card. Gianfranco Ravasi – L’annuncio a sorpresa nel mattino di Pasqua

613

È l’alba della Pasqua cristiana e nelle vie ancora deserte di Gerusalemme si muove un gruppetto di donne. La loro meta è il sepolcro, scavato nella roccia, di Giuseppe di Arimatea, un seguace segreto di Gesù di Nazaret: costui aveva ceduto al Maestro la sua tomba perché avesse una degna sepoltura, dopo la fine infame a cui era stato sottoposto con la crocifissione. Giuseppe era una personalità, uno dei settanta membri del Sinedrio, il consiglio superiore politico-religioso del giudaismo di allora. Egli non aveva esitato a votare contro quando il consesso, durante l’assise processuale, aveva condannato a morte Gesù. Non aveva neppure esitato a chiedere udienza al governatore romano Pilato per impedire che la salma del rabbì di Nazaret fosse consegnata alla fossa comune dei condannati.

Noi, che abbiamo scelto di evocare tutte le presenze femminili del Vangelo di Luca, seguiamo ora quelle donne che al mattino presto stanno portando gli aromi rituali per onorare quel povero cadavere martoriato (Luca 24,1-11). La scorsa settimana le avevamo incontrate sia quando Gesù aveva esalato in croce l’ultimo suo respiro, sia quando il suo corpo era stato traslato nel sepolcro di Giuseppe d’Arimatea (23,47-56). Ma ecco la sorpresa che le lascia sbalordite: la pietra tombale è rimossa e la tomba è vuota. Sconcertate, s’interrogano su un evento così inatteso.

A sorpresa, però, si aggiunge sorpresa: due uomini sfolgoranti appaiono davanti a loro, incarnando la tradizionale fisionomia dei messaggeri angelici di Dio. Le loro parole sono impressionanti e comprendono tre elementi fondamentali della fede cristiana. Il primo è una domanda di forte impatto: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?». Giunte per venerare un cadavere, le donne sono invece esortate a cercare l’incontro con una persona vivente. La morte non è stata per lui l’ultima parola, come accade con le altre creature umane.

La seconda componente è in una formula che sarà la professione di fede cristiana espressa con un solo verbo: «È risorto!». È l’annuncio che, da quel momento, attraverserà i secoli fino a oggi. Infine, si introduce la memoria del Gesù storico che esse avevano conosciuto e ascoltato, quando egli prefigurava a più riprese l’esito della sua vita terrena. Anche in questo terzo elemento si intuisce il Credo cristiano: «Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno».

Le prime testimoni della Risurrezione sono, perciò, queste donne, un dato storico anch’esso sorprendente e autentico perché mai si sarebbe inventata una simile attestazione: le donne non erano abilitate a testimoniare perché escluse come figure giuridiche. Ancora una volta Cristo aveva scelto tra coloro che sono ultimi ed emarginati le annunciatrici agli apostoli della sua nuova presenza. Luca tra loro segnala tre nomi: Maria di Magdala, una non meglio precisata Giovanna che potrebbe essere la moglie di Cuza, amministratore di Erode (8,3), una delle discepole di Cristo, e Maria madre di Giacomo, il “fratello” di Gesù, una donna che quindi apparteneva al clan familiare dello stesso Gesù. Anche i discepoli di Emmaus ricorderanno che erano state proprio queste donne a «sconvolgerci » con l’annuncio della Risurrezione di Cristo (24,22).

Fonte