Commento al Vangelo del 17 settembre 2017 – Charles de Foucauld

CHARLES DE FOUCAULD:
COMMENTI AL VANGELO DI MATTEO

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mt 18, 21-35 (Gv 15,9-10)

Poiché non abbiamo il Commento di Charles de Foucauld al capitolo 18 del Vangelo di Matteo, riportiamo una Meditazione sul Vangelo di Giovanni.

«Come mio Padre mi ama, io vi amo. Rimanete nel mio amore. Se osservate i miei precetti, rimanete nel mio amore, come io osservo i precetti del Padre mio e rimango nel suo amore».

Come sei buono, mio Dio, sia ad amarci, e ad amarci a tal punto, «in un modo analogo a quello con cui il Padre ama il Figlio», sia a dirci che ci ami così! e a dircelo nella tua ultima ora, come una confessione suprema, come confidenza suprema, come la dichiarazione del tuo amore nel momento di morire! Come sei buono, come ci ami! Come siamo fortunati!… E come il tuo amore va più lontano ancora di tutto questo… Non ti basta fare questa confessione suprema dell’immensità del tuo amore per noi, tue povere creature, vuoi ancora «trarci a te», renderci degni di questo amore, e questo, rendendoci ciò che basta ed è necessario per essere perfetti, cioè, rendendoci infiammati dell’amore divino («nostro abito nuziale è l’amore che solo ci abbellisce», dice san Gregorio il Grande), vuoi fino al tuo ultimo istante compiere la tua opera quaggiù, compiere il tuo scopo, il tuo solo desiderio: «accendere sulla terra» il fuoco dell’amore di Dio. Tu lo accendi qui con una forza suprema:

  • 1° sia dicendoci che ci ami, e quanto ci ami, sia dicendocelo in questa ultima ora, poiché questo porta all’amore in un modo meraviglioso di sapersi amati e tanto amati, e di sentirselo dire in un modo così toccante in un momento così commovente;
  • 2° sia chiedendoci, raccomandandoci, ordinandoci di amarti noi stessi, tu, nostro Sposo Beneamato, nostro Padre, nostro Maestro, nostro Salvatore, nostro Dio;
  • 3° ordinandoci di obbedirti, poiché l’obbedienza produce l’amore, nasce da esso, lo accompagna, è allo stesso tempo sua madre, sua figlia e sua sorella, ne è una causa, un effetto, una compagna, e gli è così indissolubilmente legata che una non può andare senza l’altro, quando è a Dio che li si rende (1poiché chi ama l’Essere Perfetto gli obbedisce necessariamente in tutto; e chi obbedisce a Dio lo ama necessariamente con tutta la sua anima, poiché è «il primo comandamento»;
  • 4° Non soltanto ci comandi l’obbedienza, ma ci trascini in essa con il tuo esempio: le parole edificano, gli esempi trascinano. Così, dopo averci dato l’ordine, ci «trai al tuo seguito», citandoci il tuo esempio, non omettendo alcun mezzo per stabilirci in questa obbedienza benedetta… Non soltanto ci citi il tuo esempio e dici: «Obbedisco», ma ci spieghi, ci dichiari formalmente che è con questa obbedienza che rimani nell’amore del Padre tuo; l’obbedienza non è l’amore, ma è la pratica dell’amore, quando l’amore si rivolge a Dio; ci esoneri così da tutti i ragionamenti e ci insegni con una dichiarazione della tua parola infallibile che «è osservando i precetti di Dio, che ci si stabilisce nel suo amore»… «Come io osservo i precetti del Padre mio e rimango nel suo amore», è dirci: «Obbedire a Dio, è amare Dio, è obbedendo a Dio che ci si stabilisce nel suo amore, che lo si ama»;
  • 5° infine, per il fatto stesso che ci citi il tuo esempio per trascinarci all’obbedienza, ci inviti a imitarti, e se l’obbedienza è il frutto e la madre dell’amore, l’imitazione non lo è di meno (quando si ama Dio, lo si imita per unirsi a lui, Essere perfetto, piacergli; quando si imita Dio, lo si ama, poiché egli si ama infinitamente).

«Come il Padre mio mi ama, io vi amo. Rimanete nel mio amore (amatemi!). Se osservate i miei precetti (obbedite!) rimanete nel mio amore (mi amate), come io osservo i precetti del Padre mio, e rimango nel suo amore (lo amo), (imitatemi!)»… «Vi amo»… «Amate dunque Dio, poiché vi ama per primo… Per amarlo, obbeditegli e imitatelo, è in questo che consiste la pratica dell’amore, come ve lo dimostro col mio esempio»… Ecco cosa ci dice Gesù nostro Beneamato e nostro Dio; ascoltiamolo: il cuore pieno e traboccante di una gratitudine infinita verso questo Dio che si degna di amarci e di dirci che ci ama; amiamolo a nostra volta, e per amarlo non soltanto con la bocca, ma con il cuore e di conseguenza con i nostri atti, obbediamogli e imitiamolo, poiché come ce lo insegna lui stesso sia con la sua parola sia con il suo esempio formali, sono queste per eccellenza le due opere, le due pratiche dell’amore2.

1 Questa parentesi aperta non ha la corrispondenza con una parentesi chiusa. Ciò può essere causato da una svista di Charles de Foucauld, oppure da un errore di trascrizione del testo. Cfr. ID., L’imitation du Bien-aimé, 229.

2Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo.

La vicenda spirituale di Charles de Foucauld (1858-1916) continua anche oggi ad essere motivo di interesse diffuso tra cristiani e non cristiani, poiché si affida a valori umani sempre più cercati, diventati ormai rari nelle nostre comunità civili: il primato di Dio, le relazioni umane, la cura del prossimo, la qualità della vita ordinaria.Il vangelo rimane la parola più autorevole per introdurre il credente ad una vita autentica. Charles de Foucauld ha sostato a lungo sui testi evangelici, per imparare a vivere in modo fedele un’esistenza degna di essere vissuta: una vita a imitazione di Gesù. Le meditazioni sul vangelo di Giovanni, che egli ha realizzato in Terra santa, possono essere considerate come un insieme di lezioni di vita cristiana, una raccolta di indicazioni pedagogiche per imparare, giorno dopo giorno, a seguire il Signore nella propria condizione di vita, in ascolto delle reali esigenze del mondo d’oggi.

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 18, 21-35
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 – 23 Settembre 2017
  • Tempo Ordinario XXIV
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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