Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 1 Novembre 2022

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Pienezza di vita

Chi sono i santi? O forse, possiamo chiederci ancora meglio: in che cosa consiste la santità? Noi magari abbiamo l’idea che la santità consista in un qualche eroismo, in una presunta impeccabilità, comunque in una certa separazione dall’esistenza quotidiana, in un essere messi a parte, in una “eccezione” rispetto alla vita normale. E così è, secondo il nostro comune metro di giudizio. Ma non dobbiamo dimenticare che la santità, più che una privazione o una rinuncia, più che un essere posti ai margini, è un essere posti al centro: è una pienezza di vita.

“Il mistero di Dio, ciò per cui Dio è Dio, ossia la sua santità, è la vita! Quando si dice che Dio è santo, si intende dire che lui è la pienezza della vita. Il mistero di Dio è mistero di vita; mistero, certo, ma anche pienezza: mistero vivo, mistero attivo, mistero traboccante. Parlare della santità di Dio, dunque, significa parlare della vita: il Santo è il Vivente!” (Pino Stancari, Per una teologiadella vita).

Per questa festa di Tutti i Santi, l’evangelo è quello delle beatitudini. Ecco: la santità non è una mortificazione ma una beatitudine. Una beatitudine che raggiunge un certo tipo di persone, le quali sono povere, miti, affamate e assetate di giustizia, misericordiose, pure di cuore, operatrici di pace, tutte condizioni che sono reperibili non soltanto tra i cristiani, ma anche al di fuori del perimetro ecclesiale. Quindi non sono beatitudini scontate, a basso prezzo: esigono un impegno, una ricerca, una lotta interiore, talvolta perfino una sofferenza: infatti sono beati anche gli afflitti, coloro che piangono, i perseguitati a causa della giustizia.

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Ciò nondimeno queste beatitudini sono reali, sono efficaci, si realizzano fin da ora. “Beati i poveri in spirito (quindi i poveri che hanno coscienza di esserlo e talvolta anche lo scelgono) perché di essi è il regno dei cieli”: è già adesso, al presente. Il “regno dei cieli”, se ancora vogliamo chiamarlo in questo modo, non è qualcosa che si verifica soltanto dopo la morte: non è il premio promesso o sperato nell’aldilà. È una condizione di pace interiore, di serenità, di bellezza e di bontà, che già oggi possiamo sperimentare, se davvero siamo poveri e miti, giusti e misericordiosi.

La beatitudine è una felicità, una fecondità spirituale, magari anche in mezzo alle tribolazioni. Prendiamo il Salmo 1, che è il portale del Salterio, la prima di tutte le preghiere: “Beato l’uomo”. Come mai? Certo è un uomo che manifesta una sua coerenza: che non entra nel consiglio degli empi, non sosta su una via di peccato, non siede in compagnia dell’arroganza. Tutto questo va da sé: tuttavia non è per questo che è beato. È beato anzitutto nel meditare la parola del Signore, nel dialogare con Dio giorno e notte. Più ancora, la sua vita è piena, è felice, in quanto “il Signore conosce la via dei giusti” e veglia su di essa, si prende cura di loro. Questo non significa, necessariamente, che “tutto quello che uno fa gli riesce bene”. La beatitudine dei santi non si confonde con il successo, con la riuscita mondana. Ma è, appunto, una vita in pienezza.

fratel Alberto

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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