Spiritualità, arte di vivere: un alfabeto

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Pure in un’epoca come la nostra, pesantemente segnata dal primato dell’economia e della tecnica, la spiritualità continua a esercitare un grande fascino. Ascolta il commento di don Diego Facchetti.

Pure in un’epoca come la nostra, pesantemente segnata dal primato dell’economia e della tecnica, la spiritualità continua a esercitare un grande fascino. Non è raro che questo interesse assuma le fattezze di un improvvisato fai-da-te dell’interiorità. Ma spesso si da la ricerca di una vera e propria “arte di vivere”, che consenta di abitare questo tempo con spirito lieto. In tale prospettiva si pone il libro di Benoît Standaert, una sorta di manuale in novantanove voci, alcune familiari alla tradizione classica della spiritualità (digiuno, castità, preghiera), altre suggerite dalla sapienza dell’oriente (respiro, yin e yang, wu wei), altre ancora attinte dall’esperienza più comune (passeggiata, sogno, sorriso). Secondo l’intonazione tipica del cristianesimo, la spiritualità non ha a che fare con mondi rarefatti, lontani dalla pesantezza della materia e della storia, ma concerne le forme concrete assunte dalla nostra esistenza quotidiana. Esercitarle secondo quel singolare equilibrio tra disciplina e grazia che è tipico dell'”arte” mette in moto il processo di trasformazione che conduce alla libertà e alla bellezza (la “gloria”) dei figli di Dio, a quell’esperienza dello Spirito che può essere ricevuto in ogni momento perché in ogni momento si dona. Oltre queste novantanove “porte di accesso” alla spiritualità come arte di vivere sta la centesima. L’unica porta che manca si trova dopo l’ultima pagina del libro, nella vita stessa, ed è diversa per ognuno, imprevedibile e originale.