d. Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di domenica 26 Giugno 2022

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IL CIELO E’ DI CHI RISCHIA

La pagina evangelica di questa domenica prende le mosse da quello che gli studiosi ritengono sia lo spartiacque del vangelo di Luca: la determinazione di Gesù nel proseguire il suo cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51), meta definitiva del suo viaggio sulla terra nonché compimento della sua missione: salvare gli uomini riaprendo loro il sentiero del cielo. Per Luca anche il suo discepolo deve ripercorrere questa strada. Per lui, Gesù con i suoi discepoli è gente “on the road”, perché la vita cristiana è sostanzialmente “cammino”, è “οδος”, cioè una “via”: così parlerà negli Atti degli Apostoli del cristianesimo come una nuova fede. Il Signore nel suo tragitto sta per passare in un villaggio samaritano, invia alcuni dei suoi per preparare l’incontro, ma trovano negli abitanti un netto rifiuto, perché Gesù era chiaramente in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,53).

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Come se il Signore facesse sapere che volesse sostare in un paese di soli juventini mentre si sta recando a una festa per soli interisti. Nessuna meraviglia dunque circa il rifiuto dei samaritani, ma la proposta di 2 discepoli così “miti e arrendevoli” come Giacomo e Giovanni (al punto da essere chiamati da Gesù “figli del tuono” …), denuncia la medesima schiavitù a un orgoglio di appartenenza che non fa bene alla fede. E non solo. La proposta che fanno palesa una falsa immagine di Gesù (e di Dio) che li sta guidando. Perché l’uomo agisce sempre in base a ciò che ha in testa: se ha in testa un’immagine sbagliata fa proposte sbagliate, se ce l’ha giusta fa le cose giuste. L’uomo ha per natura un’idea sbagliata di Dio e di uomo. Il rimprovero del Signore è perentorio (Lc 9,55): da questa volontà di potenza bisogna convertirsi, altrimenti Dio non lo si conosce né lo si capisce.

La seconda parte del vangelo ci mostra alcuni dei principali ostacoli che opponiamo quando siamo raggiunti da una chiamata al discepolato. Non si pensi che le 3 figure vocazionali presentate siano identificabili unicamente con chiamate particolari alla consacrazione. No, il tutto avviene mentre un corteo accompagna Gesù in viaggio verso Gerusalemme, mentre camminavano per la strada (Lc 9,57). Le cose riguardano tutti coloro che camminano per diventare discepoli del Signore Gesù. Vediamo un caso alla volta.

1) Il primo caso, guarda caso, non riguarda una chiamata alla sequela, ma l’iniziativa presa da un tale che, affascinato da Gesù, afferma di volerlo seguire fino alle ultime conseguenze. Solo chi è affascinato può esprimersi così (Lc 9,57). Il Signore coglie la palla al balzo per far capire che essere affascinati non basta per diventare suoi discepoli. Prima di tutto c’è da dire che nessuno può darsi da sé stesso la chiamata alla sequela. Inoltre, le parole di Gesù sembrano aiutare costui a fare una scansione del proprio cuore. Sa veramente quello che dice? Andare dietro di Lui può far pensare facilmente a una sequela che mette al sicuro tanti nostri bisogni di sicurezza. Invece no. Chi vuole andar dietro a Gesù si prepari a non avere niente di sicuro, all’infuori dell’amore del Signore e delle sue promesse. Dunque ci pensi bene prima di fare a Lui dichiarazioni di amore o programmi di fedeltà che non si manterranno in piedi. La vicenda di Pietro “docet”.

2) Il secondo caso invece riguarda una esplicita chiamata proveniente da Gesù. Ma il destinatario, certamente disponibile, oppone una ultima, comprensibile richiesta. Poter seppellire il proprio papà non è forse anche un atto di misericordia? Dobbiamo mettere a confronto quello che chiede con la risposta cruda di Gesù (Lc 9,60). Il che ci invita a leggere questo passo a un altro livello, che è quello simbolico. Questo tizio infatti mette avanti alla sequela la chiusura di un rapporto parentale importante che spesso, per tutti, ha molte problematicità per ferite o altre questioni irrisolte. Ecco dunque che il Signore risponde a quest’uomo mettendolo in guardia da quell’atteggiamento molto umano di chi vorrebbe prima “sistemare” cose in sospeso del proprio passato che, alla lunga, non gli permettono nemmeno di partire nella sequela di Gesù, lasciandolo bloccato nelle proprie introspezioni. La sequela di Gesù è questione di presente, non di passato. Il passato, per l’aspirante discepolo, può essere una trappola.

3) Il terzo sembra compendiare qualcosa del 1° e del 2° caso. Non si può arare un campo guardando da un’altra parte; si ara il campo concentrati su quello che si sta facendo. Non si può vivere veramente se non si è, con tutto se stessi, sul posto dove ci si trova a lavorare. Seguire Gesù è mettersi al servizio di qualcuno che cammina davanti a noi, radicati nel presente della propria realtà. Chi pone sempre un “prima” da anteporre alla sequela del Signore, rischia di non rischiare mai la propria vita per uno che ha rischiato totalmente la sua. Rischia di non coinvolgersi mai totalmente con la sua Persona e il suo destino. Rischia di ritrovarsi a cercare solo sé stesso sulla terra. Rischia di non amare mai veramente Gesù, perché solo chi ama si troverà alla sua sequela. Solo chi ama infatti, è disposto a battere la sua stessa strada. Solo chi ama è davvero una nuova creatura che vede come le cose di prima della sua vita sono passate e devono restare nel passato, perché ne sono nate di nuove. Seguire Gesù, è amare una Persona che mi aspetta per regalarmi il Cielo.

 


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI