Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 24 Novembre 2022

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L’ultimo discorso di Gesù prosegue con la predizione di sconvolgimenti di tipo naturale e socio—politico. Quando Luca scrive il suo vangelo è già avvenuta la distruzione di Gerusalemme, ed egli la documenta con precisione, secondo il suo stile. Quanto a eventi naturali sconvolgenti, il nostro pianeta non è mai stato avaro di terremoti, inondazioni, carestie (la distruzione di Pompei era avvenuta pochi anni prima della stesura di questo vangelo, e c’è da credere che la notizia di un evento così spaventoso si fosse diffusa su un largo territorio, anche in mancanza di internet). Da allora ad oggi, e, con buona probabilità, anche per i secoli futuri, l’umanità ha visto un susseguirsi di fatti terrorizzanti, a più riprese letti come segni dell’imminente fine del mondo.

Ma Gesù non è un cartomante di borgata, che annuncia apocalissi guardando stelle, terremoti e pandemie. Le sue parole, lette in profondità, ci dicono che la vita di ogni uomo e di ogni popolo in ogni tempo è instabile, precaria, soggetta a eventi imprevedibili e a volte terribili, al punto che si può morire non tanto per ciò che sta per accadere, ma per la paura di ciò che sta per accadere. Ma in tutto questo occorre levare il capo, guardare oltre ciò che impaurisce, e percepire i segni di una liberazione sempre più vicina. Perché il Signore ha cura di ciascuno—nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto—e il nostro destino è vita, vita per sempre.

Le parole riportate da Luca, che dovevano confortare i cristiani perseguitati delle prime chiese (e di tanti altri che hanno dato la vita per Cristo, come Andrea Dung-Lac, martire in Vietnam, di cui oggi facciamo memoria), ci aiutino ad abbandonarci con fiducia alla promessa di quella liberazione che tanto attendiamo.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

I commenti di questo mese sono curati da Luisa Prodi