Meditazione di don Francesco Pedrazzi – Secondo Mistero della Gloria: L’ascensione di Gesù al cielo

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  1. GESÙ SALE AL CIELO: L’UMANITÀ ENTRA NEL CUORE STESSO DI DIO

Il secondo mistero della Gloria, l’Ascensione di Gesù al Cielo, è uno dei misteri che necessita maggiormente di essere meditato e approfondito, per non cadere in una comprensione superficiale e banale. 

Dinanzi ad ogni mistero della vita di Gesù e di Maria dobbiamo chiederci: che cosa dice a me questo mistero? In che modo illumina la mia vita attuale?  

La parola “ascensione” evoca la scena in cui Gesù si eleva da terra e scompare agli occhi dei discepoli. Negli Atti degli Apostoli si legge: «…fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi» (At 1,9). Di certo, questo mistero non annuncia che Gesù, in quanto risorto da morte, ha riportato la vittoria sulla legge gravitazionale! Bisogna che abbiamo ben chiaro che l’immagine di Gesù che sale al cielo è un fatto storico ma denso di significato teologico: il Cielo è la dimora di Dio, mentre “la nube”, di cui parla san Luca negli Atti, è uno dei simboli più ricorrenti nella Bibbia per esprimere la trascendenza di Dio. Per comprendere questo mistero, non bisogna fermarsi alla sua formulazione essenziale: “Gesù sale in cielo”, ma accostarla alla parte che segue, che troviamo nel sesto articolo del Simbolo Apostolico: «Salì al Cielo, siede alla destra del Padre».  Comprendiamo il significato dell’Ascensione se guardiamo alla meta verso cui è orientata: il trono del Padre, la “destra del Padre”. È un’espressione che significa che Gesù partecipa dello stesso potere regale del Padre, della sua Onnipotenza.  

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Si potrebbe obiettare: Gesù è vero Dio, perciò non ha mai smesso di regnare in Cielo insieme al Padre, come si può dire che con l’Ascensione partecipa dell’Onnipotenza del Padre? In quanto Figlio di Dio, Gesù è da sempre Re dell’Universo, unito al Padre e allo Spirito Santo nella comunione trinitaria; ma con l’Ascensione accade qualcosa di nuovo e di meraviglioso: non è più soltanto la persona divina del Figlio che regna alla destra del Padre, è il Figlio di Dio fattosi carne nel grembo della Vergine Maria!  

Se il Figlio da sempre regnava come vero Dio, con l’Ascensione inizia a regnare come “vero uomo”. Un uomo diviene Re dell’Universo, uno di noi, uno che ha condiviso in tutto la nostra condizione umana diviene re anche degli angeli, dei cherubini, dei serafini, creature che, sul piano della natura, sono di gran lunga superiori all’uomo, ma che si devono sottomettere all’“uomo Gesù”, in quanto quell’uomo è anche Dio, il Figlio di Dio. È questa la ragione principale per cui il diavolo si è ribellato a Dio: «per invidia» (Sap 2,24), come si legge nella Scrittura, perché non poteva tollerare che la natura umana venisse elevata al di sopra di ogni altra natura! 

Con l’Ascensione, l’umanità di Cristo fa il suo ingresso nel cuore stesso di Dio! Scrive il grande teologo Von Balthasar: «Immersa nell’essere della divinità questa umanità ora prende parte alle proprietà di Dio, così come un ferro incandescente partecipa alle proprietà del fuoco».  

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Meditiamo su questa verità stupenda: è il primo frammento della nostra stessa umanità che entra nel Cielo per la prima volta! Entra in Dio, nella Comunione trinitaria. Noi crediamo in un Dio che è comunione di amore di tre persone. Con l’Ascensione, crediamo che in Dio, nel suo intimo, inizia a dimorare l’umanità gloriosa di Gesù, quell’umanità che porta i segni della sua morte in croce! Se il Crocifisso siede alla destra del Padre, vuol dire che Dio è schierato in modo irrevocabile, per sempre, dalla parte dell’uomo, con ogni uomo, specialmente con tutti i “crocifissi” della storia, con quanti soffrono ingiustamente e senza colpa.  

Ne deriva una prima grande verità che ci viene insegnata attraverso il mistero dell’Ascensione, che riguarda l’immagine che abbiamo di Dio: non possiamo più immaginare Dio solo come un Essere spirituale separato dall’uomo. Dal giorno dell’Ascensione (ma già con l’Incarnazione) Dio e l’uomo sono inscindibilmente legati, chiamati a essere uno per l’altro in un abbraccio eterno d’amore. L’umanità di Gesù è solo il primo frammento di umanità entrata in Dio, a cui seguiranno, come scrive san Paolo, «quelli che sono di Cristo» al momento della sua venuta (1Cor 15,23). Fa eccezione al Vergine Maria, che con il suo corpo glorioso è stata già assunta in Cielo ed è, insieme a Gesù, nel Cuore stesso di Dio. I Cuori di Gesù e di Maria sono quindi il cuore stesso del Dio trinitario, in cui ogni uomo è chiamato a entrare. Sono essi stessi il Paradiso dell’uomo! Il Mistero dell’Ascensione ci ricorda prima di tutto la dignità immensa della nostra condizione umana. Ci fa alzare gli occhi al Cielo e ci fa esclamare: «Che bello! Anche questa mia povera umanità è destinata un giorno a entrare in quell’abbraccio trinitario, a contemplare il Padre nell’umanità gloriosa di Gesù! A contemplare il riflesso della bellezza dello Spirito Santo nell’umanità gloriosa della Vergine Santissima! Un bel canto mariano giustamente ci fa dire: «Andrò a vederla un dì! Andrò a veder Maria, nel Cielo patria mia, mia gloria e mia amor!»  

  1. «… PERCHÉ STATE A GUARDARE IL CIELO?». L’ATTESA OPEROSA (NON OZIOSA) DEI TESTIMONI DI CRISTO

Il pensiero della meta celeste ci rincuora nel nostro pellegrinaggio terreno, tuttavia non dobbiamo cadere nel rischio di un’attesa ozioso e apatica di quel giorno.  Nel racconto degli Atti degli Apostoli leggiamo:  

«I discepoli stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”» (At 1,10-11) 

«Perché state a guardare il cielo?». È un rimprovero che vale per i cristiani di ogni tempo. Va ben compreso. San Paolo, infatti, scrive:  

«Cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra!» (Col 3,1-2).  

 C’è un modo corretto, virtuoso, di “guardare il cielo”, di rivolgere il nostro pensiero alle realtà eterne, e c’è un modo sbagliato, deleterio per la vita spirituale.  Qual è il modo sbagliato? È quello che consiste nel pensare che siccome il Cielo è la nostra meta, le cose di questo mondo hanno poco valore: pertanto possiamo disinteressarci tranquillamente dei nostri familiari, del lavoro, della società e pensare solo alle “cose spirituali”, cadendo in una sorta di “autismo misticheggiante” che nulla ha a che fare con la vera spiritualità cristiana.  

I più grandi santi, tanto più erano “spirituali” e dediti alla preghiera, quanto più erano immersi nella vita concreta: pensiamo a santa Teresa d’Avila, a san Filippo Neri, a santa Teresa di Calcutta, a santa Caterina da Siena (su cui ci soffermeremo nell’ultima parte della meditazione). 

Sembrano fare eccezione quanti vivono in clausura, ma in realtà le loro preghiere sono scandite da orari ferrei, come la giornata di un operaio, e hanno come contenuto costante le vicende di questo mondo.  

Nella Prima Lettera ai Tessalonicesi (lo scritto più antico del Nuovo Testamento), san Paolo si trova dinanzi a fedeli che una volta convertiti avevano abbandonato il loro lavoro e se ne stavano per gran parte del loro tempo oziosi, conducendo una vita disordinata, cioè senza seguire precisi impegni quotidiani, in attesa del ritorno di Gesù (che allora si riteneva fosse imminente).  

Ecco come li rimprovera: 

«Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato trasmesso da noi. Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi. Quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità». (Col 3,6-7.10-12) 

Il modo corretto di “pensare alle cose di lassù” è racchiuso nel celebro motto Ora et labora!”, “Prega e lavora!”,  formulato da un monaco, anzi dal fondatore del monachesimo cenobitico occidentale, SAN BENEDETTO DA NORCIA. Non dimentichiamo mai questa grande verità: il lavoro e la preghiera insieme sono la nostra principale via di santificazione. Gesù ce lo ha mostrato dedicando almeno trent’anni della propria vita a un lavoro umile in una bottega a Nazareth! 

  1. IL CRISTIANO HA IL CUORE RIVOLTO AL CIELO E I PIEDI BEN SALDI PER TERRA

La vera spiritualità cristiana si deve guardare da due rischi opposti: l’attivismo e lo spiritualismo disincarnato. Il vero cristiano ha il cuore costantemente elevato in Cielo e i piedi ben saldi per terra.  In una celebre icona, conservata nel Monastero di santa Caterina nel Sinai, Gesù è rappresentato con un volto asimmetrico: l’occhio destro è rivolto verso l’alto, l’occhio sinistro guarda in avanti. Ogni cristiano dovrebbe avere costantemente questo “santo strabismo”:  anzitutto un occhio rivolto verso l’alto, verso Dio, e in seconda istanza un occhio verso la vita concreta e i fratelli, anche perché potremo un giorno essere con Gesù in Cielo se sapremo riconoscerlo presente nel mondo, soprattutto nei “più piccoli” (cfr. Mt 25,31-46). 

Il pensiero delle cose del Cielo non ci deve distrarre dalle cose del mondo, anzi ci deve aiutare a divenire più responsabili rispetto alle sfide che il Signore ci mette davanti nell’ambiente familiare, lavorativo, nella comunità ecclesiale e nella società civile. Naturalmente è altrettanto vero i contrario: il pensiero delle cose della terra non ci deve distrarre dalle cose del Cielo. 

Dal Vangelo secondo Marco (16,5-20) 

«Gesù disse ai discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Dopo aver parlato con loro, il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.  Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».

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