La lettera a un atleta scritta dal Papa in vista dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020.

Carissimo atleta,

quando la fiaccola, partita da Olimpia, accenderà il braciere, sarà come avvertire l’eco di una voce amica: “Eccoci, finalmente: ti aspettavo, mi aspettavi. Ci aspettavamo”.

Il fuoco, portato dai tedofori come fossero antichi messaggeri, arderà per tutta la durata dei Giochi Olimpici. Quando penso allo sport, mi piace moltissimo l’immagine del fuoco: è brillante, pulito, assomiglia a ciò che abbaglia. Quando, poi, diventa fiamma, non fa più fumo: è misterioso, brillante. È il fuoco sacro della passione, quella che riscalda senza consumare. Come accadde a Mosè: «Il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava» (Es 3, 2).

Collego la passione all’esaltazione per qualcosa di immenso, ma anche al dolore faticoso della sofferenza. La medesima passione che, da un’anonima palestra di città, della tua città, ti ha condotto fino a qui, ad un passo dal grande sogno. Provo ad immaginarmi i tuoi mesi di attesa, di preparazione. Per qualcuno si è trattato di anni: di anonimato, di solitudine, di progettazione. Tu, il tuo allenatore e quella voce che, da dentro, adesso è lì a bisbigliarti: “Eccola la tua grande occasione: giocatela fino in fondo, accendila!” Non giocarla potrebbe significare, un giorno, fare i conti con il rimpianto: uno dei peggiori, poi, non è quello di non avere mai avuto un’occasione, ma di averla avuta e di non essere stato capace di coglierla. L’Olimpiade è la tua grande occasione sportiva.

Le Olimpiadi sono l’appuntamento supremo per la migliore gioventù dello sport: non ne esiste uno di più alto per un atleta. È una delle idee più belle mai partorite dalla fantasia dell’uomo, la prova decisiva delle tue capacità fisiche. Lì, nell’attimo massimo della prestazione, c’è il mondo intero a guardarti, seduto sugli spalti o davanti alla tv. Tu stesso guardi il mondo. Come per dirgli: “Ci sono, io valgo, la mia nazione è fiera di me!”

L’Olimpiade dura poco più che un istante: per qualcuno addirittura meno di dieci secondi. Per altri qualche ora, altri ancora inseguono l’oro durante una serie di giornate, di esercizi, di sfide. Per tutti, però, nell’esercizio di una disciplina è contenuta anche una sorta di presentazione: “Questo sono io, sono arrivato qui, è il mio massimo”.

Quando vi osservo, con una certa ammirazione per quello che riuscite a fare, penso che lo sport più che costruire una personalità, la riveli. Arrivate alle Olimpiadi ciascuno con la propria storia, la propria strada, i propri incontri: è il vostro tutto umano, prima che atletico. E, nella vostra unicità, dite chi siete, da dove arrivate, fino a dove siete riusciti a spingervi. Ecco perché potrai anche accettare la sconfitta, ma sono convinto che non accetteresti mai, da te stesso, di rinunciare a provarci. È una delle leggi più preziose dell’età della giovinezza: ogni ora perduta oggi è un pezzo d’infelicità domani.

Sogna, dunque: esplora, migliora il tuo limite, sfida l’avversario. Fallo con stile, però, senza perdere il senso della misura, offrendo il meglio del tuo cuore prima ancora del tuo fisico.

Senza scorciatoie: meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca!

E mentre t’impegni, non scordarti l’amore per quello che fai, a prescindere dal risultato: è forte il rischio, rincorrendo una medaglia a tutti i costi, di imboccare una scorciatoia, di tradire la fiducia ricevuta. Per qualcuno, nonostante tutto l’impegno, magari non arriverà nessuna medaglia: tanti parleranno di sconfitta, addirittura di disfatta.

Eppure, se ci pensi, anche dentro la sconfitta è nascosta una vittoria: è tutta la strada che hai percorso per arrivare qui, le cose imparate e quelle sofferte, il bello e il “brutto” dell’accettare una sfida. Non gettarla via: osservala, ascoltala. Ci sono imprese nate esattamente lì, dove tutti vedevano la fine dell’atleta.

Nella mia vita ho scoperto che dentro una sconfitta sono nascosti anche degli spunti di meditazione: se accetterai di rompere il guscio, la mandorla che trovi ha sapore.

La vittoria ad ogni costo, invece, può trasformarsi in arroganza, illudendoti che, siccome sei giunto lì, tutto ti sia consentito. Non è così! Lo sport è impegno, sacrificio: prima ancora è lealtà. Allearsi con il doping non è solo imbrogliare il tuo avversario, è calpestare la tua stessa dignità. È rubare a Dio la fiamma divina. Una medaglia conquistata così oggi, che valore potrà avere domani?

«La vita è un’opportunità, coglila — scrisse santa Teresa di Calcutta — La vita è una sfida, affrontala». Afferrala: il talento, quando incrocia un’opportunità, diventa d’oro, d’argento, di bronzo…

Al mondo, disturbato da mille disgrazie, con il tuo gesto sportivo è come se donassi un annuncio di bellezza: “C’è un’isola di opportunità, nel mezzo di un mare di difficoltà”.

La tua non è una chiamata alle armi. È molto di più: mostrare che in guerra si uccide senza mai vincere, mentre nello sport si vince senza mai uccidere. Giocando così, potrai anche perdere ma avrai lasciato il mondo (non solo quello dello sport) un po’ più bello di come lo avevi trovato.

A te, che porti addosso la forza dei sogni e dell’impossibile, affido la mia speranza: che nessun giovane accetti che altri firmino la vita al posto suo.

È la speranza che san Paolo, grandissimo lottatore, ha confidato all’amico Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2Tim 4, 7). Giocati l’opportunità, spenditi fino in fondo, conserva la tua passione. E quando qualcuno ti dirà “Basta, rinuncia!”, tu provaci una volta ancora: resisti un istante in più. Potrebbe essere quello decisivo: ci sono attimi che, da soli, valgono tutto l’oro del mondo.

La vita è il più grande di questi attimi.

Ti accompagno con la mia preghiera: che tu possa diventare il meglio che conservi nel cuore. Tu, se puoi, ricordati di me: perché riesca a fare altrettanto.

Papa Francesco

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