Pietro?  

«Gesù non ha scritto un manuale di metafisica e nemmeno di teologia. Si è affidato a un gruppo di uomini e poi a uno, Pietro. Ha promesso loro l’assistenza dello Spirito Santo. Qui un gruppo di uomini si ergono a giudici sopra il Papa. Non espongono obiezioni, non discutono. Giudicano e condannano. Chi li ha autorizzati a costituirsi giudici sopra il Papa?». 

Alcuni firmatari hanno sostenuto dopo la pubblicazione del documento di non aver mai dato dell’eretico al Papa. Dalla lettura del testo non traspare questo? 

«Leggiamo il testo: “siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità”. Se questa non è un’accusa di eresia io allora non so che cosa lo sia. I firmatari del documento che dicono di non avere dato al Papa dell’eretico forse non hanno letto il testo che hanno firmato». 

Prima di entrare nel merito delle 7 “eresieˮ volevo soffermarmi sul linguaggio usato: si fanno affermazioni (propositiones) lasciando intendere che il Papa le abbia scritte, dette o sostenute: in realtà nessuna di queste è stata affermata da Francesco. È un metodo corretto? 

«No, non è un metodo corretto. Le proposizioni non riassumono in modo corretto il pensiero del Papa. Facciamo un esempio: nella seconda proposizione attribuiscono al Papa la affermazione che il divorziato risposato che permanga in tale stato con piena avvertenza e deliberato consenso è in grazia di Dio. Il Papa dice un’altra cosa: in alcuni casi un divorziato risposato che permane in tale stato senza piena avvertenza e deliberato consenso può essere in grazia di Dio». 

Perché questo esempio è significativo? 

«I critici hanno cominciato sostenendo che in nessun caso un divorziato risposato può essere in grazia di Dio. Poi qualcuno (io, per esempio) gli ha ricordato che per avere un peccato mortale è necessaria non solo una materia grave (e l’adulterio è certamente materia grave di peccato) ma anche piena avvertenza e deliberato consenso. Adesso sembra che facciano marcia indietro: hanno capito anche loro che in alcuni casi il divorziato risposato può essere esente da colpa a causa di attenuanti soggettive (mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso). Per coprire la ritirata cosa fanno? Attribuiscono al Papa la affermazione che il divorziato risposato che rimanga nella sua situazione con piena avvertenza e deliberato consenso è tuttavia in stato di grazia. Questa falsificazione della posizione del Papa alla quale si vedono costretti dice quanto sia disperata la loro situazione dal punto di vista logico. Essi ammettono implicitamente che vi sono alcune situazioni in cui il divorziato risposato può ricevere la Comunione ma tutta la rivolta contro Amoris Laetitia è nata dal rifiuto viscerale di questa possibilità».  

La Chiesa, quando condannava proposizioni giudicate eretiche, era sempre precisa nello stabilire che cosa fosse stato detto e anche l’intenzione di colui che l’aveva detto. In questo caso non è stato fatto così… 

«Ai correttori piace atteggiarsi a Nuovo Sant’Uffizio ma evidentemente non ne conoscono bene le procedure…». 

Entrando nel merito delle 7 “eresie” attribuite al Pontefice, si vede che ruotano tutte sul punto della comunione ai divorziati risposati. Sono fondate a suo avviso? 

«La prima correzione attribuisce al Papa la affermazione che la grazia non è sufficiente a permettere all’uomo di evitare tutti i peccati. Il Papa dice con tutta evidenza un’altra cosa: la cooperazione dell’uomo con la grazia è spesso insufficiente e parziale. Per questo non riesce ad evitare tutti i peccati. La cooperazione con la grazia, inoltre, si svolge nel tempo. Quando l’uomo comincia a muoversi verso la salvezza spesso porta con sé un carico di peccati dei quali si libererà solo un poco per volta. Per questo una persona che non riesce ancora a compiere per intero le opere della legge può essere in grazia di Dio. È la nozione di peccato veniale». 

Della seconda abbiamo già parlato, veniamo alla terza. 

«La terza correzione attribuisce al Papa la affermazione che si può conoscere il comandamento di Dio e violarlo e ciò nonostante rimanere in grazia di Dio. Anche qui il Papa dice con tutta evidenza un’altra cosa: è possibile conoscere le parole del comandamento e non comprenderle o non riconoscerle nel loro vero significato. Il cardinale Newman distingueva fra un assenso nozionale (ho capito il senso verbale di una proposizione) e l’assenso reale (ho capito cosa significa per la mia vita). Qualcosa di simile dice anche san Tommaso quando parla dell’errore in buona fede». 

La quarta censura attribuisce al Papa l’affermazione che si può commettere un peccato obbedendo alla volontà di Dio.  

«Probabilmente l’estensore della censura ha in mente un passo di Amoris Laetitia in cui il Papa dice che quando una coppia di divorziati risposati decide di vivere insieme come fratello e sorella (cioè di agire secondo la legge del Signore) può accadere che finiscano con l’avere rapporti sessuali con terze persone e con il distruggere il nido che avevano creato e nel quale i loro figli trovavano il giusto ambiente per la loro crescita e la loro maturità umana. Il Papa non trae conclusioni da questa affermazione empirica. Se però si vogliono trarre delle conclusioni occorre molta malizia e pregiudizio per trarre la conclusione proposta dai censori. La conclusione più ovvia è: il confessore raccomandi alla coppia di interrompere i rapporti sessuali ma prenda seriamente in considerazione il loro timore di non farcela e di passare da un peccato (l’adulterio) ad un peccato peggiore (l’adulterio + il tradimento anche della seconda relazione) . Il confessore accompagni la coppia fino a che la loro maturazione interiore consenta loro di compiere il passo richiesto dalla legge morale».  

La quinta proposizione attribuisce al Papa la affermazione che gli atti sessuali dei divorziati risposati fra loro possono essere buoni e graditi a Dio.  

«Qui probabilmente l’autore ha in mente un passo di AL dove il Papa dice che la “coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.” Il Papa non dice che Dio è contento del fatto che i divorziati risposati continuano ad avere rapporti sessuali fra loro. La coscienza riconosce di non essere in regola con la legge. La coscienza però sa anche di avere iniziato un cammino di conversione. Uno va ancora a letto con una donna che non è sua moglie ma ha smesso di drogarsi e di frequentare prostitute, si è trovato un lavoro e si prende cura dei suoi figli. Ha il diritto di pensare che Dio sia contento di lui, almeno in parte (san Tommaso direbbe: secundum quid). Dio non è contento dei peccati che continua a fare. È contento delle virtù che inizia a praticare e naturalmente si aspetta che faccia domani degli altri passi in avanti».  

Può fare un altro esempio di questa situazione? 

«Immaginate un padre che ha un figlio malato e il bambino migliora. Ha ancora la febbre ma ha smesso di vomitare, riesce a trattenere nello stomaco quello che mangia, ha iniziato una terapia che sembra funzionare. Il padre è contento. È contento del fatto che il figlio è malato? No, è contento del fatto che il figlio dà sintomi di miglioramento e di guarigione. Pensate per un attimo alla vedova del Vangelo che offre al tesoro del Tempio due piccole monete di rame. Gesù commenta: questa donna ha dato molto di più che non i ricchi ed i potenti che pure hanno versato tonnellate di monete di oro e di argento. Quelli hanno dato del loro superfluo, lei ha dato tutto quello che aveva. Allo stesso modo Dio forse si rallegra di più per un passo incerto verso il bene fatto da uno che è nato in una famiglia divisa, è stato battezzato ma mai veramente evangelizzato, non ha avuto mai davanti agli occhi un esempio di amore vero fra un uomo ed una donna, è cresciuto dentro l’ideologia dominante per la quale il sesso è reale e l’amore invece non esiste che non per la perfetta osservanza della legge da parte di uno che ha avuto buoni genitori, buoni esempi, buoni maestri, un buon parroco e (forse più importante di tutto) una buona moglie».  

Veniamo alla sesta censura, che fa dire al Papa: non esistono atti intrinsecamente cattivi ma che, a secondo delle circostanze, ogni atto umano può essere buono o cattivo.  

«Qui si vuole appiattire il Papa sulla cosiddetta “etica della situazione”. Ancora una volta Amoris laetitia dice un’altra cosa, assolutamente tradizionale, che abbiamo studiato tutti da bambini nel catechismo della Chiesa cattolica, non solo in quello nuovo di san Giovanni Paolo II ma anche in quello vecchio di san Pio X. Per avere un peccato mortale sono necessarie tre condizioni: la materia grave (l’adulterio è sempre e senza eccezioni materia grave di peccato) , la piena avvertenza (devo sapere che quello che sto facendo è male) ed il deliberato consenso (devo scegliere liberamente di fare quello che sto facendo). Se manca la piena avvertenza ed il deliberato consenso un peccato può diventare da mortale veniale. L’azione è sempre sbagliata ma il soggetto che la compie non sempre ne porta l’intera responsabilità. È come nel diritto penale: l’omicidio è sempre un reato grave. La pena però può essere molto diversa: tu guidi rispettando tutte le regole e un ubriaco si getta sotto le ruote della tua macchina. Forse verrai assolto o te la caverai con una piccola pena. Tu non rispetti le regole del codice, guidi da ubriaco e uccidi un poveraccio che passava di lì. Avrai una condanna severa. Usi la macchina come un’arma per uccidere una persona che odi. Ti meriti l’ergastolo». 

Nella settima e ultima “correzione filialeˮ del documento si accusa il Papa di voler dare la comunione ai divorziati risposati che «non abbiano la contrizione per il loro stato di vita ed il fermo proposito di emendarsi».  

«Il Papa vuole accompagnare i divorziati che hanno la contrizione per il loro stato di vita ed il fermo proposito di emendarsi. Non dice che bisogna dare loro la comunione sempre e comunque. Dice però che bisogna accompagnarli nella situazione concreta in cui si trovano e valutare anche il loro livello di responsabilità soggettiva. Il punto di arrivo del cammino è (qualora la riconciliazione con il vero coniuge non sia possibile) la rinuncia ai rapporti sessuali. Nel cammino vi sono però molte tappe. Vi possono essere dei casi nei quali una persona può essere in grazia di Dio a causa delle attenuanti soggettive (mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso) anche se continua ad avere dei rapporti sessuali con il proprio partner. Pensate ad una donna che vorrebbe fare questa scelta di castità ma l’uomo non vuole e se lei gliela imponesse si sentirebbe tradito e se ne andrebbe distruggendo il legame d’amore in cui crescono i figli. Chi rifiuterebbe le attenuanti soggettive ad una donna che continui ad avere rapporti sessuali con il suo uomo mentre d’altro canto persevera nel suo tentativo di convincerlo a compiere una scelta di castità? Nella disciplina canonica che non ammette i divorziati risposati ai sacramenti bisogna distinguere due elementi o, se volete, due diverse ragioni. La prima è una ragione che deriva dalla teologia morale. L’adulterio è intrinsecamente cattivo e non può mai essere giustificato. Questo però non impedisce che la persona possa essere non interamente responsabile per quella trasgressione a causa di circostanze attenuanti soggettive. Esiste una impossibilità assoluta di dare la comunione a chi sia in peccato mortale (e questa regola è di diritto Divino e quindi inderogabile) ma se, a causa della mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, non vi sia peccato mortale, la comunione si può dare, dal punto di vista della teologia morale, anche ad un divorziato risposato. Esiste poi un’altra proibizione, non morale ma giuridica. La convivenza extra/matrimoniale contraddice chiaramente la legge di Dio e genera scandalo. Per proteggere la fede del popolo e rafforzare la coscienza della indissolubilità del matrimonio la legittima autorità può decidere di non dare la comunione ai divorziati risposati anche nel caso in cui non siano in peccato mortale. Questa regola però è di diritto umano e la legittima autorità può consentire delle deroghe per giusta ragione».  

Le sembra che i firmatari della  correctio tengano conto delle possibili circostanze attenuanti? 

«Se confrontiamo questo ultimo documento con quelli precedenti non è difficile vedere le tracce di un certo imbarazzo. I documenti precedenti ignoravano completamente la problematica relativa alle circostanze attenuanti. Adesso cercano di tenerne conto. Per fare questo devono far finta di non capire quello che il Papa ha detto veramente. Una conseguenza ancora più importante è che, adesso, se si tirano le conseguenze logiche delle loro affermazioni, anche i critici ammettono che in alcuni casi i divorziati risposati possono essere esenti da colpa grave a causa delle attenuanti soggettive e quindi possono ricevere la comunione. Questo è però, fin dall’inizio, il vero oggetto del contendere». 

L’obiettivo della critica, secondo lei, sono soltanto alcune affermazioni dell’attuale Pontefice o è in questione, più in generale, il magistero degli ultimi Papi e in fondo della Chiesa post-conciliare? 

«Non conosco tutti i firmatari della correctio. Di quelli che conosco io, alcuni sono lefebvriani. Erano contro il Concilio, contro Paolo VI, contro Giovanni Paolo II, contro Benedetto XVI e adesso sono contro Papa Francesco. Altri sono vicini al movimento Tradição, Familia, Propriedade, che ha sostenuto a suo tempo il regime militare in Brasile. Qualcuno afferma pubblicamente che la deviazione della Chiesa inizia con Leone XIII e la enciclica Au milieu des sollicitudes con cui Leone XIII ha tradito l’alleanza del trono e dell’altare e ha rinunciato al principio del diritto divino dei re… Si cerca di isolare Papa Francesco opponendolo ai suoi predecessori ma questi suoi avversari sono anche gli avversari dei suoi predecessori. Non vedo fra i firmatari molti cardinali (anzi, non ne vedo nessuno), non vedo molti vescovi (uno solo, novantaquattrenne), non vedo molti professori ordinari di teologia o di filosofia (c’è però Antonio Livi, che io stimo molto). 

Non c’è dubbio che il documento abbia avuto una grande eco mediatica… 

«Vedo una campagna d’opinione molto bene orchestrata per dare l’impressione di una rivolta degli “esperti”, così esperti che possono permettersi di dare lezioni al Papa. Chiaramente non è così. Mi si consenta infine di esprimere una preoccupazione. Ho l’impressione che alcuni pensino che la Chiesa esista per difendere una Tradizione che la precede, che si oppone ad ogni cambiamento storico e che non è la Tradizione cristiana. I saggi, che sono i depositari di questa Tradizione increata ed eterna, hanno il diritto di giudicare anche la Chiesa, qualora essa venga meno al suo compito di combattere la modernità. Un pensiero di questo tipo si è presentato con forza nella “Action Françaiseˮ ed è stato condannato da Pio XI. Seguendo un pensiero di questo tipo René Guenon passò a suo tempo dal cattolicesimo all’islam, convinto che esso offrisse una difesa più efficace della Tradizione contro la modernità…». 

di Andrea Tornielli – Vatican Insider