Luca Miele – Il Vangelo secondo Jack Kerouac

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A oltre 50 anni dalla morte di Jack Kerouac, il senso della sua opera – tormentata e magmatica – rimane ancora in parte inesplorato. Luca Miele setaccia la poetica dell’autore di On The Road, rintracciando le apparizioni che essa ospita, le estasi che la accendono, la solitudine che la tormenta, le cadute che la trafiggono, l’inquietudine religiosa, l’ansia, la lotta e l’affidamento a Dio.

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Torturato e beat(o). Buddha reincarnato negli abiti di novello Shakespeare. Mistico pazzo cristiano. Selvaggio e confuso viandante, perso sulla strada americana. Folle di vita, ossessionato dalla morte.

Cantore dalla verità, trafitto dalla sua disillusione. Alla ricerca disperata del volto di Dio – che incontra, vede, descrive, deforma, ama e accusa, bestemmia e prega –, orfano alla mercé del diavolo. Jack Kerouac continua a essere elusivo, sfuggente. Chi voglia inseguire l’autore di On The road (Sulla strada), imprigionarne il volto in una narrazione lineare, si condanna a una cocente sconfitta. Come nelle sue opere, spesso incentrate su rapporti gemellari – due sono i vagabondi di Sulla strada, due I vagabondi del Dharma, due i fratelli di Visioni di Gerard – Kerouac non è mai uno: si sdoppia, si perde, si smarrisce, si smentisce, ritorna sui suoi passi, scava passaggi paralleli, apre piste eccentriche. Tutta la sua vita e la sua opera sono una potente, drammatica, smentita del principio d’identità. «Non avevo niente da offrire tranne la mia confusione», scrive.

Una sfida duplice sorregge e danna la sua opera: a Dio, chiamato a svelarsi, e alla parola, convocata a raccogliere tale rivelazione. È il nodo tragico che stringe l’intera esperienza umana e artistica di Jack Kerouac: la battaglia con e contro la parola, la sua incapacità di scrivere Dio. È il nucleo incandescente che abita ogni esperienza mistica, quell’impossibilità che sperimenta la vertiginosa prossimità tra parola e silenzio, il continuo sporgersi e inabissarsi dell’una nell’altra.

Perché Kerouac è stato un mistico – come ha mostrato con grande acume da Antonio Spadaro – e come tale va annoverato tra i più importanti autori spirituali della seconda metà del XX secolo.

Soffocata dal mito della strada, tradita dalle mode che se ne sono appropriate, appiattita da letture troppo frettolose, la recezione della sua poetica ha finito per smarrire il filo più vivo che la percorre: l’inquietudine religiosa. Comunque la si legga, qualunque sia il valore letterario che le si attribuisca, comunque si giudichi la poetica beat e l’intrecciarsi in essa della «strada americana » della «strada buddhista» e della «strada cattolica», non si può non riconoscere una densità dell’opera dello scrittore americano: essa ospita apparizioni, apre a visioni, accoglie figure misteriose al limite dell’indecifrabilità, si accende di estasi, si dispone alla preghiera, trascrive percezioni mistiche, si nutre della consapevolezza che «la terra, le strade, le ombre della vita» sono tutte, indistintamente, «sacre». È insomma profondamente, intimamente religiosa.

  • Editore : Claudiana (26 novembre 2020)
  • Copertina flessibile : 128 pagine

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