Commento alle letture del Vangelo del 30 luglio 2017 – Carla Sprinzeles

Amici, oggi, vi voglio comunicare quanto è bello, quanta gioia dà incontrare la lieta notizia. E’ difficile esprimerlo a parole, vorrei che poteste vedere i miei occhi che sono trasparenza del cuore.
Due argomenti principali del lungo dialogo, aperto da Dio con gli uomini, sono oggi proposti dalla liturgia domenicale della Parola:
– l’argomento della sapienza: non tanto quello della scienza, ossia della pretesa di tutto controllare e possedere nel mondo;
– e l’argomento del Regno dei cieli, ossia di quella più profonda relazione che si stabilisce tra Dio e l’uomo, quando questi si consegna all’iniziativa divina e si lascia possedere e amare, come solamente Dio sa e può fare.

La liturgia odierna ci orienta al dialogo con il Signore intorno alle vie e alle forme più attuali di superamento di certa “religiosità”, che allontana dal vero Dio. Ogni realtà umana dev’essere valutata alla luce di Dio! Il discernimento porta a scelte concrete di vita, poiché chi ha scoperto il tesoro nascosto e la perla preziosa sarà pronto “ad ogni rinunzia per l’acquisto del tuo dono”.
Quali sono considerati i veri tesori nella vostra vita? Forse la salute, il lavoro, la famiglia, una vita tranquilla senza turbamenti?
Il vangelo orienta ad accogliere il regno di Dio nella propria vita. Cosa veramente è essenziale nella nostra vita?

1 RE 3,5. 7-12
La prima lettura è tratta dal primo libro dei Re. Verso l’anno 1000 a.C., Davide diventa re. Il popolo d’Israele vuole un re a capo. Salomone eredita il regno da suo padre. Questa successione avviene con lotte e crudeltà, come sempre quando c’è in gioco il potere, ma il passo che leggiamo ci rivela un aspetto molto importante e fondamentale di questo re. In una magica atmosfera notturna Dio si rivela in sogno a Salomone e con assoluta gratuità, come nelle favole, chiede a Salomone di esprimere un desiderio. In ogni desiderio profondo si trova racchiuso il cuore di una persona. Nel cuore della persona, qui è Salomone, ma nel cuore di ognuno di noi, c’è l’impronta di Dio. E’ qui che si incontra il nostro creatore, che ci ha donato già tutto, ma occorre diventarne consapevoli.

Salomone prende consapevolezza di essere solo un ragazzo e riconosce che Dio lo ha fatto regnare al posto di suo padre. Riconosce che non sa regolarsi con un popolo così grande. Questo popolo è stato scelto da Dio, quindi è Lui il responsabile. Chiede dunque un cuore docile, che sappia “ascoltare”, che possa distinguere il bene dal male. A Dio è piaciuto molto che Salomone sia stato così vero, onesto e umile. Questo dono lo abbiamo anche noi, si chiama sapienza, non la si conosce sui libri, né all’università, ma lasciando crescere in noi quest’amore, senza voler prevaricare, senza utilitarismi e come retrogusto lascia la gioia. Una gioia profonda che è presente anche quando tutto è buio. Non siamo sulla sfera del razionale, è la sfera dove il divino si cala nell’umano e lascia qualcosa di sé. Lo possiamo esperimentare tutti, basta esserne attenti e riconoscere che noi non ci siamo dati la vita. In noi c’è una vita sempre da scoprire. Come fare? Relazionandola agli altri, donandola al popolo di Dio che si è scelto, oggi a chi ci abita vicino.

Ecco il segreto è non volere avere le redini noi di tutto, essere capaci di riconoscere che Dio ci ha donato ogni cosa e precede ogni nostro desiderio e bisogno, ma noi siamo suoi e siamo realizzati nella verità e nella libertà quando permettiamo a lui di vivere una vita divina in noi e il frutto di tutto questo è la pace e una gioia immensa. La sapienza è dunque un cercare, un discernere le vie del bene in ogni situazione.

MATTEO 13, 44-52
Oggi proseguono, come da due domeniche, le parabole scritte da Matteo. Ricordate? Matteo, l’uomo che riscuoteva le tasse, ricco, disonesto, ritenuto irrecuperabile e da tenere lontano, viene invece chiamato da Gesù con uno sguardo intenso che sa leggere il profondo, Gesù gli dice: “Seguimi…”
Due settimane fa abbiamo letto la parabola del seminatore, la settimana scorsa quella del grano e della zizzania; oggi ben tre parabole per indicare con degli esempi quello che Matteo ha vissuto. Dice che il regno dei cieli, ossia quando sei con Dio, è come un tesoro nascosto nel campo.

Cerchiamo di capire, ma non è difficile perché la parabola è ambientata in un mondo dove regnava l’insicurezza, come oggi d’altronde. Per questa ragione, molta gente preferiva seppellire il suo denaro (oro, argento…) per metterlo al sicuro. Quindi cercare tesori nascosti era un’attività comune e sino ad oggi c’è gente che si dedica a questa ricerca. Per la mentalità di allora il proprietario del campo è anche proprietario di quanto giace in esso. Per questo motivo l’uomo compra il campo. Per riportare la parabola ai nostri tempi immaginiamo che in banca esca un BOT, CCT o qualcosa di simile che dia il cento per uno, a tempo indeterminato. Chi lo sa vende tutto ciò che ha e lo compra, è sistemato per la vita. L’esempio non calza moltissimo ma l’esperienza dell’incontro con Dio, come ha fatto Matteo e come anche a me e a tanti altri è successo, incontrare lo sguardo di Dio che ti dà tutto ciò di cui hai bisogno ti riempie di una tale gioia indicibile che tutto il resto perde di colore. Non è quindi un sacrificio lasciare, vendere tutto, perché sei in possesso di un bene che ha un valore non paragonabile a qualsiasi altro valore. Quest’incontro è la consapevolezza di una realtà che hanno tutti e che non si può fermare dentro di sé, perché sarebbe come far stagnare l’acqua in una pozza, dopo un po’ marcisce, puzza. L’acqua deve scorrere come in un fiume, in un torrente, irrigare i campi, rendere possibile la crescita del grano e della zizzania.

La seconda parabola è simile alla prima, ma il soggetto è diverso. Il primo scopre per caso il tesoro senza cercarlo mentre nella seconda il mercante parte alla ricerca della perla. Cosa vuol dire? Il regno, la realtà che Dio è padre tenero e premuroso viene trovato, in questa realtà ci s’imbatte, non importa se per caso o per precisa ricerca, è una realtà già presente. Il tema della gioia dell’incontro insperato con una realtà meravigliosa è presente in tutte e due le parabole, ed è ovvio lasciare tutto il resto per avere ciò che evidentemente vale di più.
Il discorso si conclude con la parabola della rete, Matteo, Gesù sono vicini al lago di Genesaret, nella regione dove Gesù ha iniziato la sua predicazione, la capiscono molto bene i pescatori. Nella rete ci finisce qualunque tipo di pesce e anche altro. Erano ritenuti pesci cattivi i molluschi: disprezzati perché privi di spina dorsale, senza nerbo. E’ simile alla parabola della zizzania, nella rete ci finisce il pesce buono e quello cattivo. Provo a fare un altro esempio, che forse non è per addetti ai lavori, nella rete vedo l’effetto che irretisce della televisione. Io non ce l’ho per quello, non mi piace essere irretita da qualunque tipo di rete ma ho visto che prende un po’ tutti. Al posto del televisore ho messo un quadro dell’ultima cena e a mensa con Gesù e gli apostoli mi sento irretita da una rete che non mi fa paura.

Ripeto poi quanto ho appreso sul giudizio perché questa parabola termina dicendo che i pescatori, si mettono a sedere, come i signori, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via quelli cattivi. La prima cosa che ho imparato è che non siamo noi nella figura del pescatore che fa la cernita tra pesce buono e pesce cattivo, noi non vediamo il cuore dell’uomo ma solo l’apparenza, quindi per favore non giudichiamo. La seconda è che non giudica neanche Dio. Il Dio, che ci ha rivelato Gesù, è un padre che ama e che vuole assolutamente che tutti siano pieni del suo amore. Ma come prima condizione dell’amore ci lascia liberi ed ecco la scelta di accettare il suo amore che ci rende buoni, simili a lui o se lo rifiutiamo cattivi, simili a colui che divide l’uomo da Dio, l’uomo dall’uomo e dal creato: il diavolo. Quello che è chiamato giudizio è una constatazione, il pescatore constata il pesce buono da quello cattivo. Dio rispetta fino all’ultimo la nostra scelta: questo è il giudizio, siamo noi a giudicarci.

Amici, vendere tutto è rinunciare a volersi salvare con le proprie forze, è lasciare dietro a sé ogni dipendenza dagli sguardi che mi valorizzano, è tenere il proprio posto per permettere all’altro di occupare il suo posto. Vendere tutto è lasciarsi attrarre dall’unico vero bene, ma come fare? Nulla è impossibile a Dio: fidati del bene e lo troverai.
Il mio desiderio tende a un bene limitato, piccolo e invece l’offerta di vita è sempre più grande. A volte perdere un piccolo guadagno può aprire a guadagni molto più grandi in altre dimensioni. La lieta notizia è vicina, occorre afferrarla: esperimenteremo una gioia grande!

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

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XVII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 13, 44-52
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 30 Luglio – 05 Agosto 2017
  • Tempo Ordinario XVII, Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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