Commento a Genesi 19-22

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Il capitolo 19 di Genesi prosegue il tema dell’ospitalità. Come Abraamo e Sara ospitarono i tre uomini sconosciuti alle Querce di Mamre, così Lot è altrettanto ospitale verso le creature sconosciute: i messaggeri, gli angeli del Signore. Come lo zio, anche Lot si prostra a terra, riconoscendo nella loro visita un vero dono di Dio. Implora che si fermino da lui.

Ma Sodoma, a differenza delle Querce, è una città. Già erano note le ingiustizie dei suoi abitanti. Qui si giunge proprio al pervertimento dell’ospitalità. Lot, che vive da ospite, sa cosa significa trovarsi lontano, e a sua volta ospita. Gli abitanti di Sodoma invece lo additano: è straniero, quindi decidiamo noi cosa deve fare. Come poi farà Abraamo, pronto a sacrificare tutto a partire dal figlio Isacco, Lot è disposto a dare le sue figlie – quanto è più caro a lui – pur di difendere gli ospiti che Dio gli ha donato.

A motivo degli angeli, i Sodomiti non ci videro più. La loro stessa ira cieca impedì loro di vedere persino la distruzione alla quale si stavano condannando, mentre gli angeli aiutarono Lot e le figlie a fuggire. Inoltre si chiarisce con il re Abimelech l’ambiguità su Sara sorellastra/moglie di Abraamo – concludendo una duplice alleanza – e nel frattempo nasce il figlio Isacco. Abraamo accetta controvoglia l’ulteriore allontanamento di Agar e Ismaele, ma fornendo loro i viveri e con la rassicurazione da parte di Dio che anche questo figlio viene reso partecipe della promessa della sua stirpe numerosa. Nel deserto prima o poi i viveri finiscono, ma Dio per mezzo del grido e delle lacrime di Agar le apre gli occhi, fino a vedere un pozzo. Le lacrime di Agar dissetano lei e Ismaele.

Che sguardo hai sugli ospiti, soprattutto se stranieri e/o sconosciuti? Ti comporti più come Lot, pronto a sacrificare il meglio per loro, oppure come gli abitanti di Sodoma che tirano fuori il peggio, perché vogliono aprofittarsene? Sono “risorse” utili oppure doni di Dio?

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A cura di Piotr Zygulski