Commento al Vangelo del 23 Gennaio 2022 – Padre Giulio Michelini

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Anche il vangelo di questa domenica è un centone, divisibile in due parti: nella prima il cosiddetto prologo storico (1,1–4), nella seconda (4,14–21) Gesù è a Nazaret e inizia il suo ministero. Ci soffermiamo sulla seconda pericope.

Un racconto esclusivamente lucano. Mentre il vangelo di Marco presenta Gesù che, esauritasi la trilogia tipica dei sinottici (il Battista; il battesimo; la tentazione), annuncia subito il regno dei cieli mostrandone la presenza (Mc 1,15), soprattutto con la lunga giornata di Cafarnao (Mc 1,21s.), Luca premette al racconto della sua missione in Galilea la scena della sinagoga di Nazaret. Anche Matteo, in verità, sente il bisogno di iniziare con una introduzione (e cita il profeta Isaia: “perché si adempisse la scrittura”; cfr. Mt 3,14s.), ma non “espande” il soggiorno di Gesù a Nazaret: dice, soltanto, che Gesù – lasciata Nazaret (Mt 3,13) – venne ad abitare a Cafarnao.

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Un racconto programmatico. Alcuni motivi presenti nel brano sono noti anche a Marco e a Matteo: lo stupore per l’insegnamento di Gesù, la domanda sulla sua famiglia, il detto sul profeta non onorato in patria. Ma Luca è l’unico che collochi questi temi a Nazaret, luogo dove Gesù viene allevato e trascorre la sua vita nascosta (Lc 4,16). L’insistenza su questo episodio ci porta a pensare che si tratta di un racconto “programmatico”, un brano introduttorio. Quanto accade nella sinagoga di Nazaret è ciò che accadrà a Gesù nel resto del vangelo di Luca. Abbiamo allora un esempio tipico (Ghiberti) della predicazione di Gesù nella sua prima fase, esempio centrato fondamentalmente su due questioni: chi è Gesù e a chi sarà destinata la sua predicazione (vista l’incomprensione nella sua patria). Sull’ultima questione si intrattiene la liturgia della prossima domenica, e quindi ne rimandiamo la spiegazione.

Alcuni commentatori (Pitta tra gli altri) hanno giustamente notato alcune incongruenze o stranezze nel racconto. Per esempio: il brano che Gesù legge da Isaia è troppo breve per una lettura sinagogale: Luca quindi non è interessato a dare un resoconto completo della scena. La citazione tratta da Isaia 61,1–3 fatta da Luca, vede un’aggiunta (Is 58,6: “mandare gli oppressi in liberazione”) e omissioni rispetto all’originale del profeta, cosa che in sinagoga non sarebbe stata ammessa. C’è anche un anacronismo (Aletti): Luca parla al v. 23 di qualcosa che Gesù avrebbe già compiuto a Cafarnao, ma l’evangelista non ci ha ancora detto che Gesù andrà in quella città (si saprà solo al v. 31). Sembra che non ci dobbiamo soffermare sui problemi visti sopra, ma dobbiamo piuttosto vedere il senso del racconto.

Il giubileo. Il brano profetico letto da Gesù in sinagoga rivela che è ormai inaugurato l’anno di liberazione, il giubileo. Questo il lieto annuncio: i poveri, che invano aspettano – insieme ai prigionieri e agli oppressi – un cambiamento, saranno salvati da Dio stesso. Gli studiosi si interrogano se mai sia stato celebrato veramente, secondo i termini del libro del Levitico al cap. 25, un giubileo in Israele. Potremmo pensare che – se anche questo non dovesse essere accaduto – finalmente la promessa di Dio con Gesù si realizza.

Oggi. Suggestiva la nota redazionale che a volte si trova nei quotidiani, quando il giornalista racconta di qualcosa che dovrà accadere “domani” ma poi precisa tra parentesi: “oggi per chi legge”. Si crea quasi una contemporaneità con gli avvenimenti: il giornale è stato chiuso in macchina la sera prima (“ieri”), ma quando lo leggi è l’“oggi” in cui accade la notizia per te. Qualcosa di simile è nascosto nel nostro brano. Con una fine capacità narrativa Luca ci racconta di qualcuno (io, lettore di oggi), che prende in mano un libro in cui è scritto che qualcuno (Gesù, lettore di ieri), prende in mano un libro e legge qualcosa scritto da un altro secoli prima (Isaia). Quella cosa detta da Gesù in quell’unico irripetibile momento – e da Isaia scritta ancora prima – non vale solo per gli uditori contemporanei di Gesù, ma per tutti coloro che oggi leggono e ascoltano le stesse parole. Ogni volta che sarà letto il brano di Luca di Gesù a Nazaret, è un anno giubilare. Con il dono dello Spirito (4,18: “lo Spirito del Signore è sopra di me”) Gesù interpreta e rende viva la parola del profeta Isaia: lo stesso Spirito anima le parole bibliche e le rende attuali per noi, oggi.

Fino ad Emmaus. Il vangelo di Luca è quindi un unico lungo sermone: Luca potrebbe aver pensato a tutto il suo vangelo come a uno sviluppo, un commento, del brano di Isaia sul giubileo (Monshouwer). Gesù “apre il rotolo” e legge (4,17), inizia a commentare (4,21), e tutte le sue parole – quelle di questo brano, ma anche quelle dell’intero vangelo – insieme alle sue opere, sono racchiuse fino all’inclusione del capitolo ventiquattresimo; lì un episodio simile al nostro: Emmaus. In Lc 24,27 Gesù ancora una volta “spiega le Scritture”, come già a Nazaret. Questa volta a farlo è il Risorto: la Scrittura che doveva compiersi, si è adempiuta nella sua morte e risurrezione, e nella possibilità di liberazione che con queste ci viene data. Alla fine del vangelo Gesù chiude il rotolo (“arrotolò il volume”, 4,20), e lo passa a noi, come passa il pane ai discepoli (“lo spezzò e lo diede loro”, 24,30). Solo se leggiamo quel libro, e non lo lasciamo chiuso, giunge per noi l’“oggi” della salvezza.

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