Commento al Vangelo di domenica 22 aprile 2018 – don Marco Pozza

Il mio Amore è bello perchè ha la faccia sporca di me

fotografia di don Marco Pozza
don Marco Pozza

Non ha mai detto d’essere buono, buon-pastore. Ha detto tutta un’altra cosa, dal peso specifico enorme: «Io sono il bel pastore». È questa la ragione per cui Dio non è tenuto a portare giustificazione alcuna delle sue acrobazie.

È bello e a chi nasce bello tutto sarà concesso: «La Bellezza non può essere interrogata: regna per diritto divino» scriveva Oscar Wilde, che ebbe il coraggio di dire che il posto di Cristo – qualora volessimo dare posto a Colui che non ha posto – è tra i poeti. Dio-poeta: alla Bellezza il nulla è necessario per creare, per fare poesia. Il contrario della bellezza è il mercimonio, prostituzione: «Il mercenario, invece».

Adoro Dio quando indossa questo vestito, è la migliore tra tutte le sue versioni: “Sono io il più bello. Forza, avanti un altro!” Mi fa impazzire un Dio così, per un Uomo così non ci si pensa due volte a mandare in soffitta tutto il resto. Ci lascia liberi: «Volete andarvene anche voi?» Non esiste posto più bello di Lui, lo sa. Le cose del cuore, però, adora sentirsele ripetere anche Lui. Proprio come me: «Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68-69). Lascia libere le pecore-amate, tanto sa d’essere così bello che basterà l’eco della voce perché i cuori impazziscano: «Conosco le mie pecore, le mie pecore conoscono me». Conosciuto l’amore, sarà facile (ri)fiutare le versioni tarocche dell’amore. Punto.

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Non teme d’apparire esagerato – «Sono il bel pastore» – perché, nel caso di emergenza, non c’era nessun altro, eccetto lui, a soccorrere la pecora caduta in fondo alla scarpata. Quando tocca la carne, l’Amore è da pelle d’oca. Nessuna, delle eccitazioni carnali, sorregge il ritmo della carne-risorta. Della Sua carezza. Prima il piacere, poi il dovere: «Quando tocca fa diventare trasparente Zaccheo, il pubblicano, rende immacolata Maddalena, la peccatrice» (C. Carretto). Satana, cuore-molestatore, impazzisce minacciando ritorsioni: “È Dio vanitoso, costui.

Dice d’essere il più bello: dov’è l’umiltà che predica? Insopportabile un Dio così!” Insopportabile lo è per davvero: quando uno ci mette la faccia, chi non ha il coraggio di farlo dirà che è tutta un’esibizione. Accetta anche questo il bel-Cristo: d’essere tacciato di vanità, d’essere sospettato d’andare con donne mal costumate, di venir confuso con amanti di passaggio. Accetta tutto, perché Lui non è un mercenario, quello che «vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge». Cristo no: arriva il lupo e lui si mette di traverso, gli occhi addosso, decide di farsi scudo delle sue pecore. “Giù le mani dalla Samaritana, nessuno s’azzardi di mandar-via Maddalena.

Lasciate a casa mia la peccatrice, portatelo a me quel farabutto di don Marco”. È bello un Dio così, con la faccia-sporca: se l’è sporcata per pulire me. Non è bello, è sublime. Somiglia ad una persona che, dopo un’ora che ci parli, è più bella di un’ora prima. Una bellezza allucinante, come la luna-di-pomeriggio: poi riacquisti la lucidità, ti avvicini, guardi meglio, e niente. È proprio bellissimo, quel cuore-acceso. “Non lo merito tutto questo, è troppo”. Non è troppo, è la giusta misura di Dio. Dio bellissimo, l’Esagerato.

I lupi esistono: attaccano, molestano, girovagano. È grazie ai lupi che si ama il bel-pastore. È l’avversario a rendere avvincente la sfida: più è forte, più la vittoria sarà bella. L’amore ha bisogno degli avversari, è lo sfidarli il suo biglietto da visita: “L’hai abbandonata tu? Me la stringerò al petto io” è il romanticismo di Dio. Di chi ama senza calcoli. La pecora, coccolata, non sa come sdebitarsi.

Ci pensa Dio, ancora Lui: “Mi sei preziosa al grado massimo. È stato spontaneo venirti a prendere”. Una voce così – scorgo il Pirla rabbrividire dall’invidia – chi la scorderà più? “Mi riconosceranno dalla voce”, dice Dio. Basterà la voce per ricordarci che i lupi esistono: questo lo sanno tutti. La pecora ha bisogno di ricordarsi che i lupi verranno sconfitti. Azzannati dalla Bellezza dell’amore, «la miglior lettera di raccomandazione» (Aristotele). Dio dice: “Sono il bel-pastore”. Tradurlo buon-pastore è aver paura d’imbattersi in uno che ami come ama Dio.

don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)

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IV Domenica del Tempo di Pasqua

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 22 Aprile 2018 anche qui.

Gv 10, 11-18
Dal Vangelo secondo Giovanni

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 22 – 28 Aprile 2018
  • Tempo di Pasqua IV
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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