Commento a Levitico 17-20 (Lv 17-20)

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Nelle prescrizioni di santità troviamo un pochino di tutto: dal divieto di mangiare carne al sangue al divieto di consultare i morti, di avere rapporti incestuosi o bestiali, sino al comandamento di amare lo straniero come noi stessi.

Per alcune cose inoltre sarebbe prevista la pena di morte, ma al contempo si chiede di non accusare il prossimo con accuse che lo porterebbero alla morte. Più che altro ciascuno è responsabile della propria condanna. Tutte queste regole date a Israele lo differenzierebbero dai popoli pagani. Il loro rispetto giustificherebbe la vittoria del popolo ebraico su quelli “impuri” circostanti che non avrebbero il favore divino. Eppure, si diceva, occorre un occhio di riguardo anche per gli stranieri: non vanno oppressi ma anzi va lasciato loro del cibo tra le spighe di grano da non raccogliere lungo la strada.

Questo ci porta a riflettere sulla nostra identità, in relazione con i “diversi” di tutti i tipi: cosa ci distingue dagli altri, in particolar modo da chi non professa la nostra fede?

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A cura di Piotr Zygulski