Uomini liberi – Dieci pilastri del nostro tempo

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Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, presenta la serie di dieci volumi dedicati ai protagonisti del ’900, in allegato dal n. 35 di Famiglia Cristiana, in edicola dal 24 agosto.

La nuova collana di Famiglia Cristiana, in allegato a partire dal n. 35, in edicola da mercoledì 24 agosto per dieci numeri.

Piano dell’opera e maggiori informazioni:

È di testimoni credibili che ha bisogno la fede cristiana. A partire da quella mattina del primo giorno della settimana in cui alcune donne trovarono vuota la tomba dove era stato deposto Gesù di Nazaret, il loro Maestro e Signore, condannato alla morte infamante della croce, l’annuncio cristiano si è fondato e diffuso sulla credibilità di semplici uomini e donne, capaci di incarnare nella propria esistenza la convinzione che la vita è più forte della morte, che l’amore vince l’odio.

Questo bisogno di persone credibili non è tuttavia limitato alla fede cristiana: più in profondità ancora, è il bisogno proprio di ogni essere umano e dell’umanità nel suo insieme. Per credere, per aver fiducia nell’altro, per confidare nei nostri simili abbiamo bisogno di conoscere da vicino, quasi di toccare con mano, uomini e donne come noi, come noi abitati da limiti e difetti, come noi segnati dalla debolezza e dalla paura, come noi provati dalle sofferenze e tentati dalla disillusione, eppure capaci, nonostante tutto e sovente contro ogni evidenza, di mostrare la grandezza dell’essere umano; non “nonostante” la sua miseria, ma attraverso di essa, “grazie” alla sua piccolezza.

Del resto la fede stessa – proprio perché è un essere umano colui che crede – è anche un atto di libertà dell’uomo, un atto al quale si può essere educati attraverso una relazione, un rapporto vivo con l’altro, un dare e ricevere fiducia. In questo senso il credere è una necessità umana: non ci può essere autentica umanizzazione senza la fede/fiducia. Come sarebbe possibile, per noi esseri umani, vivere senza fidarsi di qualcuno? A differenza di altri animali, infatti, noi usciamo incompiuti dal grembo di nostra madre e per “venire al mondo”, per crescere come persone in relazione con gli altri dobbiamo mettere fiducia in qualcuno. Una fiducia che ci deve accompagnare durante tutta la nostra esistenza: persino nelle relazioni sociali e in quelle economiche dobbiamo fidarci, “fare credito”, cioè credere a qualcuno. Non esprime forse qualcosa di simile il concetto africano di “ubuntu” – una persona è tale grazie alle altre persone, la mia umanità è intrinsecamente legata a quella dell’altro – che ha guidato il popolo sudafricano nel suo percorso di ristabilimento della giustizia attraverso la verità e la riconciliazione?

Da qui l’ineludibile esigenza di testimoni affidabili, credibili dell’umanità, della grandezza dell’essere umano. E oggi forse più che mai, perché nella nostra società e nella nostra cultura l’atto umano del credere è entrato in crisi, sempre più contraddetto: abbiamo difficoltà a credere all’altro, siamo poco disposti a mettere fiducia negli altri, siamo incapaci a “credere insieme agli altri” in un obiettivo, un progetto che pur sentiamo buono in noi stessi… Oggi sembriamo divenuti incapaci a credere e forse, soprattutto, a credere nell’amore. Per questo abbiamo un autentico bisogno di persone abitate sì, sovente, da un credo religioso ma soprattutto capaci di dare e ricevere fiducia ai propri simili, di proclamare con parole e soprattutto con azioni i princìpi e i diritti fondamentali di ogni essere umano, le esigenze di una convivenza civile degna di tal nome.

Quelle presentate nell’iniziativa “Uomini liberi” sono figure che hanno segnato la cultura, le fede, la politica, le scienze del Novecento e che con la loro fiducia nelle potenzialità dell’uomo e con la pazienza e la mitezza dei forti han saputo non solo sperare contro ogni speranza, ma anche dare corpo alle attese di tanti, aprire nuovi orizzonti, sanare situazioni apparentemente impossibili. La loro capacità di discernere il debole e di piegarsi su di lui, il loro scrutare i segni dei tempi e i misteri della scienza, il loro interrogarsi sulle ingiustizie e le tragedie che sfigurano l’immagine di Dio deposta in ogni essere umano, il loro coraggio nel non tirarsi mai indietro di fronte alle sfide più dure li ha resi autenticamente “liberi”, capaci di far luce ad altri, di tenere il dito puntato verso un futuro migliore.

Alcuni di questi testimoni sono ancora tra noi, quasi come se aspettassero, prima di spegnersi, che qualcun altro riprenda in mano la loro fiaccola ancora accesa. Altri se ne sono andati sazi di giorni, con gli occhi colmi dei tesori che hanno scorto negli occhi dei loro simili e il cuore grato per la ricchezza dell’umanità nella quale hanno vissuto immersi. Vi è chi ha visto la propria vita stroncata da un brutale assassinio, ma possiamo credere che il loro più lancinante dolore in quel momento sia stato pensare che chi li uccideva sfigurava la sua stessa immagine d’uomo. Anche quanti di loro hanno patito nella propria carne l’amara e tragica esperienza del carcere, del campo di concentramento, della discriminazione razziale non hanno smesso di aver fiducia nella grandezza dell’uomo, nonostante tutto attorno a loro sembrasse indicare l’opposto. Chi poi si è chinato sugli ultimi, i reietti, gli intoccabili, i lebbrosi ha saputo scorgere proprio in quei corpi piagati lo splendore del cuore umano, capace di un amore più forte del dolore e della morte.

Tutti loro hanno affrontato sacrifici per affermare nel concreto quello in cui credevano e anche in questo lasciano una preziosa testimonianza a noi che viviamo in una stagione in cui la stessa parola “sacrificio” è messa al bando: rinuncia, sopportazione, pazienza, abnegazione non sono parole vuote, ma pilastri su cui fondare le più elevate aspirazioni dell’animo umano. Le parole di questi uomini e donne liberi non sono semplici parole: sono il distillato di gesti e di un’intera vita dedicata non “agli altri” in senso generico, ma a uomini, donne e bambini in carne e ossa. E, attraverso di loro, alla dignità dell’essere umano che è nell’altro, nel più piccolo dei figli dell’uomo, alla grandezza di questa creatura. Leggere i loro scritti, ripercorrere le loro vite significa riscoprire noi stessi e gli altri assieme a noi, sperimentare che la libertà non si mendica, la si esercita, anche a costo del sacrificio.