Papa Francesco: Preghiera – Respirare la vita ogni giorno

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«La preghiera è un’arma potente. Una vittoria sulla solitudine».Franciscus

Gli antichi dicevano che pregare è respirare.
L’anima che non prega avvizzisce e muore. Che cos’è la preghiera? Per chi dobbiamo pregare? E perché? E poi, come?

In questo ricco breviario spirituale, papa Francesco racconta la sua esperienza di dialogo con il Creatore, invitandoci a dare del Tu a Dio, a chiamarlo papà, a gettare in Lui ogni angoscia e preoccupazione.
Un piccolo libro, che può diventare un prezioso compagno di viaggio, grazie anche alla raccolta di oltre 100 preghiere a cui attingere parole per ogni tempo e ogni occasione: per l’affidamento e la richiesta di protezione, per il coniuge e i figli, per una guarigione fisica o spirituale, per il lavoro, per la salvezza dell’anima, per un lutto, per le grandi feste liturgiche dell’anno.

Un vademecum per imparare a stare in compagnia dell’Altissimo, perché come ci assicura Francesco: «Pregare è lasciarsi meravigliare da Dio, e non ripetere a pappagallo!».

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Leggi un estratto del libro

Che cosa è la preghiera?

La preghiera è il respiro dell’anima:
è importante trovare dei momenti nella giornata per aprire il cuore a Dio.

Angelus, 14 dicembre 2014

Una vittoria sulla solitudine

Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione. È come vedere ogni frammento del creato che brulica nel torpore di una storia di cui a volte non afferriamo il perché. Ma è in movimento, è in cammino, e che cosa c’è alla fine della nostra strada? Alla fine della preghiera, alla fine di un tempo in cui stiamo pregando, alla fine della vita: cosa c’è? C’è un Padre che aspetta tutto e aspetta tutti con le braccia spalancate. Guardiamo questo Padre.

Discorso, 9 gennaio 2019

Un’arma potente

La preghiera non è una buona pratica per mettersi un po’ di pace nel cuore e nemmeno un mezzo devoto per ottenere da Dio quel che ci serve. Se fosse così, sarebbe mossa da un sottile egoismo: io prego per star bene, come se prendessi un’aspirina. No, non è così.

La preghiera è un’altra cosa: è un’opera di misericordia spirituale, che vuole portare tutto al cuore di Dio; è dire: «Prendi Tu, che sei Padre. Guardaci Tu, che sei Padre». È questo rapporto con il Signore. La preghiera è un dono di fede e di amore, un’intercessione di cui c’è bisogno come del pane. In una parola, significa affidare: affidare la Chiesa, affidare le persone, affidare le situazioni al Padre, perché se ne prenda cura.

Per questo la preghiera, come amava dire Padre Pio, è «la migliore arma che abbiamo, una chiave che apre il cuore di Dio». Una chiave che apre il cuore di Dio: è una chiave facile. Il cuore di Dio non è “blindato” con tanti mezzi di sicurezza. Tu puoi aprirlo con una chiave comune, con la preghiera. Perché ha un cuore d’amore, un cuore di padre. È la più grande forza della Chiesa, che non dobbiamo mai lasciare, perché la Chiesa porta frutto se fa come la Madonna e gli Apostoli, che erano «perseveranti e concordi nella preghiera» (At 1, 14), quando aspettavano lo Spirito Santo. Perseveranti e concordi nella preghiera. Altrimenti si rischia di appoggiarsi altrove: sui mezzi, sui soldi, sul potere; poi l’evangelizzazione svanisce, la gioia si spegne e il cuore diventa noioso.

Vi incoraggio perché i gruppi di preghiera siano delle “centrali di misericordia”: centrali sempre aperte e attive, che con la potenza umile della preghiera provvedano la luce di Dio al mondo e l’energia dell’amore alla Chiesa.

Padre Pio, che si definiva solo «un povero frate che prega», scrisse che la preghiera è «il più alto apostolato che un’anima possa esercitare nella Chiesa di Dio» (Epistolario II, 70).

Discorso, 6 febbraio 2016

Un dialogo con Dio

La preghiera prende e richiede tempo. Infatti pregare è anche “negoziare” con Dio per ottenere quello che chiedo al Signore, ma soprattutto per conoscerlo meglio. Ne viene fuori una preghiera come da un amico a un altro amico.

Del resto la Bibbia dice che Mosè parlava al Signore faccia a faccia, come un amico. E così deve essere la preghiera: libera, insistente, con argomentazioni. Persino “rimproverando” un po’ il Signore: «Ma tu mi hai promesso questo e non l’hai fatto!». È come quando si parla con un amico: aprire il cuore a questa preghiera.

Omelia a Santa Marta, 3 aprile 2014

Non è una formula magica

Per pregare non c’è bisogno di far rumore né di credere che sia meglio spendere tante parole. Non ci si deve affidare al rumore della mondanità individuato da Gesù nel far suonare la tromba o in quel farsi vedere il giorno del digiuno. Per pregare non c’è bisogno del rumore della vanità: Gesù ha detto che questo è un comportamento proprio dei pagani.

La preghiera non va considerata come una formula magica: non si fa magia con la preghiera. Negli incontri con gli stregoni si spendono tante parole per ottenere ora la guarigione, ora qualcos’altro con l’aiuto della magia. Ma questo è pagano.

Come si deve pregare allora? È Gesù che ce lo ha insegnato: dice che il Padre che è in cielo sa di quali cose avete bisogno, prima ancora che glielo chiediate. Dunque, la prima parola sia “Padre”. Questa è la chiave della preghiera. Senza dire, senza sentire questa parola, non si può pregare.

Chi prego? Il Dio Onnipotente? È troppo lontano. Questo non lo sento, Gesù neppure lo sentiva. Chi prego? Il Dio cosmico? Un po’ abituale in questi giorni, no? Questa modalità politeista arriva con una cultura superficiale.

Bisogna invece pregare il Padre, colui che ci ha generato. Ma non solo: bisogna pregare il Padre “nostro”, cioè non il Padre di un generico e troppo anonimo “tutti”, ma colui che ti ha generato, che ti ha dato la vita, a te, a me, come persona singola.

È il Padre che ti accompagna nel tuo cammino, quello che conosce tutta la tua vita, tutta; quello che sa ciò che è buono e quello che non lo è. Conosce tutto. Ma non basta ancora: se non incominciamo la preghiera con questa parola non detta dalle labbra, ma detta dal cuore, non possiamo pregare come cristiani.

Omelia a Santa Marta, 20 giugno 2013

Preghiera e memoria

La preghiera, proprio perché si nutre del dono di Dio che si riversa nella nostra vita, dovrebbe essere sempre ricca di memoria. La memoria delle opere di Dio è alla base dell’esperienza dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Se Dio ha voluto entrare nella storia, la preghiera è intessuta di ricordi. Non solo del ricordo della Parola rivelata, bensì anche della propria vita, della vita degli altri, di ciò che il Signore ha fatto nella sua Chiesa.

Gaudete et exsultate, 19 marzo 2018

Entrare nel mistero

Anche se forse preghiamo da tanti anni, dobbiamo sempre imparare! L’orazione dell’uomo, questo anelito che nasce in maniera così naturale dalla sua anima, è forse uno dei misteri più fitti dell’universo. E non sappiamo nemmeno se le preghiere che indirizziamo a Dio siano effettivamente quelle che Lui vuole sentirsi rivolgere. La Bibbia ci dà anche testimonianza di preghiere inopportune, che alla fine vengono respinte da Dio: basta ricordare la parabola del fariseo e del pubblicano. Solamente quest’ultimo, il pubblicano, torna a casa dal tempio giustificato, perché il fariseo era orgoglioso e gli piaceva che la gente lo vedesse pregare e faceva finta di pregare: il cuore era freddo. E dice Gesù: questo non è giustificato «perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (Lc 18, 14).

Il primo passo per pregare è essere umile, andare dal Padre e dire: «Guardami, sono peccatore, sono debole, sono cattivo», ognuno sa cosa dire. Ma si incomincia sempre con l’umiltà, e il Signore ascolta. La preghiera umile è ascoltata dal Signore.

Discorso, 5 dicembre 2018

Lotta e abbandono

Pregare non è rifugiarsi in un mondo ideale, non è evadere in una falsa quiete egoistica. Al contrario, pregare è lottare, e lasciare che anche lo Spirito Santo preghi in noi. È lo Spirito Santo che ci insegna a pregare, che ci guida nella preghiera, che ci fa pregare come figli. I santi sono uomini e donne che entrano fino in fondo nel mistero della preghiera. Uomini e donne che lottano con la preghiera, lasciando pregare e lottare in loro lo Spirito Santo; lottano fino alla fine, con tutte le loro forze, e vincono, ma non da soli: il Signore vince in loro e con loro.

Omelia, 16 ottobre 2016

Forza e debolezza

Qual è la forza dell’uomo? È quella stessa che ha testimoniato la vedova di cui parla il Vangelo, la quale bussa in continuazione alla porta del giudice. Bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori, e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. Questa è la forza dell’uomo, la preghiera, anche la preghiera dell’uomo umile, perché se mai in Dio ci fosse una debolezza, questa si manifesta proprio nei confronti della preghiera del suo popolo. Il Signore è debole soltanto in questo.

Dio ha una forza, quando lui vuole, che cambia tutto, lui è capace di modellare tutto di nuovo; ma ha anche una debolezza, la nostra preghiera, la vostra preghiera universale, vicina al Papa in San Pietro.

Omelia a Santa Marta, 16 novembre 2013

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