2 Febbraio – La Candelora

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immagine della presentazione al Tempio di GesùFesta non di precetto, la Candelora in passato era comunque sentita come una ricorrenza di rilievo, soprattutto nelle campagne, dove le chiese, nelle albe fredde del febbraio incipiente, cuore dell’inverno, nella neve o nella nebbia, ovvero con un sole ancora senza calore, vedevano radunarsi non una grande, ma una nutrita folla, per la messa d’una festa considerata della Vergine: la Purificazione.
Una festa divenuta quasi intima e rimasta antica, solennizzata da un particolare genere di persone attaccate alla ritualità, alla tradizione, alla terra. Per di più festa misteriosa, con ascendenze arcaiche e collegamenti a sfuggenti realtà naturali.

Dopo la processione, col rito delle candele, la breve sosta sul sagrato e la via del ritorno a casa erano occupate dalle previsioni del tempo: quanto sarebbe durato ancora il freddo, essendo la Candelora un cardine per la meteorologia.
In realtà questa festa è complessa anche nei fatti che ricorda: la Purificazione della Vergine, – come era comunemente intesa – la presentazione di Gesù al Tempio, l’incontro di Cristo col Santo Vecchio Simeone, che lo benedice e profetizza:

Ora lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace,
poiché i miei occhi hanno visto il Salvatore che hai mandato,
che tu hai mostrato di fronte a tutti le genti;
luce per illuminare le nazioni e gloria del tuo popolo, Israele.
Ecco che questi è posto quale rovina e salvezza
di molti in Israele e come segno di contraddizione.

Quindi, rivolto alla Madonna:

Anche l’anima tua sarà trapassata da una spada
Affinché siano svelati i pensieri di molti cuori.

[ads2]L’Oriente, dove probabilmente la festa del 2 febbraio ha preso avvio, ha messo l’accento proprio su quest’ultimo fatto, tanto che nella chiesa orientale si chiama appunto Hypapanté, «incontro», sottolineando l’importanza del riconoscimento da parte di Simeone di Cristo come Salvatore del mondo. E così era anche in Occidente nei primi secoli nei quali fu celebrata la festa.

L’altro fatto, invece, riguarda la Presentazione di Cristo al Tempio, atto rituale, anche questo di grande valore. Inizialmente, dopo il ritorno dall’Egitto, la legge mosaica prevedeva che tutti i primogeniti venissero considerati offerti a Dio e quindi adibiti al suo servizio. Quando le cure del culto furono affidate alla tribù di Levi, dopo l’offerta, per le mani del sacerdote, i primogeniti potevano essere riscattati col pagamento di cinque sicli d’argento.
Quindi Cristo, sottomesso alla legge mediante la Circoncisione, riscattato nella Presentazione, offre il suo sangue di giusto e di libero per l’umana redenzione.

La purificazione nell’antica tradizione
La purificazione della madre avveniva nella stessa occasione. La visione antica delle cose vedeva la donna dopo il parto come impura. Sia nel mondo ebraico che in quello cristiano essa non poteva per 40 giorni accedere al tempio, toccare cose sacre, finché accolta ritualmente nel luogo sacro, essa non fosse purificata. L’adempienza alla legge prevedeva che la Madonna, come fece, si recasse al tempio recando un paio di tortore o di colombe: l’offerta dei poveri.

Anche perché la Candelora cade 40 giorni dopo il Natale, non meraviglia che quest’ultimo sia stato l’aspetto più considerato della ricorrenza, nel nome e nel significato, facendo una festa della Vergine di un giorno in cui Gesù è al centro della celebrazione. D’altra parte il popolo viveva nella nuova veste cristiana antichi riti dimenticati o cancellati del paganesimo, riti di fecondità e di propiziazione, che andavano d’accordo col concetto di purificazione. Concetto che però, come dice il liturgista Rigetti, soprattutto col passare del tempo, si trovava sempre più in contrasto con la visione cristiana, rimanendo strettamente legato a una visione pagana ed ebraica. Per questo, insieme al rito legato alla purificazione vera e propria, nel nuovo Messale, nel 1965 l’intitolazione De purificatione S. Mariae è stata abolita e si chiama ora Presentazione del Signore.

Sia pure giusto nella sostanza, tutto questo rivela una certa frettolosità e un’eccessiva sicurezza nel tagliare quelli che sembrano rami secchi del passato. Le tradizioni contengono spesso condensati millenari di sapienza che vanno oltre la nostra cultura, fatta spesso sui manuali. La Purificazione della Vergine, ad esempio, insieme al rito della benedizione della puerpera, metteva in evidenza ritualmente un momento delicato della vita della donna: il parto, che per il sangue versato, il dolore, lo sforzo costituisce un trauma fisico e psichico grave, con il periodo successivo, altrettanto delicato, in cui si procede al superamento e al riassorbimento di tale trauma, cosa che non sempre va a buon fine, tanto che sono sempre più frequenti esaurimenti e depressioni da parto, con conseguenze talvolta tragiche. Se certe forme risultano superate, è meglio forse sostituirle che cancellarle completamente.

Il ciclo liturgico ripercorre nell’anno tutta la vicenda della Salvezza insieme a quella umana, cosmica e naturale: currens per anni circulum. Nel rito e nel mito sono sempre presenti i piani diversi della natura e dello spirito e quindi accanto allo splendore trascendente del Natale si era posta questa icona a ricordarne anche la sua dimensione naturale, perché fu vero parto.

Vicende storiche
La solennità si trova celebrata a Gerusalemme nel IV secolo. La testimonianza di una pellegrina Egeria ci dice che veniva celebrata il quarantesimo giorno dopo l’Epifania, ma quando la data del Natale fu universale, cadde più precisamente quaranta giorni dopo questo giorno, il 2 febbraio. La diffusione di questa festa trovò universale sanzione con Giustiniano che nell’anno 542, al fine di scongiurare una pestilenza, ne prescrisse la celebrazione nell’Impero dichiarandone festivo il giorno.

Verso la metà del secolo VII la festa si affermò in Occidente, con Papa Sergio I. Roma le dette il nome di San Simeone, ponendo l’accento sull’incontro di Gesù col profeta, la sua nuova epifania nel mondo; ma l’accento si spostò sempre più sulla Vergine, tanto che venne chiamata Purificatio Sanctae Mariae.

Allo stesso modo, progressivamente, la festa assume un carattere penitenziale e questo avviene per il condizionamento dell’ambiente in viene a radicarsi.

Gli antichi sedimenti pagani
Non si deve pensare che con l’Editto di Costantino il paganesimo e la sua religione siano scomparsi miracolosamente. Certe realtà, che vengono ad essere forme di pensiero, di vita, modi di essere, richiedono parecchi secoli per mutare o scomparire e le religioni sopravvivono in certe manifestazioni anche millenni dopo la loro fine.
A Roma la festa si trovò a cadere nel periodo della celebrazione di altre feste pagane, di natura agricola, come erano in genere le feste di una civiltà di questo genere, qual’era quella romana. Il Venerabile Beda riferisce che Papa Sergio I, istituendo la più antica processione penitenziale romana, intese contrapporre un rito cristiano e popolare alle fiaccolate notturne che facevano i pagani nella solennità dei Lupercali. Questa festa di purificazione e di fecondità dedicata al dio Fauno, protettore dei greggi, era celebrata a Roma il 15 di febbraio e lo fu ufficialmente fino al V secolo. Prevedeva una processione notturna a lume di fiaccole e per il suo carattere propiziatorio della fecondità dava luogo a sfrenatezze e a eccessi, ai quali avrebbe dovuto riparare la processione che partiva dalla chiesetta di Sant’Adriano al Foro e arrivava a Santa Maria Maggiore.

È possibile che invece il termine di riferimento sia stata l’altra festa pagana: l’Amburbale. Comunque sia stato troppi elementi rivelano la contaminazione tra i due riti. La Chiesa era disposta a lasciare che qualcosa del passato s’insinuasse nel nuovo rito, consacrandolo nella sua visione trascendente; al tempo stesso la gente, soprattutto quella semplice, proseguiva nella nuova religione una parte del vecchio spirito del culto, che in questo caso era quello naturale legato alla fecondità.

La processione e le candele
In questo senso s’inserisce nella festa la processione notturna, caratteristica sia dei Lupercali che dell’Amburbale e quindi l’uso delle candele.

Non è da pensare che si tratti di forme trapiantate da un culto all’altro, ma di una tensione spirituale e psicologica che fa ritrovare sotto nuove forme riti perennemente richiamati dalla realtà naturale: dal ciclo astronomico e da quello naturale, che la religione pone in sintonia con quello dello spirito.

Le tradizioni popolari ancora esistenti, in questo periodo (dall’Epifania fino e ben oltre il Carnevale) pullulano di cortei, giochi, riti durante i quali si accendono i fuochi notturni. È il sentimento collettivo che spinge a identificarsi nel ciclo cosmico, al pari del sole che, debole fiaccola, cerca la sua via nelle brume invernali, al seme che trova la strada nelle tenebre delle zolle, alla Parola che feconda il cuore dell’uomo per esplodere turgida nella vegetazione e resurrezione della Pasqua. In questa prospettiva anche la vicenda umana di Cristo trova nella Presentazione al Tempio il momento del suo radicamento nel mondo, il Salvatore che si mostra per la prima volta alle genti, come il sole che aumenta la sua luce nel cielo, il seme che cresce nella terra, e si pone proprio come luce: Lumen ad revelationem gentium.

L’altro elemento caratteristico della festa è la benedizione delle candele, per cui è detta anche festa della Candelora, introdotta dal clero franco germanico nei secoli IX – X. La liturgia ne prevede altre due solenni in occasione delle Ceneri e della Domenica delle Palme. I simboli impliciti nella figura che porta nel buio una luce sono infiniti e ancor più si potenziano se si avrà l’accortezza di tenere sempre presenti i diversi piani dell’essere che abbiamo indicato.

Il fuoco è segno di forza interna, quindi fecondità e di purificazione: così era sentito e attivato nei riti pagani. Nel cristianesimo si è ancor più purificato nella Luce, identificandosi nello spirito e nella Parola di salvezza.

Usi e storielle
Si vuole che per la Candelora l’orso si affacci alla sua tana e, se vede che vi sono le ombre (prodotte dal sole perché è bel tempo) torna nella spelonca a dormire in quanto sa che l’inverno non è ancora finito. Dice il proverbio:

Di Candelora / l’orso esce fuora: / per un momento / e se vede l’ombra torna dentro.

Si vuole inoltre che tutte le galline valide in questo giorno ritornino a fare le uova, anche quelle più svogliate: Per la Candelora torna l’uovo nel covo della gallina. In gennaio e febbraio le galline ricominciano a fare le uova nell’intento di preparare le nuove covate con le uova che si schiudono verso primavera.

Si crede che le candele benedette in questo giorno abbiano il potere, se accese davanti alla finestra, d’allontanare le tempeste, le grandinate, le forze malefiche, ma solo se sono state ricevute dalla stessa persona, in chiesa e dal sacerdote.

Si dice che il giorno della Candelora gli uccelli cominciano a fare il loro nido.

Per dire che tutte le previsioni sono fallaci e che ognuno misura le cose secondo il proprio metro, esiste una storiella.
Si racconta che all’inizio dei tempi avvenne questo dialogo in campagna e da allora l’inverno arriva quando vuole e se ne va quando ha fatto.

Disse il villano alla Candelora:
–Acqua o neve venga giù,
che l’inverno non c’è più.

Disse allora il bove: – Che nevichi o che piova, l’inverno se ne va quando l’erba è sulla proda.

Disse il vecchio infreddolito:
L’inverno non se ne va prima di San Vito.

Disse la vecchia col caldano: – L’inverno starà
finché la foglia di fico come un palmo sarà.

Si voltò l’asino e disse: – Non viene il caldo
finché tra le stoppie non spunta il cardo.

Rispose la strega: – È cosa sicura
che l’inverno arriva quando arriva
e dura fin che dura.

Modi di dire proverbiali
Per quanto si è detto si può capire come mai la Candelora sia divenuta uno dei giorni cardine per i pronostici meteorologici. Chiamato con diversi nomi dialettali (nella Romagna e in una vasta area intorno la Candelora è chiamata Candelora, Ceriola o Žariôla), questo giorno, alloggiato al centro del periodo freddo è guardato da tutti con la speranza che il gelo sia finito.

Per la santa Candelora
se tempesta o se gragnola
dell’inverno siamo fora;
ma se è sole o solicello
siamo solo a mezzo inverno.

È il proverbio universalmente noto. Per la Candelora se il tempo è cattivo l’inverno può dirsi finito, ma se fa bello è ancora a metà. In italiano il proverbio ha infinite varianti.

Sole micante
Virgine purificante
magis frigor quam ante
(oppure: nix erit maior quam ante).

Se il sole splende il giorno della Purificazione della Vergine il freddo sarà maggiore di quello che è passato (oppure: la neve sarà più di quella che è venuta).

Delle cere la giornata
ti dimostra la vernata,
se vedrai pioggia minuta
la vernata fia compiuta,
ma se vedi sole chiaro
marzo fia come gennaro.

Il giorno della Candelora (cere perché di cera è la candela) ti mostra a che punto è l’inverno: se vedi piovere leggermente l’inverno è finito, ma se vedi che fa bel tempo marzo sarà freddo come gennaio.

Per la Candelora
l’inverno fugge o si rincuora.

L’inverno o se ne va o riprende forza.

Se per la Candelora il tempo è bello
molto più vino avremo che vinello.

Se fa bel tempo per la Candelora ci sarà vino buono, piuttosto che vino di bassa gradazione.

Per la Candelaia
è un freddo che s’abbaia.

Pur ammirando chi vede già la primavera in questi giorni, non è da disprezzare neppure questo crudo realismo.

La Candelora è il cuore dell’inverno.

La Candelora è il punto decisivo e centrale dell’inverno, il periodo che comanda lo smorzarsi del freddo oppure l’accanirsi della cattiva stagione e del gelo.

Alla Candelora
metà paglia e metà fieno.

Collocandosi a metà del periodo invernale la Candelora è il momento nel quale si misurano la provviste del periodo freddo: per le bestie della stalla devono essere rimaste la metà della paglia e la metà del fieno.

Per la Candelora un’ora intera:
mezza la mattina e mezza la sera.

Il 2 di febbraio le giornate sono allungate rispetto al solstizio d’inverno di circa un’ora: mezzora la mattina e altrettanto la sera.

Articolo a cura di Carlo Lapucci per Toscana Oggi