Il Vangelo del Giorno, 26 dicembre 2015 – Mt 10, 17-22

Il testo ed il commento al Vangelo del 26 dicembre 2015 – Mt 10, 17-22, IV settimana del tempo di Avvento – Anno I.

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  • Colore liturgico: viola
  • Le letture del giorno: At 6,8-12;7,54-60; Sal 30; Mt 10, 17-22

Mt 10, 17-22
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Bruno Ferrero – Storie di Natale, d’Avvento e d’epifania

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Commenti al Vangelo di Mt 10, 17-22

 59 Carracci - martirio di Santo Stefano - Mt 10, 17-22

Commento di Paolo Curtaz

Come a Pasqua, così a Natale abbiamo la fortuna di avere conservato, della splendida cultura ebraica, i nostri amati e bastonati fratelli maggiori, il ritmo settimanale della festa: non esiste una festa che non duri almeno sette giorni. Una provocazione, una mossa tutta da ridere in questi tempi del fast-tutto in cui cambiamo il cellulare ogni tre mesi e mangiamo in dieci minuti. Una settimana di tempi supplementari, in cui ancora dire: “buon Natale”, in cui prendersi i famosi dieci minuti per fare un salto a Betlemme e lì fermarsi a meditare, come la giovane adolescente di Nazareth, Maria la bella, che conserva nel cuore e mette insieme tutti i pezzi che hanno scombinato la sua vita. Una settimana per accorgersi, anche i più masticati dalla festività, coloro che hanno il cuore devastato dalla tristezza, della follia di Dio. E proprio per loro la Chiesa, oggi, con una incredibile ricorrenza: quella della festa del primo martire. È come se la fede ci dicesse: quel bambino chre nasce suscita divisione, odio, rancore, obbliga a schierarsi. Natale non è solo un coro di voci bianche e di zampogne, di dolci melodie e di clima ovattato: è soprattutto il dramma di un Dio presente, e di un uomo che non lo accoglie.

Commento dei Carmelitani

[ads2]Il contrasto è enorme. Ieri, giorno di Natale, abbiamo avuto il presepe del bambino appena nato con il canto degli angeli e la visita dei pastori. Oggi è il sangue di Stefano, lapidato a morte, perché ebbe il coraggio di credere nella promessa espressa nella semplicità del presepe. Stefano criticò l’interpretazione fondamentalistica della Legge di Dio ed il monopolio del Tempio. Per questo lo uccisero (Atti 6,13-14).

Oggi, festa di Stefano, primo martire, la liturgia ci presenta un brano del vangelo di Matteo (Mt 10,17-22), tratto dal così detto Sermone della Missione (Mt 10,5-42). In esso Gesù avverte i discepoli dicendo che la fedeltà al vangelo comporta difficoltà e persecuzioni: “Vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle sinagoghe”. Ma per Gesù l’importante nella persecuzione non è il lato doloroso della sofferenza, bensì il lato positivo della testimonianza: “Sarete condotti davanti ai governanti e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani”. La persecuzione offre l’occasione di dare testimonianza della Buona Notizia che Dio ci reca.

E’ quanto avvenne con Stefano. Dette testimonianza della sua fede in Gesù fino all’ultimo momento della sua vita. Nell’ora della sua morte disse: “Vedo il cielo aperto, ed il Figlio dell’Uomo in piedi alla destra di Dio” (Atti 7,56). E nel cadere morto sotto le pietre imitò Gesù gridando: “Signore, non imputar loro questo peccato!” (Atti 7,60; Lc 23,34).
Gesù aveva detto: “Quando vi consegneranno nelle loro mani non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perchè vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”. Questa profezia si compì anche in Stefano. I suoi avversari “non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava” (Atti 6,10). “E tutti quelli che sedevano nel Sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo” (Atti 6,15). Stefano parlava “pieno di Spirito Santo” (Atti 7,55). Per questo, la rabbia degli altri era così grande che lo linciarono.
Anche oggi succede la stessa cosa. In molti luoghi molte persone sono trascinate dinanzi ai tribunali e sanno dare risposte che superano la saggezza dei dotti e dei sapienti (Lc 10,21).

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