Il cattolicesimo in Cina nel XXI secolo | La Civiltà Cattolica

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rs86052_dscn3298-1.jpgIl cristianesimo arrivò in Cina per la prima volta oltre mille anni fa, ma non durò a lungo. Alopen, monaco siriano, introdusse il cristianesimo nestoriano nel VII secolo, durante la dinastia Tang, e fondò diversi monasteri e chiese. Il nestorianesimo riapparve nel periodo mongolo nel XIII secolo, ed entrò in crisi in Cina nella prima metà del XIV secolo.

Il cattolicesimo romano in Cina crebbe a spese dei nestoriani durante l’ultima dinastia Yuan. Il vescovo francescano Giovanni da Montecorvino iniziò la sua missione evangelizzatrice tra i mongoli a Pechino, che però cessò dopo la fine della dinastia mongola Yuan, nel 1368.

L’arrivo dei primi missionari gesuiti avvenne nel 1582, durante la dinastia Ming: Matteo Ricci e i suoi compagni operarono fino all’inizio della dinastia Qing (1644), prima della Controversia dei riti, che portò l’imperatore cinese a bandire il cristianesimo per un centinaio d’anni. In quel periodo i cattolici godettero di un elevato apprezzamento sociale e di grande rispetto da parte della maggioranza della società cinese, inclusi funzionari governativi, membri della famiglia reale e studiosi. Il numero dei cattolici crebbe.

Nel 1842, dopo la seconda guerra dell’oppio, il Trattato di Nanchino concesse maggiori privilegi alle missioni cristiane nei porti e infine in altre province: così i gesuiti entrarono per la seconda volta in Cina, con il sostegno politico del governo francese. Diversamente dal primo arrivo dei gesuiti – che furono i leader intellettuali della Chiesa cattolica e i pionieri dello scambio culturale ed educativo tra Est e Ovest –, la seconda missione trovò una situazione politica, economica e diplomatica più complicata, che alla fine rafforzò la relazione tra il popolo cinese e i gruppi religiosi stranieri.

[ads2]Durante il periodo repubblicano (1912-1949), il cattolicesimo contribuì in maniera significativa allo sviluppo della società cinese nei settori dell’educazione, dei servizi sociali, della carità e dell’assistenza ai malati, guadagnandosi il rispetto di molti cinesi. Dal 1949 fino alla politica cinese della «porta aperta» del 1978, il cattolicesimo ha affrontato diverse sfide e problemi.

Negli anni Novanta del secolo scorso, è diventato più dinamico e impegnato nell’evangelizzazione, nei servizi e nello scambio formativo con altre regioni e paesi. Anche la formazione delle nuove generazioni di sacerdoti e di suore è migliorata. All’inizio del XXI secolo, la Chiesa cattolica cinese ha iniziato ad affrontare nuove sfide.

La ricerca del senso della vita

Negli ultimi dieci anni la Cina comunista è diventata una nazione sempre più capitalistica, con un’economia in rapida espansione, che ha attirato l’attenzione della comunità internazionale. In questo repentino cambiamento economico, la società e il popolo cinese sono alla ricerca di un senso da dare all’esistenza attraverso diverse tradizioni e discipline. La «via cristiana» di questa ricerca è un tema di attualità nel dibattito sociale, politico ed educativo in Cina. Lo sviluppo e il progresso economico infatti non hanno eliminato i bisogni spirituali: la fede e la spiritualità contribuiscono in modo significativo alla comprensione dell’essere umano, dei suoi valori e delle sue aspirazioni.

La società e il popolo cinese affrontano oggi non soltanto una crisi morale, ma anche e soprattutto una crisi spirituale e di fede. In tutti i settori la vita è diventata troppo materialista e utilitarista, facendo allontanare molte persone dalle proprie tradizioni e dalla propria cultura. Molti genitori, famiglie e scuole cinesi, per esempio, sembrano preoccupati più dei risultati scolastici e dei bisogni materiali degli studenti che della dimensione spirituale e di fede. Inoltre le idee e il comportamento di molti cinesi sono in contrasto con i costumi e i valori spirituali tradizionali.

Quali strategie di evangelizzazione e di servizio ha escogitato la Chiesa cattolica cinese per farsi prossima a questa gente che è in una costante ricerca di senso? È pronta ad affrontare questa sfida?

Il nuovo materialismo e la formazione del laicato

I cattolici cinesi non sono esenti dalle attuali tendenze secolarizzanti e corrono il rischio di perdere la fede o di trascurare la vita spirituale. La Chiesa cattolica cinese oggi affronta sfide diverse. Contrariamente a un decennio fa, essa oggi gode, in molte regioni, di una relativa autonomia dal controllo del governo centrale e locale. Sebbene in Cina la libertà religiosa sia condizionata, la Chiesa cattolica cinese può svolgere un ruolo importante nella missione e nel servizio. Tuttavia essa come si pone di fronte ai cambiamenti e alle sfide dell’attuale società secolare? Come valuta il suo ruolo nello sviluppo spirituale e morale di una società cinese sempre più pluralista e globale?

Negli anni Novanta, la Chiesa cattolica cinese ha visto una rapida crescita delle vocazioni sacerdotali. Esse però ora sono in diminuzione. Dal 1996 a oggi, il numero dei seminaristi è sceso a meno di 900 unità tra seminari maggiori ufficiali e non ufficiali. Secondo i dati della Conferenza episcopale, ci sono 3.316 preti e 5.622 suore che devono prendersi cura di 20-25 milioni di cattolici, oltre a svolgere altri ministeri destinati a diversi settori della popolazione.

In un’epoca sempre più secolarizzata e consumistica, il benessere e le comodità hanno distolto molti giovani cinesi da una scelta di vita a servizio della Chiesa, con condizioni meno confortevoli e, in alcuni casi, anche povere. Inoltre, la politica del «figlio unico» è stata un forte ostacolo a che le famiglie e i giovani prendessero in considerazione la vocazione religiosa e la sua importanza.

La Chiesa cattolica cinese si trova di fronte a una seria crisi vocazionale. Pur continuando a promuovere le vocazioni e a formare il clero e le religiose con lungimiranza e con spirito missionario, essa è chiamata anche ad attuare una strategia formativa chiara ed efficace per il laicato, che rappresenta una risorsa potenziale e il nucleo della Chiesa futura in Cina. L’evangelizzazione e la missione hanno bisogno di un laicato ben preparato.

Nel 2012, la Commissione vaticana per la Chiesa in Cina ha dichiarato che «i laici credenti in Cina devono crescere in grazia davanti a Dio e agli uomini, nutrendo e perfezionando la loro vita spirituale come membri attivi della comunità parrocchiale e impegnandosi nell’apostolato, anche con l’aiuto di associazioni e movimenti ecclesiali che favoriscano il loro cammino formativo». La Commissione ha fatto anche notare che «i pastori – vescovi e sacerdoti – dovrebbero fare ogni sforzo per rafforzare i fedeli laici nella loro conoscenza degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, in particolare per quanto riguarda l’ecclesiologia e la dottrina sociale della Chiesa. Inoltre, sarà utile dedicare speciale attenzione alla preparazione di operatori pastorali che si dedichino all’evangelizzazione, alla catechesi e alle opere di carità. […] Infine, ci si deve aspettare una risposta adeguata ai fenomeni della migrazione interna e dell’urbanizzazione».

Con queste chiare linee-guida, la Chiesa cattolica cinese e i suoi leader a diversi livelli non possono che accelerare il processo e lo sviluppo sostenibile di programmi di formazione dei laici. I parroci e i vescovi dovrebbero permettere ad essi di assumere ruoli di responsabilità nella missione e nel servizio della Chiesa.

Fede e formazione spirituale per i cattolici cinesi

I mezzi tradizionali di cui disponevano i cattolici cinesi per conservare e accrescere la loro fede erano partecipare alla Messa, pregare e accostarsi ai sacramenti. Esperienze come la condivisione della fede in un gruppo, lo studio personale della Bibbia e altre attività di fede per molti cattolici non erano abituali. In passato, il battesimo era quasi l’unica occasione in cui le persone potevano essere aiutate a comprendere la dottrina e gli insegnamenti cattolici e ad applicarli alla loro vita.

Tuttavia, negli anni più recenti la situazione è mutata, e si è verificata una graduale crescita nella formazione alla fede. Per esempio, alcune diocesi e parrocchie hanno realizzato diversi programmi di formazione: catechesi domenicali per bambini, ritiri estivi per giovani, gruppi di giovani adulti, studi biblici, momenti di preghiera, ritiri di formazione spirituale, campi estivi per studenti universitari, direzione spirituale e attività di servizio sociale. Questi programmi servono non soltanto a far sviluppare la fede, ma anche a far conoscere meglio la Chiesa cattolica alla società secolare.

Oggi in regioni come l’Hebei e lo Shanxi si ha una forte presenza di cattolici e si promuovono gruppi giovanili, studi biblici e gruppi di preghiera. In altre regioni troviamo un buon gruppo di cattolici impegnati, che possono realizzare attività ministeriali e assistere i parroci nei loro ministeri. In ogni caso, ai parroci e ai vescovi spetta il compito essenziale di favorire la partecipazione dei cattolici alla missione e ai servizi ecclesiali.

In una Cina gravata da molti problemi sociali ed etici, i giovani cattolici, che sono la speranza della Chiesa di domani, stanno cercando di capire come integrare la fede nella propria esistenza, e come venire incontro ai bisogni sociali ed esercitare un servizio concreto.

Clero, religiose e laici rientrati dall’estero

Negli ultimi venti anni molti sacerdoti, religiose e laici sono andati all’estero per approfondire i loro studi religiosi: per esempio, nelle Filippine, negli Stati Uniti, in Irlanda, Germania, Italia, Francia e Taiwan. È ovvio che, una volta rientrati in Cina, essi abbiano dovuto affrontare una serie di problemi legati al loro riadattamento alla cultura originaria: dallo stile del ministero pastorale alle relazioni tra clero e laicato. Tuttavia, ciò che essi hanno appreso all’estero nelle discipline spirituali, pastorali, bibliche, teologiche ed ecumeniche torna a vantaggio dell’intera Chiesa cinese.

Così, negli Stati Uniti, a partire dal 1991 i padri e fratelli del Movimento missionario Maryknoll hanno formato 137 responsabili della Chiesa cinese, perché potessero tornare in patria e animare la vita di fede come insegnanti nei seminari, superiori di comunità religiose e operatori pastorali. Da allora la Santa Sede ha nominato vescovi cinque sacerdoti che provenivano da questa esperienza. Così, pur rimanendo il cattolicesimo una realtà minoritaria in Cina, questi responsabili ecclesiali possono essere lievito per tutta la popolazione, testimoniando i valori del Vangelo.

Una testimonianza convincente può essere data anche da leader ecclesiali adeguatamente formati grazie alla loro capacità di offrire agli altri un servizio e un dialogo di più alto livello. Negli ultimi due anni, più di un centinaio di sacerdoti, religiose, seminaristi e laici sono andati a studiare a Taiwan, nella Facoltà di teologia «Fu Jen di San Roberto Bellarmino», l’unica Facoltà pontificia di lingua cinese. Molti di loro sono sacerdoti di circa 40 anni, mentre la maggioranza dei religiosi – uomini e donne – hanno tra i 20 e i 40 anni. Rispetto a Hong Kong, alle Filippine o ai Paesi occidentali, la Facoltà di Taiwan ha il vantaggio di offrire lezioni in cinese mandarino, cosicché gli studenti non devono imparare una nuova lingua.

L’impatto di Internet sul cattolicesimo

Nell’ultimo ventennio Internet ha trasformato la vita e lo sviluppo sociale in tutto il mondo. In Cina, negli ultimi anni, l’accesso a Internet – sebbene sia controllato dal governo – non soltanto ha prodotto risultati economici positivi, ma ha anche cambiato profondamente la struttura sociale e le relazioni.

Alcuni siti cattolici popolari forniscono un’informazione di base e una certa conoscenza della Chiesa, ma c’è ancora molto da fare per quanto riguarda una presenza istituzionale e professionale nel web. La Chiesa cattolica cinese è chiamata ad attuare una strategia missionaria nella Rete. Per questo è importante che essa conosca le più recenti tecnologie di informazione e si renda presente in piattaforme multimediali, come Wechat, Sina blog e Weibo (microblog), per evangelizzare i cinesi e per condividere i valori evangelici in maniera più efficace. Internet conquista la vita dei cinesi, e oggi il suo influsso si è esteso anche agli argomenti di fede e di religione, rendendo possibile, per una parte crescente della popolazione, la ricerca e forse l’esperienza stessa di Dio anche nel cyberspazio.

Dialogo con la cultura locale

Nell’epoca della globalizzazione, la società e il popolo cinesi sono diventati più aperti e tolleranti verso la Chiesa cattolica. In alcune regioni, la vita e la pratica religiosa sono cresciute. Il governo e la società cinesi apprezzano il ruolo e la funzione dei gruppi religiosi e l’importante contributo che essi danno ai servizi sociali.

Poiché la Cina ha caratteristiche proprie che la distinguono dal resto del mondo, la Chiesa cattolica cinese deve imparare a rapportarsi alla cultura locale e all’autorità politica. In altri termini, pur mantenendo la propria identità, la Chiesa è chiamata a sviluppare «una Chiesa cattolica cinese dai tratti cinesi», in modo da inculturare i suoi insegnamenti e i valori del Vangelo.

Per questo la Chiesa dovrebbe adottare nuove strategie per raggiungere il maggior numero possibile di persone, per dialogare e comunicare in una società sempre più secolarizzata.

«Una Chiesa cattolica cinese dai tratti cinesi» offrirà a tutti speranza, fede e incoraggiamento. Solo quando essa uscirà dal proprio recinto per abbracciare e apprezzare aspetti diversi della vita umana, potrà dare un contributo significativo allo sviluppo culturale, spirituale e sociale della nazione cinese. La Chiesa, infatti, non offre soltanto servizi sacramentali e religiosi, ma può anche dialogare con le culture e le tradizioni cinesi, con la sua ricca storia nell’arte, nella musica, nella letteratura e nella poesia.

Finché il Partito comunista cinese rimarrà l’unico partito di governo, il marxismo continuerà a essere il riferimento ideologico della società. Perciò la Chiesa cattolica cinese è chiamata a ridefinire il suo ruolo e le sue relazioni con il Partito comunista e con la sua ideologia. Questo non significa che la Chiesa debba essere d’accordo con la politica e con i valori del Partito, ma piuttosto che essa debba trovare soluzioni flessibili ed efficaci per continuare la sua missione e il suo ministero in Cina. Una volta instaurato questo dialogo, la Chiesa cattolica e la società cinese non si scontreranno più. Perché i valori culturali e tradizionali cinesi e i valori evangelici e l’insegnamento ecclesiale hanno molte cose in comune.

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Il cattolicesimo cinese del XXI secolo ha dunque davanti a sé molte sfide e opportunità. Il sociologo delle religioni Richard Madsen ha scritto che i cristiani hanno bisogno di approfondire la loro capacità di prendersi cura degli altri e di rendere la Chiesa testimone più autentica dei bisogni sociali, in particolare venendo incontro ai sofferenti.

I cattolici cinesi dovranno prestare attenzione alle necessità della gente, discernere i segni dei tempi e rispondervi con maggiore prontezza ed efficacia. Come si è detto, la Chiesa cattolica cinese ha bisogno soprattutto di formare un buon gruppo dirigente e di preparare il clero; ma anche gli Ordini religiosi e i laici devono scoprire nuove modalità per compiere la loro missione. Poiché la Cina e la società cinese in generale vanno aprendosi sempre più alle religioni, il cattolicesimo potrà trovare un posto stabile in esse se continuerà ad essere espressione di una Chiesa aperta e di una Chiesa con caratteri e identità cinesi. La società cinese e la Chiesa devono capire e apprezzare i valori presenti in entrambe le tradizioni e proseguire il loro dialogo alla ricerca del bene comune.

È proprio questo il messaggio di papa Francesco alla Cina. Nella sua prima storica intervista a Francesco Sisci, per Asia Times del 28 gennaio 2016, il Papa aveva detto: «È una terra benedetta in molti modi. E la Chiesa cattolica, che tra i suoi compiti ha il rispetto di tutte le civiltà, ha più che mai il dovere di rispettare questa civiltà. La Chiesa ha un grande potenziale nel ricevere cultura».

Il messaggio di dialogo, incontro e armonia è stato ripetuto da Francesco più volte. Questo è avvenuto, ad esempio, lo scorso 21 maggio al Regina Coeli quando, in occasione della ricorrenza della Beata Vergine Maria «Aiuto dei Cristiani», venerata nel santuario di Sheshan a Shanghai, ha affermato: «Ci uniremo tutti spiritualmente ai fedeli cattolici in Cina». E ha proseguito: «Ai cattolici cinesi dico: alziamo lo sguardo a Maria nostra Madre, perché ci aiuti a discernere la volontà di Dio circa il cammino concreto della Chiesa in Cina e ci sostenga nell’accogliere con generosità il suo progetto d’amore. Maria ci incoraggia ad offrire il nostro personale contributo per la comunione tra i credenti e per l’armonia dell’intera società. Non dimentichiamo di testimoniare la fede con la preghiera e con l’amore, mantenendoci aperti all’incontro e al dialogo, sempre».

Ricordiamo che l’anno precedente, nella stessa occasione (Angelus, 22 maggio 2016), il Pontefice aveva detto: «Possano i cattolici cinesi, insieme a quanti seguono altre nobili tradizioni religiose, divenire segno concreto di carità e riconciliazione. In tal modo essi promuoveranno un’autentica cultura dell’incontro e l’armonia dell’intera società, quell’armonia che ama tanto lo spirito cinese».

Articolo di Joseph You Guo Jiang per La Civiltà Cattolica

Foto: https://www.catholicsandcultures.org