mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 17 Luglio 2022

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Le religioni senza Dio

Chiunque, laici, religiosi, preti e vescovi possono fabbricarsi una “religione” che utilizza le parole, i temi, il linguaggio della fede, ma da cui Dio è stato escluso. È quello che avviene a Marta nella pericope evangelica di oggi. Solitamente si usa questo testo per opporre “la vita attiva” alla “vita contemplativa”. Si può avere un’attività piena di Dio e una contemplazione attiva.

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C’è una religione senza Dio in cui le attività intraprese sono più importante di Dio stesso. A partire da questo, l’opera diventa un idolo. Qualche esempio: il programma della diocesi diventa la prima preoccupazione del Vescovo; la costruzione di una cappella a qualche santo o una sala per le riunioni occupa tutti i pensieri del parroco; anche il funzionamento dell’organizzazione del catechismo o delle attività pastorali. I laici possono trovare esempi nella loro vita, ma il più chiaro è quello del marito tutto dedito al lavoro, onestamente per il benessere della famiglia che si dimentica della famiglia stessa e di dire amore alla propria sposa.

Nello spirito di bene dei cristiani, il successo, la gloria, l’efficacia della Chiesa diventano più importanti di Dio stesso. Si possono organizzare anche le cose più sante, come la carità e l’accoglienza dei poveri, senza Dio, indipendentemente da Lui.

Marta e Maria. Ascoltiamo il vangelo di Luca confrontandolo con quello di Matteo 6,31-34: “Non preoccupatevi dicendo: cosa mangeremo? Di tutto questo si preoccupano i pagani. Il vostro Padre celeste sa tutto ciò di cui avete bisogno. Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Il testo di Matteo parla prima di tutto delle preoccupazioni della vita. Il testo di Luca ci presenta invece Marta che si preoccupa per servir bene Cristo, suo ospite. Matteo mette in rapporto il pagano col credente, mentre Luca sottolinea la differenza tra due atteggiamenti del credente. Il punto comune è l’inquietudine. Dove c’è la preoccupazione, Dio è assente. Preoccuparsi per il servizio di Dio è come inquietarci per la nostra sopravvivenza. La fede preoccupata è una contraddizione in se stessa. Nel testo di Matteo c’è la opposizione tra “inquietarsi” e “cercare”. Cercare senza inquietudine: ecco il segreto, sia che si tratti del pane, del vestito o del Regno. La fede bandisce la paura.

Che cerca Maria? Nel nostro testo Maria non cerca niente: ha “scelto”. O meglio, dopo aver cercato ha trovato. Ciò che ha scelto è “ascoltare la Parola”, cioè la fede. Gesù è divenuto per lei più importante di tutto, ma anche di tutte le cose che potrà fare per Lui. Nel contesto del pranzo “una sola cosa è necessaria” può voler dire in un primo momento “accontentati di un solo piatto”, e la parte migliore scelta da Maria può significare la migliore porzione. In realtà ci sono due pasti: quello che serve Marta e complica la vita e quello che serve Gesù, che procura il riposo a Maria. Perché la Parola è nutrimento; il Cristo-Parola è pane vivo. La bibbia ci ha abituati al termine “divorare” il libro, la Parola. L’uomo non vive soltanto di pane, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio.

Dov’è diretto il nostro desiderio? Certamente verso la pienezza della vita, verso un mondo di giustizia e di pace. Tutto questo è desiderio di Dio e del suo regno. Ma anche il desiderio di Dio per noi. Per arrivarci serve una sola cosa: la fede. Cioè l’accoglienza della Parola che ci visita, ci attraversa e ci trasforma. Tutto il resto ci è dato in sovrappiù.

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