don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 21 Agosto 2022

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La porta giusta

“La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno? La capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità… E bisogna cominciare dal basso. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia… La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: ‘Gesù Cristo ti ha salvato!”

Leggendo le parole di Gesù in risposta alla domanda che un tale gli fa riguardo la salvezza, mi è tornata in mente questa bella immagine della Chiesa come “ospedale da campo” che Papa Francesco usò nella sua prima intervista dopo l’elezione, rilasciata alla stampa esattamente 9 anni fa, il 19 agosto 2013.

Nel racconto del Vangelo, Gesù si trova a operare e predicare in un contesto religioso molto ristretto, nel quale c’era la convinzione che la salvezza fosse davvero per pochi eletti, in particolare il “popolo eletto di Israele”, mentre tutti gli altri erano condannati e rifiutati da Dio. Gesù con la predicazione e con le scelte concrete di avvicinare e toccare i più distanti, rompe questa visione ristretta di Dio e inaugura una comunità dove l’unica porta di entrata è la carità verso il prossimo. Leggo quell’espressione “porta stretta”, non in senso esclusivo, ma nel senso di “unica porta”, di “passaggio obbligato” per potersi dire dalla parte di Dio oppure fuori.

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Siamo dalla parte di Dio non perché ci diciamo credenti o perché abbiamo il certificato battesimale che attesta la nostra appartenenza religiosa. Siamo dalla parte di Cristo non perché possiamo vantare (anche se ormai sempre più in pochi) l’osservanza scrupolosa delle regole religiose e la partecipazione al culto. Gesù stesso lo dice chiaramente quando alla domanda insistente di chi è lasciato fuori dalla porta (“Signore, aprici! Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”), lui risponde in modo sorprendente: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”

Non è la mancanza di fede, ma è il fare il male, è operare l’ingiustizia, è dimenticare il prossimo ciò che ci fa mancare la porta “stretta” o, come mi verrebbe da tradurre, la porta “giusta”, e alla fine ci fa essere non riconosciuti da Gesù come “suoi”.
Gesù parla al suo mondo religioso che credendo di essere fedele a Dio alla fine “buttava fuori” lo stesso Figlio di Dio tra gli infedeli alle regole religiose. L’Evangelista Luca recuperando queste parole del Maestro parla alla nascente comunità cristiana, perché fin da subito la Chiesa ha rischiato di rinchiudersi in un fortino elitario, più preoccupato di difendersi che di portare il Vangelo.
Gesù conclude con un’altra potente immagine, quella di tutti i popoli del mondo, da ogni dove, che si ritrovano in un grande banchetto festoso con Dio. C’è posto per tutti alla mensa di Dio, di qualsiasi popolo, tradizione, cultura, religione e non religione. L’unica cosa che viene chiesta è passare dalla porta della carità, che è stretta ma percorribile per tutti. Noi cristiani non abbiamo l’esclusiva di Dio e della salvezza, ma abbiamo il dono di conoscere la porta perché Cristo, nostro Maestro, ce l’ha indicata e per primo l’ha passata, fino in fondo, fino alla croce.

La Chiesa è quell’ospedale da campo, che opera l’accoglienza dell’umanità ferita in tutti i modi, in un mondo pieno di battaglie e guerre di ogni tipo. La Chiesa non è la clinica privata per pochi ricchi che se lo possono permettere, ma un ospedale da campo per tutti. Gesù nel suo Regno non ci chiederà se abbiamo sempre “creduto in lui”, o se lo abbiamo sempre celebrato correttamente, ma ci chiederà se saremo stati “come lui”, medico ferito sulla croce, a prenderci cura delle ferite dell’umanità e ad annunciarlo. Fin da ora siamo chiamati ad attraversare la porta giusta, l’unica, della carità che Gesù ha aperto per tutti.

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don Giovanni

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)