don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 23 Ottobre 2022

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Ho bisogno di un esorcismo

L’intima presunzione di essere giusti…

l’intima presunzione la percepisco come un territorio sepolto, lo spazio segreto nascosto sotto cumuli di apparenze. L’intima presunzione la immagino come una stanza, il nucleo caldo e palpitante della mia storia, la parte nascosta, il cuore personalissimo. Bisogna scendere per raggiungere l’intima presunzione là dove ciò che sono non ha ombra di dubbio, dove il mio io presuntuoso si mostra senza possibilità di finzioni: nell’intimo ecco un fariseo, in piedi, che prega. Sono io. Qui non si può fingere.

Rileggo questa pagina di Vangelo e mi convinco che fariseo e pubblicano non stanno fuori, mi convinco che non c’è nessun tempio che ha visto i due insieme, mi convinco che sarebbe troppo banale come riflessione e anche moralistica, mi convinco che questa pagina fa male per il semplice motivo che è ambientata nel mio intimo, luogo dove presumo di essere giusto. Luogo dove si è installato un fariseo arrogante. Necessito di liberazione, esorcismo di misericordia.

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Non posso fingere, il fariseo c’è, continua a pregare in piedi, continua a pregare tra sé, come fosse isolato da tutto e da tutti, da Dio e dai fratelli, mi chiedo il motivo, sento che ha paura, che è stato ferito, che non ha incontrato comprensione. Sento che non vuole perdere la faccia, sento che alza la voce e prega più forte per non farsi raggiungere da chi gli mostrerebbe la miseria di cui è impastato. Sento che non voglio cercare alibi, il fariseo è arrogante e pieno di sé. Non si può credere senza venire arrestati, spogliati, scherniti e crocifissi. Mi costa scriverlo, fa paura, è davvero troppo. Il fariseo in piedi regge, non si lascia afferrare. Non si lascia spogliare. Resiste per non morire.

Guardo il fariseo, in piedi, lo ascolto mentre al suo cuore regala l’ennesima lista, un nuovo rosario di buone azioni. Un arsenale di vita religiosa perfetta. E mi dico che è a quello che è stato educato. Non voglio giustificarlo, voglio comprendere come si è insinuato fino a piazzarsi lì. Ha la faccia buona il fariseo, da bravo ragazzo, uno di quelli che ha imparato il catechismo delle buone maniere religiose. È stato obbediente il fariseo, è il prodotto perfetto delle nostre parrocchie e dei nostri seminari.

Non cerco alibi ma come possiamo pensare che nel nostro intimo si alzi un personaggio diverso da lui se quello a cui educhiamo è esattamente quello che lui sa di fare? Non ladro, non ingiusto, non adultero. Uno che digiuna e paga le decime. Come possiamo pretendere che in noi non si alzi un fariseo arrogante se tutta la nostra formazione è fatta per imparare a essere obbedienti a un modello funzionale al sistema? Essere bravi cristiani, bravi preti, essere bravi, essere buoni, essere casti, essere ubbidienti… e se lo faccio, se sono fedele scrupolosamente al mandato, perché non dovrei dirmelo?

E non importa se a parola non lo esplicito (perché uno buono deve essere anche umile) ma so, nel mio intimo, di esserlo. Non posso mentire. E se poi un giorno tradisco so anche che quello che conta è salvare le apparenze, cambiare parrocchia, sentire ancora il credito del sistema che “ti perdona” e che giura di fidarsi ancora della tua faccia da bravo ragazzo… così da continuare a rimanere intimamente in piedi, e dire e ripetere che sono buono. Il fariseo risponde a un modello che qualsiasi chiesa, qualsiasi parrocchia, qualsiasi seminario ancora oggi persegue. E lo farà sempre, perché qualsiasi sistema di potere (che noi chiamiamo servizio o carità) ha bisogno di farisei.

Il fariseo sta in piedi e prega tra sé. Il fariseo è così nel suo intimo, cioè non finge. Ha imparato a essere così perché da quando è nato è stato premiato solo quando “faceva il bravo”, è così perché ha capito che per essere accettato bastava indossare una maschera, è così perché ha imparato a non ascoltare le persone che lo criticavano e lo mettevano in crisi. È così perché ha paura, è insicuro e crede che il mondo lo ami solo se “farà qualcosa di buono”.

Il fariseo sta in piedi, non fa nulla di male, su questo non mente. Si è costruito uno spazio di intima presunzione dove il male non può entrare. Il problema vero è che se non facciamo i conti con il male noi non conosciamo niente di noi stessi, niente di Dio, niente dei fratelli. Un catechismo in cui ci si sforza di essere buoni costruisce solo intime presunzioni di essere perfetti. Un delirio.

Mi fa paura sapere di avere un fariseo, in piedi, piantato nell’intimo del mio cuore presuntuoso.

Chiedo umilmente un esorcismo Signore. Liberami, ti prego.

Spingimi lontano, crea uno spazio tra me e te, tra me e me, tra me e il mio cuore, metti deserto, ti prego, ad allontanarmi dalle mie presunzioni… il pubblicano fermatosi a distanza… metti esodo in me, fammi sentire che la verità è un cammino, dammi l’intima sicurezza di sapermi ancora distante dalla verità, donami la fame dei viaggiatori, la consapevolezza di sapermi ancora abbozzo di umanità, dammi la distanza che istruisce maturità, donami lo spazio da percorrere, quello che salvò il figlio minore della parabola. Donami di sapermi perso se tu non ci sei.

Ti chiedo un esorcismo Signore, abbassami gli occhi…non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo…tieni i miei occhi svuotati, almeno per un po’, almeno fino a quando non mi solleverai tu con il tuo perdono che a forza di guardare il Cielo mi sono illuso di averlo compreso, a forza di parlare di Te mi sono illuso, povero fariseo arrogante, di essere già come Te.

Ti chiedo un esorcismo Signore, nel mio intimo liberami dalla presunzione di credere che basti essere buono per risolvere l’enigma della vita, che basti comportarsi bene per incontrare te. Signore liberami da me stesso, fammi franare ancora, svergognami, spogliami, liberami dall’intima presunzione di essere giusto e amabile e buono. Te lo chiedo adesso, in un attimo di coraggio, te lo chiedo perché mi hai mostrato il fariseo che presidia il mio cuore, te lo chiedo perché ho paura di morire senza averti mai incontrati. “O Dio”… dal cuore del pubblicano una supplica, non parla di te lui parla con te, è questa la differenza abissale. “Abbi pietà di me”…che è cambiare totalmente punto di vista, Tu solo sei buono, Tu sei amore, io devo solo capitolare in te, io devo solamente lasciarmi amare… cedere e affidarmi. Sono stanco di voler dimostrare al mondo che sono buono e bravo, non è vero, sono solo innamorato di te, questo è tutto. E sono peccatore, perché il male lo conosco, perché il male mi affascina, perché il male è in me, perché sono stato portatore di male, perché ho fatto del male anche a chi mi amava. Complice. Da tenere bassi gli occhi per l’eternità.

Ho bisogno di un esorcismo Signore, per fare diventare intimo il pubblicano bisognoso di Te, per avere un cuore abitato dal desiderio, per imparare l’intima presunzione di sentirmi amato e perdonato da Te, questo basta, questo è tutto.

AUTORE: don Alessandro Dehòpagina Facebook

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