Commento al Vangelo del 20 febbraio 2017

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Spesso, come un fiume carsico, scorre in noi una sottile sofferenza, generata in noi dall’ascolto che abbiamo prestato al “se” insinuatoci dal demonio. Quanti “se” ci succhiano le energie, spogliando la vita della sua autenticità, per catapultarci in una selva di dubbi e angosce che ci impediscono di entrare nella storia.

“Se tu puoi qualcosa” è figlio del “se” sibilato dal serpente mentre ipnotizzava le debolezze di Adamo ed Eva: “se Dio ti ama” perché questa situazione? Così, con un “se” gonfio di invidia la morte è entrata nel mondo, ed è giunta sino a te e a me. Il figlio del Vangelo è immagine di ogni uomo che, concepito nel peccato, è stirpe di Adamo ed Eva, parte di una generazione incredula. Anche noi sperimentiamo le conseguenze del “se” accolto nel cuore che appaiono nel ragazzo; forse le vedi oggi in tuo marito o tua moglie, nei tuoi figli: tutto si fa ostile, mentre il rancore getta nel fuoco delle passioni o nell’acqua melmosa della depressione.

Il demonio afferra con i pensieri, getta al suolo incapaci di perdonare, pazientare, scusare; e si comincia a schiumare ira di fronte ai torti e alle ingiustizie, si digrignano i denti pieni di sdegno per le debolezze dell’altro, ci si irrigidisce nelle proprie posizioni. E non possiamo farci nulla perché, ingannati, lottiamo contro le creature di carne e di sangue o gli eventi per cambiarli, e non ci abbandoniamo all’unico che può scacciare dalla nostra vita il demonio. Sino a quando Gesù, stanco di stare in mezzo a tanta insopportabile incredulità, non ci viene incontro.

Per guarirci, Gesù ci chiede ad esempio da quanto tempo siamo incapaci di perdonare. O da quanto tempo non possiamo fare a meno di essere al centro dell’attenzione. Dall’infanzia, da quando cioè il demonio ci ha ingannato. Ma la sola presenza di Gesù nelle liturgie dove ci conduce la Chiesa scuote il cuore perché sia svelato lo spirito muto che ci isola dagli altri e dalla storia. Proprio le convulsioni provocate dalla Parola predicata dalla Chiesa sono il segno che si comincia a guarire.

E quando sembra che neanche i preti e i catechisti possano nulla, il Signore può annunciarci le stesse parole rivolte dall’angelo a Maria: Tutto è possibile per chi crede. Parole che, rispondendo con amore alla nostra incredulità, illuminano il “se” nascosto nel cuore per aprirci a Lui con l’umiltà della fede. Pur nell’apparente contraddizione, credere innanzitutto che siamo increduli, per credere poi che Gesù, oggi e ogni istante della nostra vita, può aiutarci nella nostra incredulità.

“Credo”, ed è un dono del Cielo; “aiutami nella mia incredulità”, e siamo noi che accettiamo di essere, atterriti dal male impossibile da sconfiggere, incapaci di tutto, perfino di appoggiarci a Lui. Scacciare un demonio installato nel cuore infatti, è l’impossibile per eccellenza. Solo la preghiera insistita della Chiesa che siamo chiamati a fare nostra può innescare il potere infinito di Gesù. Chi ama prega, non si perde in chiacchiere e ricorsi umani, perché amare è conoscere l’origine della sofferenza dell’altro e sapere che solo un esorcismo può salvarlo. Se non preghi è perché non ami davvero, neanche tuo figlio.

Forse hai a cuore la sua salvezza umana, non certo il suo destino eterno con Cristo. Per questo, chi ama sua moglie, suo marito, i suoi figli, le pecore affidategli, si lascia assorbire nell’intimità di Cristo dove può consegnargli, nella preghiera, anche i casi più disperati, nella certezza della fede della Chiesa, che a Lui nulla è impossibile. Ma può pregare solo chi, ascoltando il Signore ordinare allo spirito malvagio di uscire da lui, ha sperimentato la morte dell’uomo vecchio e la liberazione dal demonio, autentica perché non è più rientrato nel suo cuore.

Allora non nevrotizzeremo somatizzando interiormente le convulsioni dei figli o di chi ci è accanto, ma sapremo riconoscere in esse il demonio che, uscendo, li lascia come morti perché non possono fare quello che la carne esigerebbe facendosi del male. E discernere nella pace la mano di Cristo che, per mezzo della Chiesa, li sta sollevando rimettendoli in piedi, ovvero risuscitando nella dignità dei figli di Dio.