Commento al Vangelo del 21 maggio 2017 – Sant’Agostino

Il dono di un altro Paraclito.

Chi ama è segno che ha lo Spirito Santo, e quanto più amerà tanto più lo avrà, affinché possa amare sempre di più.

  1. Abbiamo ascoltato, o fratelli, mentre veniva letto il Vangelo, il Signore che dice: Se mi amate, osservate i miei comandamenti; ed io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, il quale resti con voi per sempre; lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché rimane tra voi e sarà in voi (Gv 14, 15-17). Molte sono le cose da approfondire in queste poche parole del Signore; ma sarebbe troppo cercare ogni cosa che qui si può trovare, o pretendere di trovare ogni cosa che qui si può cercare. Tuttavia, prestando attenzione a ciò che noi dobbiamo dire e che voi dovete ascoltare, secondo quanto il Signore vorrà concederci e secondo la nostra e vostra capacità, ricevete per mezzo nostro, o carissimi, ciò che noi possiamo darvi, e chiedete a lui ciò che noi non possiamo darvi. Cristo promise agli Apostoli lo Spirito Paraclito; notiamo però in che termini lo ha promesso. Se mi amate – egli dice – osservate i miei comandamenti; ed io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, il quale resti con voi per sempre: lo Spirito di verità. Senza dubbio si tratta dello Spirito Santo, una persona della Trinità, che la fede cattolica riconosce consostanziale e coeterno al Padre e al Figlio. E’ di questo Spirito che l’Apostolo dice: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5, 5). Come può dunque il Signore, riferendosi allo Spirito Santo, dire: Se mi amate, osservate i miei comandamenti; ed io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, dal momento che senza questo Spirito non possiamo né amare Dio, né osservare i suoi comandamenti? Come possiamo amare Dio per ricevere lo Spirito, se senza lo Spirito non possiamo assolutamente amare Dio? E come possiamo osservare i comandamenti di Cristo per ricevere lo Spirito, se senza questo dono non possiamo osservarli? E’ forse da pensare che prima c’è in noi la carità, che ci consente di amare Cristo, e, amandolo e osservando i suoi comandamenti, si può meritare il dono dello Spirito Santo così che la carità (non di Cristo che già era presente, ma di Dio Padre), si riversi nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato? Questa è un’interpretazione errata. Infatti, chi crede di amare il Figlio e non ama il Padre, significa che non ama il Figlio, ma una invenzione della sua fantasia. Perciò l’Apostolo dichiara: Nessuno può dire: Gesù è il Signore, se non nello Spirito Santo (1 Cor 12, 3). Chi può dire: Gesù è il Signore, nel senso che intende l’Apostolo, se non chi lo ama? Molti infatti riconoscono Gesù a parole, mentre col cuore e con le opere lo rinnegano; come appunto dice l’Apostolo: Confessano sì di conoscere Dio, ma con le opere lo negano (Tt 1, 16). Se con le opere si può negare Dio, è altrettanto vero che è con i fatti che lo si confessa. E così nessuno può dire: Gesù è il Signore – con l’animo, con le parole, con i fatti, con il cuore, con la bocca, con le opere – se non nello Spirito Santo; e nessuno lo dice in questo senso se non chi lo ama. Ora, se gli Apostoli dicevano: Gesù è il Signore, e non lo dicevano in modo finto come quelli che lo confessano con la bocca e lo negano con il cuore e con le opere, se insomma lo dicevano in modo autentico, sicuramente lo amavano. E come lo amavano, se non nello Spirito Santo? E tuttavia il Signore ordina loro, prima di tutto di amarlo e di osservare i suoi comandamenti, per poter ricevere lo Spirito Santo, senza del quale essi di sicuro non avrebbero potuto né amarlo né osservare i suoi comandamenti.

[Viene promesso lo Spirito Santo anche a chi lo ha.]

  1. Dobbiamo dunque concludere che chi ama lo Spirito Santo, e, avendolo, merita di averlo con maggiore abbondanza, e, avendolo con maggiore abbondanza, riesce ad amare di più. I discepoli avevano già lo Spirito Santo, che il Signore prometteva loro e senza del quale non avrebbero potuto riconoscerlo come Signore; e tuttavia non lo avevano con quella pienezza che il Signore prometteva. Cioè, lo avevano e insieme non lo avevano, nel senso che ancora non lo avevano con quella pienezza con cui dovevano averlo. Lo avevano in misura limitata, e doveva essere loro donato più abbondantemente. Lo possedevano in modo nascosto, e dovevano riceverlo in modo manifesto; perché il dono maggiore dello Spirito Santo consisteva anche in una coscienza più viva di esso. Parlando di questo dono, l’Apostolo dice: Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo ma lo Spirito che viene da Dio, affinché possiamo conoscere le cose che da Dio ci sono state donate (1 Cor 2, 12). E non una volta, ma ben due volte il Signore elargì agli Apostoli in modo manifesto il dono dello Spirito Santo. Appena risorto dai morti, infatti, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20, 22). E per averlo dato allora, forse che non inviò anche dopo lo Spirito promesso? O non era il medesimo Spirito quello che Cristo alitò su di loro e poi ancora inviò ad essi dal cielo (cf. At 2, 4)? Qui si pone un’altra domanda: perché questo dono fu elargito in modo manifesto due volte? Forse questo dono fu elargito visibilmente due volte perché due sono i precetti dell’amore: l’amore di Dio e quello del prossimo, e per sottolineare che l’amore dipende dallo Spirito Santo. Se bisogna cercare un altro motivo, non è adesso il momento, dato che non possiamo tirare troppo in lungo questo discorso. L’importante è tener presente che senza lo Spirito Santo noi non possiamo né amare Cristo né osservare i suoi comandamenti, e che tanto meno possiamo farlo quanto meno abbiamo di Spirito Santo, mentre tanto più possiamo farlo quanto maggiore è l’abbondanza che ne abbiamo. Non è quindi senza ragione che lo Spirito Santo viene promesso, non solo a chi non lo ha, ma anche a chi già lo possiede: a chi non lo ha perché lo abbia, a chi già lo possiede perché lo possieda in misura più abbondante. Poiché se non si potesse possedere lo Spirito Santo in misura più o meno abbondante, il profeta Eliseo non avrebbe detto al profeta Elia: Lo Spirito che è in te, sia doppio in me (2 Sam 2, 9).
  2. Quando Giovanni Battista disse: Iddio dona lo Spirito senza misura (Gv 3, 34), parlava del Figlio di Dio, al quale appunto lo Spirito è dato senza misura, perché in lui abita tutta la pienezza della divinità (cf. Col 2, 9). Non potrebbe infatti l’uomo Cristo Gesù essere mediatore tra Dio e gli uomini senza la grazia dello Spirito Santo (cf. 1 Tim 2, 5). Infatti egli stesso afferma che in lui si è compiuta la profezia: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha unto, mi ha mandato a predicare ai poveri la buona novella (Lc 4, 18-21). Che l’Unigenito sia uguale al Padre, non è grazia ma natura; il fatto invece che l’uomo sia stato assunto nell’unità della persona dell’Unigenito, è grazia non natura, secondo la testimonianza del Vangelo che dice: Intanto il bambino cresceva, si fortificava ed era pieno di sapienza, e la grazia di Dio era in lui (Lc 2, 40). Agli altri, invece, lo Spirito viene dato con misura, e questa misura aumenta, finché si compie per ciascuno, secondo la sua capacità, la misura propria della sua perfezione. Donde l’esortazione dell’Apostolo: Non stimatevi più di quello che è conveniente stimarsi, ma stimatevi in maniera da sentire saggiamente di voi, secondo la misura di fede che Dio ha distribuito a ciascuno (Rm 12, 3). Lo Spirito infatti non viene diviso; sono i carismi che vengono divisi come sta scritto: Vi sono diversità di carismi, ma identico è lo Spirito (1 Cor 12, 4).
  3. Dicendo poi: Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, il Signore ci fa capire che egli stesso è Paraclito. Paraclito corrisponde al latino avvocato; e Giovanni dice di Cristo: Abbiamo, come avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto (1 Io 2, 16). In questo senso dice che il mondo non può ricevere lo Spirito Santo, così come sta scritto: Il desiderio della carne è inimicizia contro di Dio: esso infatti non si assoggetta alla legge di Dio né lo potrebbe (Rm 8, 7). Come a dire che l’ingiustizia non può essere giusta. Per mondo qui si intende coloro che amano il mondo di un amore che non proviene dal Padre. E perciò l’amore di Dio, riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato, è l’opposto dell’amore di questo mondo, che ci sforziamo di ridurre e di estinguere in noi. Il mondo quindi non lo può ricevere perché non lo vede né conosce. L’amore mondano, infatti, non possiede occhi spirituali, senza dei quali non è possibile vedere lo Spirito Santo, che è invisibile agli occhi della carne.
  4. Ma voi – dice il Signore – lo conoscerete perché rimarrà tra voi e sarà in voi. Sarà in loro per rimanervi, non rimarrà per esservi; poiché per rimanere in un luogo, prima bisogna esserci. E affinché non credessero che l’espressione: rimarrà presso di voi, volesse significare una permanenza simile a quella di un ospite in una casa, spiegò il senso delle parole: rimarrà presso di voi, aggiungendo: e sarà in voi. Lo si potrà dunque vedere in modo invisibile, e non potremmo conoscerlo se non fosse in noi. E’ così che noi vediamo in noi la nostra coscienza; noi possiamo vedere la faccia di un altro, ma non possiamo vedere la nostra; mentre possiamo vedere la nostra coscienza e non possiamo vedere quella di un altro. La coscienza, però, non esiste fuori di noi, mentre lo Spirito Santo può esistere anche senza di noi; e che sia anche in noi, è un dono. E se non è in noi, non possiamo vederlo e conoscerlo così come deve essere veduto e conosciuto.

Io sono nel Padre mio, e voi in me ed io in voi.

In quel giorno conoscerete… E’ il tempo della Chiesa, che decorre tra la Risurrezione e la fine dei tempi, perché già fin d’ora noi siamo in lui e lui è in noi. Ma per poter conoscere come siamo conosciuti, bisogna aspettare la visione faccia a faccia.

  1. Il Signore, dopo aver promesso lo Spirito Santo, affinché non si pensasse che lo Spirito Santo avrebbe preso il suo posto, e che egli non sarebbe stato più con loro, subito aggiunse: Non vi lascerò orfani; ritornerò a voi (Gv 14, 18). Orfani è lo stesso che pupilli. Orfano è un termine greco che corrisponde al latino pupillo. Infatti, dove nel salmo si dice: Tu sarai l’appoggio del pupillo (Sal 9, 14), nel testo greco al posto di pupillo c’è orfano. Non contento quindi di averci fatto figli adottivi del Padre e di aver voluto che noi avessimo, per grazia, il medesimo Padre che è suo per natura, il Figlio di Dio ci dimostra anch’egli in un certo senso affetto paterno, dicendo: Non vi lascerò orfani; ritornerò a voi. E’ per lo stesso motivo che ci chiama anche figli dello sposo, quando dice: Verranno giorni in cui sarà tolto lo sposo, e allora i figli dello sposo digiuneranno (Mt 9, 15). Ora, chi è questo sposo, se non Cristo Signore?
  2. Proseguendo dice: Ancora un po’ e il mondo non mi vedrà più (Gv 14, 19). E che? In quel momento il mondo lo vedeva? E come può essere, se egli per mondo vuole che noi si intenda coloro di cui ha parlato prima, quando, a proposito dello Spirito Santo, ha detto che il mondo non può riceverlo perché non lo vede né lo conosce (Gv 14, 17)? Il mondo, certo, vedeva con gli occhi della carne colui che s’era reso visibile mediante la carne, ma non vedeva il Verbo che era nascosto nella carne: vedeva l’uomo, non vedeva Dio; vedeva il vestito, non vedeva chi lo indossava. Ma siccome dopo la sua risurrezione egli ai discepoli mostrò pure la sua carne, non solo perché la vedessero ma anche perché la toccassero, mentre non la mostrò agli altri, è forse in questo senso che bisogna intendere la frase: Ancora un po’ e il mondo non mi vedrà più; voi, invece, mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete (Gv 14, 19).

[La resurrezione sua e la nostra.]

  1. Che significa: perché io vivo e voi vivrete? Perché il presente per sé e il futuro per loro, se non perché promise loro la vita anche del corpo, risuscitato da morte, quale era quella che stava per realizzarsi in lui come primizia? E siccome la sua risurrezione era imminente, usa il presente per indicarne l’immediatezza; e siccome la loro risurrezione invece doveva avvenire alla fine del mondo, non dice: vivete, ma: vivrete.In modo discreto e conciso ha promesso le due risurrezioni: la sua immediata, e la nostra per la fine del mondo, usando rispettivamente il presente e il futuro. Perché io vivo – dice – e voi vivrete; cioè noi vivremo perché egli vive. Siccome per mezzo di un uomo venne la morte, così anche per mezzo di un uomo verrà la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così anche in Cristo tutti saranno vivificati (1 Cor 15, 21-22). Nessuno muore se non a motivo di Adamo, e nessuno viene alla vita se non per mezzo di Cristo. E’ perché siamo nati che ci ha colti la morte, ed è perché egli vive che noi vivremo: morimmo a lui quando volemmo vivere per noi; ma siccome lui è morto per noi, vive per sé e per noi. Perché, dunque, egli vive, anche noi vivremo. Non possiamo da noi procurarci la vita, così come da noi ci siamo procurata la morte.
  2. In quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi (Gv 14, 20). In quale giorno? Nel giorno di cui ha parlato prima quando ha detto: e voi vivrete. Allora noi potremo finalmente vedere ciò che ora crediamo. Infatti, anche ora egli è in noi e noi siamo in lui; ma questo ora noi lo crediamo, mentre allora ne avremo la piena conoscenza. Ciò che ora conosciamo credendo, allora conosceremo contemplando. Finché, infatti, siamo nel corpo come è adesso, cioè corruttibile e che appesantisce l’anima, siamo esuli dal Signore; camminiamo infatti nella fede e non per visione (cf. 2 Cor 5, 6). Allora, quando lo vedremo così come egli è, lo vedremo faccia a faccia (cf. 1 Io 3, 2.). Se Cristo non fosse in noi anche ora, l’Apostolo non direbbe: Se Cristo è in noi, il corpo è bensì morto per il peccato, lo spirito invece è vita per la giustizia (Rm 8, 10). Egli stesso apertamente afferma che fin d’ora noi siamo in lui, quando dice: Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15, 5). In quel giorno, dunque, quando vivremo quella vita in cui la morte sarà stata assorbita, conosceremo che egli è nel Padre, e noi in lui e lui in noi; perché allora giungerà a perfezione quanto per opera sua è già cominciato: la sua dimora in noi e la nostra in lui.
  3. Chi ha i miei comandamenti e li osserva: ecco chi mi ama. Chi li custodisce nella memoria, e li attua nella vita; chi li tiene presenti nelle sue parole, e li esprime nei costumi; chi li ha perché li ascolta, e li osserva praticandoli; oppure chi li ha perché li pratica, e li osserva costantemente, ecco chi mi ama. L’amore bisogna dimostrarlo con i fatti altrimenti è una parola vuota e sterile. E colui che mi ama – continua – sarà amato dal Padre mio, e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui (Gv 14, 21). Dice che lo amerà, forse perché ancora non lo ama? No davvero. Come potrebbe infatti amarci il Padre senza il Figlio, o il Figlio senza il Padre? Come possono amare separatamente essi che operano sempre inseparabilmente? Egli dice: lo amerò, per concludere subito: e mi manifesterò a lui. Lo amerò e mi manifesterò, cioè lo amerò per manifestarmi a lui. Ora, infatti, ci ama concedendoci di credere in lui e di rimanere nell’obbedienza della fede; allora ci manifesterà il suo amore concedendoci di vederlo e di ricevere, con la visione beatifica, il premio della nostra fede. E anche noi ora lo amiamo credendo ciò che allora vedremo, mentre allora lo ameremo vedendo ciò che ora crediamo.

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VI Domenica del Tempo di Pasqua

Gv 14, 15-21
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 21 – 27 Maggio 2017
  • Tempo di Pasqua VI, Colore – Bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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