Il Salmo 98 (97) si apre con il versetto Cantate Dominum canticum novum, come del resto il Sal 96 (95). Nelle traduzioni poetiche che vi propongo di David Turoldo è tradotto «Intonate al Signore un canto nuovo». L’aggettivo “nuovo” (chadash) evoca qualcosa di fresco, rinnovato, sistemato, riportato finalmente allo splendore delle origini.

Salmo anche questo del post-esilio babilonese, esso festeggia la vittoria personale di YHWH in ogni opera di liberazione del suo popolo, strepitosa quanto quella dell’Esodo. Riattualizzata nel canto e aperta al futuro, questa festa non è riservata a chi già conosceva il “nostro Dio” (Elohenu), bensì coinvolge tutti gli altri popoli della terra (goyim), diversi da quello ebraico.

Essi non solo assistono ma pure partecipano del solenne trionfo/salvezza (yeshuah) e per questo sono invitati a irrompere con strilli, grida e suoni vari al cospetto della regalità di YHWH, celebrata da persone, strumenti musicali e natura tutta. È un re di gioia, che anima di vita e riempie di armonia l’accordo del creato.

Intonate al Signore un canto nuovo,
perché ha fatto ancora meraviglie:
ha portato vittoria la sua mano,
il suo braccio invincibile e santo!
[…]
Gli estremi confini della terra
hanno visto il trionfo del Dio nostro:
terre tutte, acclamate al Signore,
esultate, gridate, inneggiate.

Componetegli canti con le arpe,
con le arpe dai suoni melodiosi,
con le trombe squillanti e le cetre,
acclamate davanti al Re e Signore.
[…]

«Se non riuscite ad esprimere con la parola la vostra gioia, giubilate. Il giubilo esprima la vostra letizia allorché la parola non ne è in grado. Comunque, che la vostra gioia non vi lasci muti! Che il cuore non resti muto dinanzi al suo Dio; non ne taccia i benefici ricevuti» (Agostino).

Fonte: Buttadentro, canale Telegram gestito da Piotr Zygulski

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